Economia

Confcommercio. Paese in ripresa, ma la questione meridionale frena la crescita

Luca Mazza venerdì 23 marzo 2018

Il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, in occasione dell'annuale Forum di Cernobbio (Como)

Un Paese “in ripresa”, ma “non in crescita”. E’ una differenza sostanziale quella di Confcommercio su un’Italia che fa ancora troppa fatica a procedere sul cammino della risalita economica, non riuscendo a tenere il passo dei principali competitor europei. Il consueto Forum primaverile di Cernobbio, sul lago di Como, si apre quest’anno con un rapporto in cui, partendo dall’analisi del territorio, emergono soprattutto due nodi che bloccano l’accelerazione: l’insieme dei problemi strutturali (e lontani dall’essere risolti) della nostra economia e il divario tra Nord e Sud che continua ad ampliarsi.

Il primo punto consiste in “un eccesso di burocrazia e pressione fiscale, deficit di legalità e infrastrutture” che, secondo i calcoli dell’Ufficio studi di Confcommercio, fanno perdere all’Italia ogni anno 180 miliardi di Pil. Ma il vero tallone d’Achille del Paese resta la questione meridionale. La distanza del Mezzogiorno dal resto del Paese è in aumento per tutti gli indicatori esaminati (dall’unità di lavoro al Pil, dai consumi all’illegalità, dall’accessibilità territoriale alla burocrazia). Un dato su tutti può aiutare a rendere l’idea del gap: il reddito pro capite in Calabria è meno della metà di quello registrato in Lombardia (17.200 euro contro 37.500 nel 2017). La situazione della Calabria non è comunque così diversa dal resto del Sud, dove il Pil pro capite è di 18.900 euro e quello del Nord è di 34.400. La media italiana è di 28.300 euro.

Insomma, "dopo oltre 150 anni di storia unitaria dell’Italia, c’è ancora una "questione meridionale da risolvere", sottolinea Confcommercio. Durante la crisi e in questo primo scorcio di ripresa le distanze tra il Mezzogiorno e il resto del Paese si sono fortemente acuite. Nel Mezzogiorno, che conta ancora oltre un terzo della popolazione residente, la quota di prodotto è ormai inferiore al 23%, essendosi ridotta di un punto percentuale rispetto al 2007 (mentre è aumentata di quasi un punto al Nord). Quadro analogo per i consumi, che in Lombardia sono di 20.700 euro a persona e in Calabria di 13.500 euro a testa. Niente di diverso sulla burocrazia, perché se al Settentrione e al Centro nell’ultimo decennio si è assistito a un miglioramento (sulla base di un indice composito che valuta l’efficienza del sistema giudiziario e le lungaggini della pubblica amministrazione), lo stesso non si può dire per la parte bassa dello Stivale, dove non c’è traccia di progressi.

Di fronte a uno scenario del genere, Confcommercio abbassa le sue previsioni sul Pil del biennio 2018-2019. La crescita di quest’anno dovrebbe fermarsi al +1,2% in assenza di choc positivi per poi calare nel 2019 al +1,1% (contro 1,2% stimato ad ottobre). Impossibile non notare l’assenza totale al Forum di Cernobbio della politica nazionale (impegnata a Roma con l’elezione di seconda e terza carica dello Stato, primo atto della nuova legislatura), a cui comunque il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli rivolge un appello.

La prima richiesta è di “mettere al centro l’interesse dei cittadini attraverso un supplemento di responsabilità da parte di tutti”. Poi si passa all’agenda delle priorità. Il compito numero uno del futuro governo, secondo Sangalli, è “evitare i già programmati aumenti delle aliquote Iva". Se le clausole di salvaguardia non venissero disinnescate, dal primo gennaio 2019 si avrebbero 12,4 miliardi di euro di imposte aggiuntive. A quel punto altro che crescita, bisognerebbe “dire addio alla ripresa”.