Economia

Energia. Il boom dei Ppa, così le imprese congelano le bollette

Sofia Fraschini mercoledì 9 agosto 2023

Risparmiare sulla bolletta dell’energia, aiutare l’ambiente e rientrare nei canoni di sostenibilità (riducendo le emissioni) che oggi possono fare la differenza in azienda. I Power purchase agreement (Ppa), ovvero i contratti di lungo termine che regolano la fornitura di energia elettrica rinnovabile, stanno iniziando a spopolare tra le aziende energivore che consumano almeno 1 GWh all’anno. Scottate dalla crisi energetica che ha colpito l’Europa con la guerra russo-ucraina, oggi molte imprese stanno cercando canali alternativi e soluzioni risparmio sul fronte dell’energia.

Ma come funzionano in concreto? «Sono contratti che fissano in anticipo i prezzi tra i produttori di energia elettrica da fonti rinnovabili e l'acquirente, di solito dei grandi gruppi industriali o commerciali che si vogliono impegnare sulle politiche di decarbonizzazione acquistando energia verde – spiega ad Avvenire Davide Tabarelli, numero uno di Nomisma Energia –. Guardano al futuro, ma assomigliano terribilmente ai contratti di 30 anni fa, fatti con il famigerato CIP 6/92, una forma di fissazione dei ricavi su 20 anni, con incentivi allora, per i produttori di energia rinnovabili».

In generale, i Ppa sono più diffusi nel Nord Europa, specialmente nel Regno Unito, dove le strutture finanziarie delle società trovano più facilità ad affidarsi a questi contratti. E anche se finora in Italia sono andati a rilento, stanno prendendo piede. Cerved ha calcolato quali e quante imprese trarrebbero giovamento – in termini di costi energetici, conti economici e rating – dall’adozione di Ppa a prezzi in linea con quelli delle rinnovabili. Nel dettaglio, le oltre 3.700 imprese energivore, pur con una diversa idoneità ad assorbire energia fotovoltaica, potrebbero risparmiare 2,6 miliardi di euro nei prossimi 3 anni se il prezzo dell’energia si normalizzasse ai livelli pre-crisi, e addirittura 4 miliardi se si mantenesse più elevato, e coprire quasi 10mila GWh l’anno dei propri consumi (56mila GWh in totale) con energia fotovoltaica, evitando l’emissione di 4 milioni di tonnellate di anidride carbonica.

Si tratta di una goccia nel mare, lo 0,4% delle aziende italiane, ma sono imprese che generano 40 miliardi di valore aggiunto (il 6% del totale nazionale), impiegano 450mila addetti e soprattutto rappresentano un quinto dei consumi energetici nazionali.

A livello settoriale, con la sottoscrizione di Ppa a prezzi allineati al costo medio orario dei nuovi impianti rinnovabili il risparmio maggiore in termini assoluti si avrebbe nei metalli (392 milioni di euro in 3 anni), nella chimica (376 milioni) e nella plastica (371), mentre considerando l’incidenza sulla redditività gli effetti più rilevanti si avrebbero nell’agroalimentare (8,9%) e nell’industria casearia e della carne (8,1%), ma anche in quella estrattiva (7,3%) e nella plastica (6,4). Una soluzione a cui serve dare una accelerata.

Secondo le stime Cerved, i nuovi impianti rinnovabili crescono con il contagocce e, dunque, l’offerta di energia pulita arranca. Se nel nostro Paese ci sono Ppa attivi per circa 2 GW, in Europa il dato sale a 45 GW. Un divario enorme. Specularmente, ciò significa che lungo lo Stivale i margini di crescita per i Ppa sono ancora notevoli.

« Ma attenzione – ammonisce Tabarelli – con i Ppa le aziende risparmiano sui costi solo se i prezzi sono sotto quelli che pagano sulle bollette. Ora i prezzi sulla Borsa elettrica, quello che è il riferimento per gli attuali costi, viaggia intorno ai 120 euro per MWh. I prezzi dei Ppa, che sono sostanzialmente segreti, erano indicati tempo fa, prima della crisi, verso gli 80 euro, ma recentemente, dopo i balzi dei prezzi dell’anno scorso, sono risaliti oltre i 100 euro. Se un'impresa ha fissato oggi a 100 euro risparmia sui costi, ma se poi i prezzi in Borsa dovessero tornare sulle medie storiche di 60 euro, allora ci perderà. In sostanza, il Ppa può aiutare, certamente fissa i prezzi nel lungo termine, ma un po’ di rischio rimane».

Guardando alle utility e alle grandi aziende dell’energia, l’offerta è decisamente diffusa. In casa Enel ci lavora Enel X con offerte dedicate, ma anche le utility sono ben posizionate: Iren, A2a, Acea, Hera sono tutte sul mercato. Tra gli ultimi accordi siglati, quello di Iren con Garofalo Health Care; Hitachi Rail e A2a con una intesa a vent’anni; Hera con il Gruppo Fiorentini. E ancora Renantis con Amazon, Edison con Chiron e, in Spagna, Enel Green Power con Adidas. Insomma, si tratta di una tendenza in via di sviluppo tra i grandi e i piccoli operatori che «certamente aiuterà, ma che per ora non potrà fare miracoli, quelli che sono necessari per triplicare entro 7 anni la nostra capacità produttiva da fonti rinnovabili. Un obiettivo questo preso con l’Europa che è impossibile da realizzare» conclude Tabarelli.