Economia

La polemica. Clamoroso, l'Alfa Romeo Milano cambia nome dopo lo scontro col governo

Alberto Caprotti lunedì 15 aprile 2024

La nuova Alfa Romeo si chiamera Junior e non Milano

Si chiamerà Junior, e non più Milano. Sulla spinta delle polemiche innescate dal ministro Adolfo Urso per la scelta di denominare Milano la nuova Alfa Romeo malgrado sia costruita in Polonia, Stellantis ha deciso un passo indietro operato tutt’altro che volentieri. Clamorosa, e preoccupante per i futuri rapporti tra il Gruppo e l’Italia, la scelta è stata comunicata ieri pomeriggio.

Giovedì scorso, commentando la presentazione del nuovo modello appena avvenuta, il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso aveva detto che «un’auto chiamata Milano non si può produrre in Polonia. Lo vieta la legge che nel 2003 ha definito l’Italian Sounding, una legge che prevede che non bisogna dare indicazioni che inducano in errore il consumatore».

Alfa Romeo ha contestato che esista questo tipo di interpretazione della legge per quanto riguarda il suo prodotto. «Il nome Milano – spiega invece il marchio - tra i favoriti del pubblico, era stato scelto per rendere tributo alla città dove tutto ebbe origine nel 1910. Non è la prima volta che Alfa Romeo chiede il parere del pubblico per scegliere il nome di una vettura. Pur ritenendo che il nome Milano rispetti tutte le prescrizioni di legge, e in considerazione del fatto che ci sono temi di stretta attualità più rilevanti del nome di una nuova autovettura, Alfa Romeo decide di cambiare il nome da Milano a Junior, nell’ottica di promuovere un clima di serenità e distensione».
Jean-Philippe Imparato, Ceo di Alfa, ha aggiunto: «Siamo perfettamente consapevoli che questo episodio rimarrà inciso nella storia del marchio. Non vogliamo problemi, le polemiche sono sempre nemiche del mercato. E soprattutto quando ci si scontra con la politica si perdono sempre clienti. Noi facciamo auto, non politica. Volevamo evitare un’atmosfera non coerente con la protezione del nostro prodotto. Facciamo questo passo indietro non perché lo dica la legge e neppure perché il governo ce lo abbia chiesto, ma perché vogliamo partire con serenità».
Nonostante le parole di Imparato, lo stato d’animo di Alfa Romeo, e di Stellantis di conseguenza, è piuttosto innervosito. E comunque deluso. «Abbiamo preso in mano Alfa quando non aveva praticamente modelli né futuro. L’abbiamo ribaltata e resa profittevole. Produciamo in Italia 4 modelli su 5, eppure non basta per tenerci al riparo dalle polemiche. Inoltre si sapeva da tre mesi che la nuova B-Suv si sarebbe chiamata Milano, ma qualcuno si è svegliato a contestarne il nome solo il giorno dopo la sua presentazione ufficiale, quando in realtà ci sarebbero questioni più importanti da affrontare piuttosto che il nome di una vettura», ha sottolineato Imparato.
A difesa delle sue ragioni, Stellantis ha ribadito anche ieri che il nome di un’automobile non è un’indicazione della sua origine geografica”. E ha portato come esempio altri modelli della concorrenza, come Kia Rio e Sorento, prodotte in Corea; Nissan Murano, prodotta in Russia; Hyundai Santa Fè e Tucson, costruite entrambe in Corea. Inoltre il nome Milano, sempre secondo Stellantis, non trae in inganno il consumatore sull’origine della vettura che è comunque disegnata, progettata, testata e omologata in Italia”.
Occorre ancora ricordare che la scelta di costruire a Tichy, in Polonia, il nuovo modello Alfa è stato giustificata con chiarezza da Carlos Tavares a margine della presentazione: «Produrla in Italia avrebbe significato costi molto più alti. Al punto che avremmo dovuto farla pagare 10mila euro in più rispetto ai meno di 30.000 attuali».
La nuova Junior comunque segna un altro motivo di forte frizione tra Stellantis e il governo, già alle prese con un rapporto difficile per lo stato occupazionale e le prospettive delle fabbriche nel nostro Paese. A precisa domanda, Alfa Romeo ieri ha confermato che Stelvio e Giulia continueranno ad essere prodotte a Cassino «almeno fino al 2026». E in quel «almeno» c’è un pericoloso senso di incertezza sul futuro.