Economia

CGIA. Imu, Bortolussi: imprese beffate due volte

lunedì 2 dicembre 2013
​“Salta la copertura della prima rata dell’Imu perché la Pubblica amministrazione non salda i suoi debiti nei confronti delle imprese? Allora a  pagare  il conto saranno queste ultime che, per gli anni di imposta 2013 e 2014, si vedranno aumentare di 1,5 punti percentuali gli acconti fiscali Ires e Irap.  Insomma, oltre al danno la beffa”. È molto duro il commento del segretario della Cgia, Giuseppe Bortolussi, in merito al provvedimento che il Ministero dell’Economia ha fatto scattare ieri,  in ottemperanza ad alcune disposizioni previste nel decreto dell’agosto scorso che, ricordiamo, aveva esentato i proprietari di prima casa al pagamento della prima rata dell’Imu.   Sul fronte delle coperture, questo decreto ha stabilito che nel caso in cui l’Erario entro il 30 novembre non fosse riuscito a incassare 925 milioni di euro  di maggiori entrate derivanti dall’Iva versata dalle imprese a seguito dell’impegno della Pubblica amministrazione di pagare 7,2 miliardi di euro di debiti scaduti e altri 600 milioni di euro dalla sanatoria rivolta ai concessionari dei giochi, sarebbe scattata la cosiddetta “clausola di salvaguardia”, che, puntualmente, è arrivata ieri.  Dei 7,2 miliardi di euro che la Pa doveva saldare alle imprese ne sono stati pagati solo 2, mentre dalla sanatoria risulterebbe che l’Erario ne abbia incassati poco più della metà. Pertanto, il Ministero dell’Economia, al fine di garantire la copertura del gettito mancante, ieri ha dato luogo  ad un provvedimento che ha stabilito l’aumento degli acconti Ires e Irap in capo alle società di capitali  e alle banche, nonché al probabile incremento, a partire dal 2015, delle accise sul gas, sull’energia elettrica e sulle bevande alcoliche.  Ora, per l’anno di imposta 2013 le società di capitali dovranno pagare il 102,5% (anziché il 101%) dell’acconto fiscale Ires e Irap, mentre per l’anno venturo questo scenderà, salvo ulteriori cambiamenti,  al 101,5%. “Con una crisi di liquidità che si fa sempre più pesante – conclude Bortolussi - come si può chiedere alle imprese questo ulteriore sforzo che per la parte eccedente al 100% altro non è che un prelievo forzoso? In uno Stato di diritto chi non onora i suoi debiti dovrebbe essere punito; in Italia, invece, chi non paga la fa franca e impone addirittura un appesantimento fiscale nei confronti dei propri creditori”.