Economia

CASI COMPLESSI. «Noi, garanzia contro gli illeciti»

Luca Liverani mercoledì 1 febbraio 2012
​Consigliere dell’Agenzia per il Terzo settore, in prorogatio fino al 28 febbraio, Adriano Propersi insegna economia degli enti non profit alla Cattolica di Milano. E proprio non riesce a capire le motivazioni della chiusura dell’Agenzia, annunciata informalmente nei giorni scorsi dal ministro del Welfare Elsa Fornero: «Il lavoro svolto finora – dice – è stato unanimemente apprezzato, dal mondo del non profit come dall’Agenzia delle entrate. Chiuderla ora significa perdere grandi occasioni di occupazione giovanile che arriverebbero sostenendo le imprese sociali».Ma l’Agenzia finora cosa ha fatto? Non è uno dei tanti enti inutili?Non so se è inutile, so cosa ha fatto in questi cinque anni. E cosa potrebbe fare per dare corpo alla seconda fase indicata da Monti, quella di Cresci-Italia. Noi abbiamo lavorato su tre fronti. Il primo è stato stendere le linee guida per i bilanci sociali e i bilanci di esercizio, due decreti condivisi col non profit, i commercialisti e l’Organismo italiano di contabilità. Gli schemi di bilancio per le imprese profit non vanno bene per le imprese sociali. Molto importanti poi sono state le linee guida per la raccolta di fondi e per le adozioni a distanza. In assenza di regole chiare, qui è una giungla: ne abbiamo viste di tutti i colori. Servirebbe un vero monitoraggio e una authority che possa sanzionare. Nell’ultima riunione abbiamo analizzato una sedicente onlus che aveva raggranellato 4 milioni di euro di offerte, girandole sulla srl del fondatore.E il terzo fronte?È quello, importantissimo, delle problematiche fiscali del terzo settore. Col direttore dell’Agenzia delle entrate, Befera, abbiamo aperto un tavolo per i casi complessi. La normativa fiscale per il non profit è molto complessa, oserei dire "barocca".Cosa succede quando scoprite abusi?Non abbiamo poteri investigativi o sanzionatori, purtroppo, quando invece ce ne sarebbe bisogno. Ma possiamo far cancellare enti che non sono affatto non profit: consultiamo la Guardia di Finanza, l’Agenzia delle entrate. E a quest’ultima diamo un parere vincolante.Che equivale a un atto di accusa per i furbetti?Sì, ma i casi più gravi li segnaliamo alla Procura della Repubblica. Il terzo settore vero, quello che lavora, è preoccupatissimo per questi abusi che procurano danni enormi di credibilità per tutti.L’agenzia doveva avere 45 dipendenti, ma da anni lavora a ranghi ridotti...In Gran Bretagna la Charity commission esiste da 150 anni, ha 600 dipendenti e ha ampi poteri. Noi 10 consiglieri e il presidente Stefano Zamagni lavoravamo senza nemmeno il gettone di presenza, con 12 collaboratori. Ma avevamo comunque proposto di dimezzare i consiglieri. E di finanziare l’Agenzia con il 5 per mille del 5 per mille.Ci spieghi meglio.Per il 5 per mille all’associazionismo sociale lo Stato ha destinato 400 milioni. Il 5 per mille di questa somma sarebbero circa 2 milioni, quanto assegnatoci fino a tre anni fa. Soldi dai cittadini, non dei conti pubblici. E in quali campi dovrebbe incidere l’Agenzia?Per il non profit servirebbe una mini-Consob con poteri sanzionatori. Va resa obbligatoria la comunicazione di bilancio, come per le società commerciali. Dopo il caso del San Raffaele è più che mai necessario. Non per l’associazione sportiva parrocchiale, ma per i grandi enti sì: hanno dipendenti, fornitori, debiti. Già le fondazioni bancarie la pongono come condizione per i finanziamenti. E poi il Cresci-Italia: se contenesse agevolazioni - fiscali o previdenziali - per le imprese sociali che operano in sanità, assistenza, formazione, ambiente, sarebbe un incentivo potente per l’occupazione giovanile. Gli enti decollerebbero e creerebbero posti di lavoro. Il ministro Passera non può non condividere questa visione, lui che ha creato Banca Prossima. Sacconi non lo volle fare, ci disse che si faceva concorrenza a Confindustria. Chiudere l’Agenzia significa cancellare chi può fare proposte propulsive.E il fisco "barocco"?Urge una grande semplificazione. Avevamo proposto, pensando ai piccoli enti, a pagamenti forfettizzati, senza l’obbligo di calcoli complicatissimi. Abbiamo seminato molto. Chiudere l’agenzia significa cancellare tutto il know-how  giuridico accumulato finora. Serve una scelta politica.