Economia

SALUTE. Boom dei farmaci generici più 25% sull'anno scorso

mercoledì 29 maggio 2013
L'indicazione nella ricetta medica del principio attivo funziona. La norma che ne prevede l'obbligo, in vigore da agosto 2012, ha prodotto un vero e proprio boom nelle vendite dei farmaci generici rimborsati dal Ssn. Mettendo a confronto i sette mesi successivi all'entrata in vigore del provvedimento (settembre 2012 - marzo 2013) con lo stesso periodo dell'anno precedente, si registra infatti un aumento di circa il 25% delle confezioni vendute. Un balzo che tocca punte record in alcune regioni: in Calabria, ad esempio, nei sette mesi presi in analisi, la crescita della vendita dei generici con ricetta ha fatto segnare un +36%. È quanto emerge dai dati Assogenerici sulle vendite dei farmaci equivalenti, elaborati dall'Adnkronos Salute. Anche se il trend al rialzo delle vendite dei generici era già in atto nei mesi precedenti l'introduzione della norma messa a punto dal governo Monti, l'indicazione del principio attivo in ricetta ha certamente accelerato la crescita. In alcuni casi raddoppiandola. I dati di Assogenerici parlano chiaro e mostrano un quadro che sembra aver prodotto l'effetto sperato dal legislatore: l'aumento del consumo del farmaco equivalente anche in Italia, da sempre fanalino di coda in Europa. Nel periodo preso in esame, la crescita delle vendite dei generici, anche se con valori diversi ha riguardato un pò tutte le regioni. Questo un quadro parziale, percorrendo lo Stivale da Nord a Sud: Piemonte (+20%); Veneto (+23%); Emilia Romagna (+21%); Lombardia (22%); Liguria (+26%); Marche (+23%); Lazio (+25%); Campania (+24%); Basilicata (+26%); Calabria (36%). Tutte regioni, queste, che già prima dell'introduzione della norma facevano registrare aumenti delle vendite degli equivalenti. Lo studio prende in esame anche le prime 10 categorie terapeutiche del mercato di classe A (farmaci rimborsati dal Ssn) per confezioni e spesa, e la relativa incidenza dei medicinali generici aggiornato a marzo 2013. Analizzando la tabella, emerge che ad esempio tra gli inibitori di pompa, farmaci gastroprotettori, il 62% delle vendite è rappresentato da medicinali di marca e il 37% dagli equivalenti. Anche tra i farmaci contro l'ipertensione cresce la voglia di generico: la fetta dei 'senza marca' secondo gli ultimi dati è pari al 29% della spesa. E ancora. Tra i betabloccanti la quota dei generici supera ormai il 26% del mercato, mentre la spesa per gli antidepressivi equivalenti sfiora il tetto del 20%. Insomma, anche se ancora non si raggiungono le percentuali di vendita registrate in Europa, dove fino al 90% delle ricette è 'senza marcà, l'introduzione dell'obbligo di prescrizione del principio attivo sembra funzionare. Eppure la norma, in sede di approvazione in Parlamento, ha suscitato numerose polemiche, sia all'epoca della prima introduzione (ad agosto 2012 all'interno del decreto sulla spending review), sia successivamente quando è stata modificata (dicembre 2012), in occasione del via libera al decreto 'Sviluppò. Il provvedimento prevede che "il medico che curi un paziente, per la prima volta, per una patologia cronica, ovvero per un nuovo episodio di patologia non cronica, per il cui trattamento sono disponibili più medicinali equivalenti, indica nella ricetta del Servizio sanitario nazionale la denominazione del principio attivo contenuto nel farmaco oppure la denominazione di uno specifico medicinale a base dello stesso principio attivo accompagnata alla denominazione di quest'ultimo. L'indicazione dello specifico medicinale è vincolante per il farmacista ove nella ricetta sia inserita, corredata obbligatoriamente da una sintetica motivazione, la clausola di non sostituibilità; l'indicazione è vincolante per il farmacista anche quando il farmaco indicato abbia un prezzo pari a quello di rimborso, fatta comunque salva la diversa richiesta del cliente". "Mi sembra che i dati sulla dispensazione dei medicinali equivalenti - spiega il presidente di Assogenerici, Enrique Hausermann - confermino quanto abbiamo sempre sostenuto: il ritardo dell'Italia rispetto ai mercati europei è dovuto innanzitutto a un problema culturale. Aver semplicemente richiesto al medico di indicare anche la molecola accanto eventualmente al nome commerciale è stato utile a rendere chiaro al paziente che passare all'equivalente non significa 'cambiare farmacò, ma soltanto cambiare confezione e prezzo. È stato un intervento fondamentale perchè precedentemente all'introduzione delle nuove norme sulla prescrizione, il nostro Paese stava rischiando un ulteriore allontanamento dal resto d'Europa. Non credo, al di là di ogni altra considerazione - conclude - che il nostro Servizio sanitario potesse permetterselo".Per il segretario generale nazionale della Fimmg (Federazione italiana medici medicina generale) ​lL'aumento delle vendite dei farmaci generici va benissimo. Resta il fatto che la nuova norma che prevede l'obbligo di prescrizione del principio attivo in ricetta crea ancora troppa confusione. Alcuni pazienti si vedono cambiare il medicinale di volta in volta, tanto da arrivare ad interrompere la terapia in attesa di chiarire con il proprio medico. Secondo me la soluzione è una: togliere la sostituibilità. I medici dovrebbero poter scrivere il nome del generico in ricetta".Per Massimo Scaccabarozzi, presidente di Farmindustria, associazione che raccoglie le aziende "di marca""Se l'obiettivo dell'introduzione della norma che prevede l'obbligo di prescrizione del principio attivo in ricetta era quella di spostare quote mercato da un gruppo di aziende ad un altro, l'obiettivo è stato raggiunto. Prendiamo atto che a fronte di aziende che perdono oltre il 70% del fatturato, ce ne sono altre che invece aumentano i ricavi. Speriamo almeno che questi profitti vengano rimessi in circolo per creare occupazione e sviluppo". Annarosa Racca, presidente Federfarma, ha commentato: "I dati relativi all'aumento dei consumi dei medicinali generici confermano che la cultura del farmaco equivalente si è ulteriormente diffusa dopo le modifiche normative del 2012 sulla prescrizione medica. Le farmacie apprezzano la crescente consapevolezza dei pazienti e hanno collaborato alla diffusione del generico fin dalla prima campagna ministeriale di comunicazione nel 2001". "Da allora - aggiunge Racca - le farmacie hanno contribuito quotidianamente a sfatare pregiudizi su questi farmaci e a informare sulla possibilità di utilizzare un farmaco equivalente e oggi i cittadini sono ampiamente informati. L'aumento dei consumi dei generici è anche da collegare alla situazione di crisi del Paese perchè la ridotta capacità di spesa, o comunque il desiderio di risparmio, induce i cittadini a preferire il farmaco per il quale non è dovuta la quota di compartecipazione".