Economia

ECONOMIA. Crisi, la Fed rompe gli indugi: la ripresa ormai è vicina

Eugenio Fatigante venerdì 21 agosto 2009
Il presidente della Federal Reserve parla di «buone prospettive» per un prossimo ritorno alla crescita dell’economia americana. E "carica" i mercati azionari mondiali, a partire da Wall Street, che hanno voglia di salire. La via di uscita dalla recessione sembra avvicinarsi e prevale su tutto. Basta così un discorso ispirato a un cauto ottimismo, tenuto da Ben Bernanke ieri all’annuale simposio di Jackson Hole, organizzato dalla Fed di Kansas City a un mese di distanza dal G20 previsto a Pittsburgh in settembre, per provocare uno scossone, positivo questa volta.Si parla anche di una possibile revisione al rialzo delle stime da parte dell’Ocse, nei prossimi giorni.Certo, ha aggiunto Bernanke, la ripresa sarà probabilmente «lenta all’inizio» e la disoccupazione «scenderà solo gradualmente dai picchi attuali». Ma «il peggio» è stato «evitato», anche se «abbiamo di fronte ancora delle difficili sfide». Quindi, rivolgendosi agli altri banchieri ed economisti riuniti per questo simposio che vedrà nel fine settimana confronti e scambi di pareri sull’economia mondiale, Bernanke ha invitato a «lavorare insieme per garantire una ripresa economica duratura, nonché costruire un nuovo quadro normativo che rifletta gli insegnamenti di questa crisi e prevenga il ripetersi degli eventi degli ultimi due anni».Un ottimismo in fondo moderato, quello mostrato da Bernanke, subito condito dalla considerazione che comunque persistono «tensioni» sui mercati finanziari globali e che l’accesso al credito «resta difficile per molte famiglie e aziende». E nemmeno pienamente condiviso, peraltro, da Jean-Claude Trichet, il presidente della Banca centrale europea, che ha detto invece di essere «un po’ più incerto. Anche se vedo alcuni germogli verdi sia qui negli Usa che in Europa – ha proseguito "correggendo" in parte Bernanke – sono un po’ a disagio quando si afferma che siamo vicini a un ritorno alla normalità». Trichet è ancora concentrato, insomma, sul «molto lavoro» che rimane da fare. Alla riunione di Jackson Hole è presente anche il nostro Mario Draghi, governatore della Banca d’Italia e presidente del Financial stability board (del quale è atteso un intervento anche mercoledì 26 in una sede per lui insolita: il Meeting di Rimini).Evidentemente, però, le parole pronunciate da Bernanke erano esattamente quelle che gli operatori di Borsa attendevano, anche per consolidare una corsa degli indici azionari che, fra alti e bassi, dura ormai da cinque mesi. Attese confortate ieri dalle cifre, superiori alle previsioni, sulle vendite di case negli Usa, tornate ai massimi degli ultimi due anni (vedi il box a lato). Bernanke ha sottolineato che «dopo essersi contratta fortemente nell’ultimo anno, l’attività economica sembra essersi stabilizzata, sia negli Stati Uniti che all’estero».Nonostante i miglioramenti, tuttavia, Bernanke ha osservato che restano «grandi sfide» da affrontare. La crisi, ha ricordato il presidente della Fed, ha avuto un «costo umano ed economico enorme». D’altronde negli Usa il tasso di disoccupazione (che continua a preoccupare più che mai le autorità finanziarie mondiali) si è attestato in luglio al 9,4%, con alcuni stati (come la California) saldamente al di sopra del 10%; e le richieste di sussidio sono aumentate la scorsa settimana decisamente più del previsto.La forte e rapida risposta delle autorità mondiali ha evitato, secondo il "numero uno" della Fed, che la situazione peggiorasse ulteriormente: «Dobbiamo attaccare le debolezze strutturali del sistema finanziario, soprattutto quelle che riguardano la normativa, così da fare in modo di non ritrovarci a dover sopportare i costi enormi di questi ultimi due anni». Evocando il «panico» osservato fra settembre e ottobre del 2008, Bernanke ha invitato a proseguire nella riforma del sistema finanziario, sulla scia delle raccomandazioni del comitato di Basilea, in particolare per la vigilanza bancaria e il rischio di liquidità.La gestione di questo rischio, ha però spiegato Bernanke, in ogni caso «non può proteggere completamente contro le manifestazioni di panico»: in una situazione simile, «solo le banche centrali sono ben posizionate per compensare il conseguente drastico calo della liquidità e del credito». Banche che hanno fatto il loro dovere, al pari dei governi nazionali. Bernanke ha spiegato che la risposta concertata fornita dalle autorità di tutto il mondo ha contribuito a stabilizzare il quadro. Senza di essa, ha aggiunto, la crisi sarebbe stata anche peggiore: «Non possiamo sapere di sicuro quali sarebbero stati gli effetti, ma sappiamo che quelli visti ci suggeriscono che la recessione globale sarebbe stata straordinariamente più profonda e prolungata».