Economia

La ricerca. Arrivano gli zainocrati, figli del lavoro agile

Caterina Maconi mercoledì 24 maggio 2017

Uno spazio di coworking a Milano

In principio era il lavoro agile, una piccola rivoluzione che tratta i dipendenti come fossero imprenditori di se stessi. Ma in un’epoca in cui il mondo del lavoro è così fluido c’è chi va già oltre. Li chiamano "zainocrati" e sono una nuova categoria di professionisti.

Caratteristiche: sanno cogliere e sfruttare tutte le opportunità lavorative che si presentano, in modo innovativo. Senza una sede, spesso senza posto fisso. Intraprendenti e creativi.Ma facciamo un passo indietro, spiegando quale sia l’humus che ha permesso la loro nascita. Ovvero, appunto, il lavoro agile. Sempre più aziende lo hanno introdotto o pensano di introdurlo, lasciando ai propri dipendenti la possibilità di lavorare da remoto, in modo da conciliare vita privata e compiti lavorativi. I vantaggi sono su più piani: «C’è un incremento di produttività – spiega Vilma Scarpino, amministratore delegato di Doxa, esponendo i risultati di una ricerca sull’argomento – una riduzione dei costi per l’azienda e le attività sono più efficienti». Altro tema è quello della sostenibilità: meno ore passate in macchina o sui mezzi per raggiungere l’ufficio, meno anidride carbonica emessa, benefici per l’ambiente. Scarpino tratteggia lo scenario: «Sono 250mila i lavoratori agili in Italia, il 7-8% del totale. Concentrati soprattutto in grandi aziende del Nord, hanno un’età media di 41 anni e secondo i nostri studi sono più gli uomini (69%) che le donne (31%)».

È da 6-7 anni che in Italia si sta diffondendo questa nuova sperimentazione e il 10 maggio scorso è arrivata dal parlamento l’approvazione della legge sul lavoro autonomo, che stabilisce nuove regole anche per il cosiddetto "smart working". Garantisce stesso stipendio, parità contrattuale e diritto alla disconnessione a chi lavora da remoto. Dovrebbe incentivare l’introduzione di una pratica ancora poco diffusa, nonostante sia accolta con entusiasmo. Secondo una ricerca di Hays, 8 professionisti su 10 sarebbero felici di poter lavorare da casa, ma solo il 35% delle imprese lo consente. La rivoluzione però non si ferma qui, va oltre. Ed ecco gli zainocrati, che hanno giù fatto un passo ulteriore.

Costituiscono una nuova categoria teorizzata due anni fa da Leonardo Previ, docente di Gestione delle risorse umane alla Cattolica di Milano. «Lo zainocrate è qualcuno che si muove volentieri, che tiene il proprio zaino con tutti gli strumenti che usa per lavorare, o per procurarsi un lavoro. Apprezza l’ingegnosità collettiva, è in contatto con molte altre persone – prosegue Previ – ed è capace di offrire un contributo alla costruzione di un mondo meno burocratico». È il nomade professionale, dinamico e conviviale, perché è dal confronto con l’altro che nascono idee nuove. Questa nuova figura non è dunque una monade inappartenente, ma ricerca gli altri. Dove? Ovunque, negli spazi di coworking, per esempio. L’accezione con cui viene trattato il tema è positiva: dipinge la figura del professionista agile che si districa con sapienza tra un lavoro e l’altro. Ma una scrivania in condivisione a Milano costa in media circa 300 euro al mese. Non poco per il budget di un lavoratore non assunto. Sì perché se il focus si sposta sulla forma del contratto, le cose cambiano. Un giovane a partita iva, uno zainocrate moderno che si divide tra più collaborazioni, riesce davvero ad arrivare a fine mese col sorriso?