Economia

NUOVI MESTIERI. Animatore turistico, una carriera sicura

Antonella Mariani giovedì 28 luglio 2011
Non c’è chi ne possa fare a meno: dai villaggi “all inclusive” sono trasmigrati nei campeggi, sulle navi da crociera, nelle pensioncine in riva al lago e perfino negli agriturismi. Anche quest’anno la carica degli animatori si sta abbattendo su coste, vette e isole: impossibile stabilirne il numero, dicono gli addetti ai lavori, ma si possono stimare nell’ordine delle decine di migliaia. Cantano, ballano, intrattengono, organizzano tornei di briscola e di beach-volley, per non parlare dei giochi-aperitivo a bordo piscina e dei “karaoke”. Ma attenzione: l’animatore turistico non è più (soltanto) il ragazzotto (o la ragazzotta) volenterosa che per pagarsi l’università fa divertire i villeggianti.Oggi quello dell’animatore è un lavoro che si sceglie, che può durare tutto l’anno e che – ebbene sì – dà anche qualche concreta possibilità di carriera. Basta pensare ai soliti Fiorello e Gerry Scotti, Giancarlo Magalli e Piero Chiambretti, che sulla gavetta di raccontatori di barzellette nei villaggi-vacanza hanno posto i primi mattoncini del loro successo. La musica è cambiata: non è tanto al mondo dello spettacolo che i più intraprendenti tra gli animatori oggi guardano, bensì a una carriera verticale nell’organizzazione: il primo passo è capo-équipe, poi selezionatore, poi manager delle risorse umane e così via. E per far questo non è sufficiente sorridere e fare il simpaticone con bambini capricciosi e pensionati in gita: serve disciplina, carattere, metodo… Un esempio di carriera iniziata calcando la battigia è quello di Gino Andreetta: generazioni di villeggianti se lo ricorderanno giovane, aitante e giocherellone nei Club Med, oggi siede, serissimo, sulla poltrona di “direttore generale Italia e Svizzera” della stessa società. Negli annali dei “famosi” c’è anche Roberto Tenace, che ha messo la sua lunga esperienza di animatore turistico al servizio del Comune di Como, dove oggi è presidente della Commissione cultura e turismo.«Il fatto è che il mestiere negli anni si è trasformato», assicura Buna Ferrarese, consulente organizzativa per le imprese di servizi e turistismo e fresca autrice de L’animatore turistico (Franco Angeli, pagine 128, euro 16,50). Il sottotitolo del libro parla da solo: “Guida pratica per essere un professionista”. «Le offerte di lavoro in questo campo sempre più spesso non sono limitate ai quattro mesi estivi, ma si possono sviluppare su tutto l’anno», continua Ferrarese. Grazie ai grandi tour operator che possiedono strutture in diverse parti del mondo, e grazie anche alla diffusione delle crociere, un bravo disc-jockey o un coreografo capace possono contare su ingaggi duraturi, e considerare il loro come un vero e proprio lavoro a medio/lungo termine. «Ecco perché le grandi organizzazioni investono moltissimo sulla selezione e sulla formazione – spiega l’esperta –. E il profilo dell’animatore si professionalizza, così come si è professionalizzato il villaggio turistico. E fare carriera si può, staccandosi pian piano dal contatto con il cliente e abbracciando ruoli di coordinamento e sviluppo».Certo, il “grosso” dell’estate rimane saldamente in mano agli “animatori di contatto”, quelli cioè che accolgono gli ospiti con il cocktail di benvenuto in mano e poi li seguono passo passo, dalla spiaggia al ristorante, dal campo da tennis alla piscina. In questi casi, la paga è bassa – 500/600 euro al mese, con vitto e alloggio pagati, naturalmente – e i rischi di qualche sorpresa alta: camere-loculi, turni di lavoro pesantissimi… Allora, per chi fosse interessato a un impiego nel settore, Bruna Ferrarese consiglia di rivolgersi a una agenzia di animazione seria, tra le decine e decine di quelle esistenti sul mercato. I grandi tour operator come Club Med, invece, la selezione se la fanno da sé, scegliendo i migliori tra i cinque mila curriculum che arrivano ogni anno solo dall’Italia. Che il mestiere sia gettonato lo dimostrano anche i tredicimila curriculum che arrivano ogni anno al Gruppo Samarcanda, tra i più quotati nel campo della selezione degli animatori; attraverso il suo osservatorio, Samarcanda ha scoperto che già oggi il 30 per cento degli animatori è costituito da professionisti, e altrettanti sono gli studenti universitari che svolgono l’attività solo per gli anni degli studi. Il restante 40 per cento è costituito da “occasionali”, cioè ragazzi che ballano una sola estate, attratti dalle mete turistiche e dalle occasioni di conoscere altri ragazzi/e. Ma, come spiega bene Bruna Ferrarese nel suo libro, una possibilità di carriera ce l’ha soltanto chi investe tempo nella propria formazione per diventare un vero professionista del settore.Tanto più che gli scenari, in questo settore, cambiano in continuazione. Oggi, ad esempio, i tour operator hanno individuato una nuova fascia di turisti da “animare”: sono gli over 65. I mature travelers (meglio di anziani o terza età…) sono turisti attivi, che scorrazzano tra alberghi e villaggi durante tutto l’anno e non desiderano divertimenti fracassoni né sport estremi ma, semmai, stimoli per far fruttare al massimo la loro vacanza. Sarà il nostro G.O. (Gentil Organisateur), professionista emergente, in grado di intrattenere clienti così esigenti?LE ORIGINI: ANNI '50, CLUB MED INVENTA IL "TUTTO COMPRESO"le origini della professione di animatore turistico sono strettamente legate al Club Mediterranée: è stata la grande organizzazione francese, nella seconda metà degli anni Cinquanta, a rivoluzionare il mercato delle vacanze proponendo la «formula club tutto compreso». Negli anni Sessanta la formula si è poi arricchita con l’offerta di una serie di attività sportive e ricreative per tutta la famiglia, coordinate da una équipe di giovani collaboratori chiamati G.O. (Gentil Organisateur). Il Club Med ha fatto presto scuola: negli anni Ottanta si sono moltiplicate le strutture turistiche che prevedono servizi di animazione al cliente: persone appositamente formate che assicurano momenti di svago, di sport e favoriscono la socializzazione tra gli ospiti. La storia degli ultimi anni racconta che, da servizio legato alla formula del villaggio turistico, l’animazione si è ormai diffusa alle altre strutture ricettive, dai campeggi agli stessi alberghi, arrivando a contagiare gli enti locali con concetti come l’“animazione del territorio”, ed estendendosi quindi all’intera popolazione turististica delle località di vacanze.