Economia

NOSTRA INTERVISTA. L'eurocommissario Andor: «Occupazione in cima all'agenda Ue»

Vincenzo R. Spagnolo venerdì 7 settembre 2012
​«Diciamolo subito: gli attuali livelli di disoccupazione, soprattutto giovanile, negli Stati dell’eurozona e nel resto dell’Ue, sono decisamente inaccettabili. Ripeto: inaccettabili. Non abbiamo una risposta pronta, ma è chiaro che l’intera Unione deve assumere come priorità la creazione di posti di lavoro. Si possono trovare soluzioni concrete alla crisi che ci attanaglia solo affrontando il problema del debito e incrementando l’occupazione. La Commissione europea ha presentato un pacchetto di proposte ad aprile e sta pressando gli Stati membri, soprattutto quelli a maggior rischio di recessione, affinché investano in capitale umano e sappiano lubrificare gli ingranaggi del mercato del lavoro...». Guarda alla situazione attuale con asciutto realismo, il commissario europeo per l’occupazione, gli affari sociali e l’integrazione László Andor. Economista e docente dell’università Corvinus di Budapest, già nel direttivo della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, conosce bene le dinamiche e le difficoltà del mercato del lavoro nel Vecchio Continente. E l’ultima fotografia della situazione, scattata dal presidente Barroso poche ore fa, non lo lascia indifferente.Ben 116 milioni di persone, un quinto della popolazione complessiva dei 27 Paesi, sono a rischio povertà. Uno scenario angosciante, commissario...È drammaticamente chiaro come, in tempi di crisi, la povertà e il rischio di esclusione sociale siano le maggiori sfide da affrontare. E la risposta non può che essere nella creazione urgente di posti di lavoro...In teoria non fa una grinza, ma in pratica come si raggiunge un simile obiettivo?Non certo attraverso un unico strumento. Serve una strategia complessiva, che prevede un approccio bilanciato alle riforme del mercato del lavoro, che mantenga anche dei minimi salariali, utili per combattere la povertà e far crescere la domanda di lavoro. Il pacchetto sul lavoro della Commissione invita anche a colmare le dicriminazioni, non solo quelle fra uomini e donne. Se si guarda al futuro, si deve tener conto ad esempio della disparità che oggi separa molti lavoratori anziani, che beneficiano di condizioni occupazionali dorate, rispetto a giovani ai quali vengono offerti solo contratti precari...Un divario col quale anche il governo italiano si sta confrontando. Come valuta la riforma del lavoro avviata dal ministro Elsa Fornero?A fine giugno, ho dato un caloroso benvenuto all’adozione di quel pacchetto di misure: very timely reforms, le definirei, tempestive e attuali. Credo che aiuteranno a realizzare un mercato più inclusivo e dinamico, aprendo opportunità per i giovani e le donne e aiutando l’economia italiana a migliorare la propria performance. Le riforme italiane si muovono nella direzione suggerita dalle raccomandazioni dell’Ue, cercando di ridisegnare le rigidità e le asimmetrie della legislazione a protezione dei lavoratori, per creare uno schema che vada anche a beneficio di chi è senza impiego. La vera sfida, ora, è l’attuazione di quelle misure...Teme che il governo Monti, pressato dal termine della legislatura, non ci riesca?Non dico questo. Osservo solo come sia cruciale garantire una rapida applicazione delle riforme. Gli obiettivi sono necessariamente ambiziosi, è vero, ma dovrebbero essere rispettati proprio per garantire alle vostre istituzioni politiche ed economiche di poter colmare adeguatamente le carenze strutturali di lunga data del mercato occupazionale italiano.In Italia, si chiede al governo di ridurre le tasse sui salari dei lavoratori e abbassare il costo del lavoro per le imprese, per far ripartire investimenti e consumi. Qual è la sua opinione?Condivido il pensiero della Commissione europea, che ha presentato una serie di raccomandazioni in cui si chiede ai singoli Stati di ritoccare le legislazioni in modo da alleggerire il carico fiscale sulle spalle dei lavoratori. Certo, ogni intervento deve essere inserito nel quadro generale di riforme, tenendo conto che in Italia, come in altri Paesi, non solo gli alti livelli di tassazione sul lavoro, ma anche le eccessive garanzie offerte dalla legge ad alcune categorie hanno agito da disincentivo per le imprese, frenandole dall’assumere altri dipendenti...L’obiezione di chi ha responsabilità di governo è altrettanto intuibile: in tempi di crisi è complicato abbassare i tributi...È comprensibile. Ma si possono escogitare nuovi strumenti: la Commissione suggerisce, ad esempio, per recuperare gettito e risorse, di aumentare la tassazione su quelle attività industriali e quei prodotti che recano danno all’ambiente.In Italia abbiamo alcuni casi del genere. Industrie che occupano migliaia di persone e tuttavia sono nocive all’ambiente. Alcune sono in crisi e minacciano di chiudere i battenti...La crisi industriale è una vicenda che affligge diversi Stati dell’Unione. Ma il quadro problematico è più ampio e va affrontato senza indugi. Nel pacchetto di misure su crescita e lavoro approvato a giugno dal Consiglio europeo si chiede ai 27 Stati membri di adottare misure immediate per aderire agli obiettivi della strategia verso Europa 2020.Con quali risorse?Ci sono leve per mobilitarle, reindirizzando fondi strutturali Ue verso la crescita e il lavoro e incrementando la capacità di prestito della Banca europea di investimenti. La Commissione dall’aprile 2009 ha anticipato un totale di 11 miliardi e 250 milioni di euro, agli Stati in crisi di liquidità, per finanziare rapidamente progetti di crescita. E il Fondo sociale europeo, che investe in formazione, ricerca di impiego e inclusione, crea in media 2 milioni di posti l’anno. L’obiettivo finale è fissato nel programma Europa 2020: per quella data, il 75 per cento dei cittadini europei fra 20 e 64 anni d’età dovrebbe avere un impiego (adesso il tasso medio Ue d’occupazione è sul 68,6%, in Italia 61, ndr). Dobbiamo riuscirci, per poter scongiurare le peggiori conseguenze della crisi.