Economia

Rapporto. Anche i laureati piangono

Paola Simonetti mercoledì 11 marzo 2009
Anche il "pezzo di carta" sente la crisi. Nonostante sul medio periodo sia ancora vantaggioso laurearsi, la flessione che ha sfiancato l’economia si infiltra in modo pesante pure nelle maglie dell’occupazione di figure specializzate con istruzione superiore.L’XI Rapporto Almalaurea 2009 che ha coinvolto 300mila studenti di 47 università italiane, presentato ieri a Roma, ribadisce dolenti note ormai consuete, ma lascia intravedere margini di positivo dinamismo. La scia negativa del 2008 la si rintraccia nel primo bimestre 2009, che mostra, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, un calo nelle richieste di laureati da parte delle aziende del 23%, «una contrazione della domanda – sottolinea il documento – che coinvolge titoli di studio solitamente al vertice dell’occupazione, con un -35% nel gruppo economico-statistico, e un -24 in quello ingegneristico». A minare la qualità lavorativa dei laureati, anche il precariato: ad un anno dal conseguimento del titolo di studio, il posto di lavoro è instabile per oltre il 40% di quelli usciti sia prima che dopo la riforma. Picchi del 49,1% si registrano tra i neo dottori dei bienni specialistici, malgrado la spiccata eccellenza del loro percorso di studio: si sono laureati rapidamente, con un voto medio di 109 su 110, il 12% ha seguito programmi di studio all’estero e oltre il 70% conosce bene l’inglese. Tuttavia, un laureato specialistico su due è atipico ad un anno dalla laurea, a fronte di un 27,8% con un lavoro stabile. La laurea, appare comunque efficace nell’87% dei casi.Brillanti risorse umane, con scarso riconoscimento sul campo, che, dunque, rischiano di lasciarsi tentare dal lavoro oltre confine. L’incentivo alla fuga, potrebbe essere proprio l’entità del guadagno garantito in Italia: lo stipendio supera di poco i mille euro, con un picco di 1.140 per i laureati specialistici a ciclo unico. La parabola occupazionale, tuttavia, è stata discendente per tutti gli ultimi otto anni: tra il 2000 ed il 2008 la quota di chi ha trovato posto ad un anno dal titolo è scesa di 6,1 punti, dal 57,5 per cento al 51,4, e di analoga identità, ha sottolineato il rapporto, è risultato anche l’aumento del tasso di disoccupazione.Ma a premiare il laureato italiano, è il tempo e la costanza della ricerca: tra i dottori del 2003, il tasso di occupazione è oggi dell’84,6% e la stabilità coinvolge il 70% degli occupati. A guadagnare di più sono i laureati dell’area medica, con circa 2.026 euro al mese. Tra i 105.439 laureati triennali, intervistati ad un anno dal titolo da AlmaLaurea il 47% ha un lavoro atipico, il 40 per cento stabile. Il guadagno medio è di 1.128 euro. a cinque anni dal titolo le laureate pre-riforma del 2003 che lavorano sono il 73,9%. Fra le donne, a cinque anni dal titolo le laureate pre-riforma del 2003 che lavorano sono il 73,9 per cento; quelle senza figli sono l’83,6. In aumento invece, negli ultimi dieci anni, risulta la "produzione" di laureati: se alla vigilia della Riforma nel ’99 erano appena 152 mila, oggi il sistema universitario ne sforna ben 300mila l’anno. Un dato confortante per i promotori del Rapporto, che confermano come al crescere del livello di istruzione, si associ anche un aumento di occupabilità e reddito. Il mondo del lavoro, secondo quanto sottolineato nel documento, guarda ai laureati con crescente interesse, essendo questi in grado di seguire con più spigliatezza i mutamenti del mercato. «Nell’intero arco della vita lavorativa (24-64 anni) – si legge nel Rapporto – la laurea risulta premiante: chi è in possesso di un titolo di studio universitario, presenta un tasso di occupazione di oltre 10 punti percentuali in più rispetto a chi ha conseguito un diploma di scuola secondaria superiore: 78% contro un 67%». Premiato sulla lunga distanza anche l’entità del reddito, più alto fra i laureati del 65 per cento.