Economia

Analisi. . Alla Germania la Ue sta stretta Così guarda verso Mosca e Pechino

GIANCARLO GALLI domenica 27 marzo 2016
Molte cose, talvolta contraddittorie, sono state dette e scritte in occasione dei 'confronti' fra Matteo Renzi a Berlino e Angela Merkel. Non stupisca: in passato, i rapporti fra Germania ed Italia sono stati tutt’altro che lineari. Il ricordarlo può aiutare non a rinverdire polemiche antiche bensì a smussare certi angoli del presente. Complessi, controversi, altalenanti e non esenti da contraddizioni, in particolare, quelli nel secondo Dopoguerra, in uno scacchiere continentale in continua trasformazione. Nel 1945 tre lungimiranti statisti cercarono di ricostruire sulle rovine: il nostro Alcide De Gasperi, il tedesco Konrad Adenauer, il francese Robert Schuman. Tre cattolici che mai s’inchinarono ai totalitarismi uniscono sforzi e progettualità, gettando il cuore oltre gli ostacoli. Autentici macigni, ripensando all’ostilità (sin d’allora!) del francese De Gaulle e del laburista inglese Clement Attlee che alla Camera dei Comuni dichiara di «non cedere un pollice di sovranità nazionale». Prende corpo l’Europa della Comunità del carbone e dell’acciaio (Ceca), dell’Euratom per l’impiego pacifico dell’energia nucleare con un centroricerche d’avanguardia ad Ispra, presso Varese: quasi una scorciatoia ad aggirare le difficoltà finalmente superate il 25 marzo 1957, con la firma del Trattati di Roma a segnare la nascita della Cee (Comunità economica europea). Sei i Paesi membri: Belgio, Francia, Germania federale, Italia, Lussemburgo ed Olanda. Se la strada appare in apparenza spianata, la realtà è ben più complessa. La Germania, brillantemente superata con Adenauer la fase della Ricostruzione, ha un problema ineludibile: la riunificazione dei territori orientali, governati da un regime per necessità filorusso e le province occidentali, con capitale provvisoria Bonn. Lo stallo si protrae per decenni. Sino alla caduta (novembre 1989) del Muro di Berlino. Il presidente francese François Mitterrand ed il cancelliere Helmut Kohl si sono preparati all’evento propiziato dall’ascesa al Cremlino di Michael Gorbaciov, comunista moderato e filooccidentale. Senonché gli scenari economici si sono profondamente modificati: mentre l’intera Europa continentale declina, la Germania scoppia di salute. Pertanto, ad evitare un’egemonia teutonica, Mitterrand impone ad un Kohl recalcitrante una clausola in apparenza durissima: condizionare la riunificazione tedesca all’accettazione di una moneta comune. L’euro, appunto. Con conseguente rinuncia al Marco. Le alchimie monetaristiche francesi, al pari del progressivo allargamento dell’eurozona ad un numero sempre più alto di Paesi, si riveleranno col trascorrere dei lustri un calcolo poco azzeccato. E nonostante la Grande Crisi iniziata nel 2008, la posizione di Berlino (ormai Capitale a pieno titolo), progressivamente si rafforza. Rappresenta il 40% dell’intero potenziale comunitario, facendo germogliare nell’opinione pubblica tentazioni antiche, di stampo egemonico. Con all’orizzonte l’ipotesi di un euro a «due velocità». Pericolo che Matteo Renzi ha tentato di esorcizzare, ottenendo però dal Cancelliere, assicurazioni di circostanza a parte, solo incerte promesse di solidarietà fra Forti e Deboli. A differenza di mezzo secolo fa, a Berlino il clima rischia di cambiare. Privilegiando i rapporti con Mosca e Pechino, piuttosto che con Roma, Madrid, Atene. Tre Capitali che corrono il serio rischio di finire soffocate dall’enorme debito pubblico. Mentre lo spirito solidaristico che aveva cementato Adenauer, De Gasperi e Schuman sembra avere ceduto il posto a calcoli egoistici. © RIPRODUZIONE RISERVATA Il cancelliere Angela Merkel Nonostante la Grande Crisi iniziata nel 2008, la posizione di Berlino si è rafforzata Vale oggi il 40% dell’intero potenziale comunitario (Epa)