Economia

Piano in bilico. Guerra tra sindacati, Alitalia-Etihad a rischio

Andrea D'Agostino sabato 26 luglio 2014
Da una parte è guerra aperta tra i sindacati. Dall’altra, un altro piccolo passo avanti verso il tanto sospirato accordo con Etihad, Alitalia l’ha pur sempre fatto, approvando l’aumento di capitale da 250 milioni e il bilancio 2013 con una perdita netta di 569 milioni. La sensazione a fine giornata, però, è che l’alleanza annunciata tra Roma e Abu Dhabi sia in bilico, dopo le lotte intestine tra lavoratori sul referendum e la smentita di un ultimatum da parte della compagnia degli Emirati guidata da James Hogan. Di sicuro resta solo il messaggio dell’azienda italiana. «Ribadendo l’efficacia degli accordi del 16-17 luglio», Alitalia in una nota ha evidenziato come «la coesione e la condivisione delle scelte da parte di tutte le sigle sindacali siano essenziali per il completamento con successo delle intese con Etihad». Sì al rispetto delle intese, altrimenti può saltare tutto.La giornata si era aperta con la notizia che il referendum abrogativo fra i lavoratori non aveva raggiunto il quorum. La consultazione si è conclusa senza aver raggiunto il 50% più uno dei lavoratori: a votare si sono recati in 3.555 su 13.190 dipendenti, pari al 26% del totale (con i "sì" che hanno prevalso largamente sui "no"). E sono subito volate accuse reciproche tra Filt Cgil, Fit Cisl, Ugl da una parte, e la Uilt dall’altra. Per Filt, Fit e Ugl, «trattandosi di referendum abrogativo, sulla base delle regole dell’accordo sulla rappresentanza, resta confermata la validità degli accordi». Secondo le tre organizzazioni «i tempi stretti e l’invito alla non partecipazione al voto da parte di Uilt non hanno consentito il raggiungimento del 50% +1 degli aventi diritto. In poco meno di 36 ore era quasi impossibile raggiungere il quorum. Ma il numero dei votanti indica la volontà dei lavoratori di partecipare e di confermare la validità degli accordi. Resta il comportamento assurdo di chi lo ha richiesto e poi non ha partecipato al voto, come nel caso della Uil e dei sindacati autonomi gregari».Ma il nodo del contendere resta la partecipazione del personale navigante: secondo la Uilt, ha votato solo il 3%. E il sindacato non retrocede: ieri il suo segretario generale, Claudio Tarlazzi, ha diffidato l’azienda dall’applicare il taglio del costo del lavoro ai suoi iscritti. Nei prossimi giorni si cercherà ancora di mediare per cercare di riportare la Uilt all’interno delle sigle sindacali firmatarie dell’accordo. Non si esclude un nuovo intervento del governo, con il ministro dei Trasporti Maurizio Lupi che ha lanciato un nuovo appello: la prospettiva, ha ribadito, «o è il futuro o il baratro».Nelle stesse ore l’assemblea di Alitalia affrontava un altro passaggio cruciale, decidendo però di non discutere dell’accordo con Etihad, per cui sarà necessario un nuovo incontro in settimana (anche se il contratto pare sia pronto). All’ordine del giorno è rimasto il piano di ricapitalizzazione da 250 milioni, su cui i soci hanno deliberato positivamente - Air France, azionista con il 7%, non parteciperà - e il bilancio 2013 con una perdita netta di 569 milioni, anche se non sono stati dati numeri ufficiali. «È un passo importante, perché abbiamo deliberato un aumento di capitale funzionale all’accordo con Etihad», ha detto l’Ad Gabriele Del Torchio. In merito al referendum, ha aggiunto, «continueremo a incontrare le altre organizzazioni che non hanno finora firmato l’intesa per cercare di allinearle tutte».Ora, però, bisognerà ripianare le polemiche fra i sindacati e avviare la procedura per far uscire, forse già da settembre, i lavoratori in esubero e quelli destinati al ricollocamento: in tutto 1.650. Ed è ancora da risolvere il nodo Poste, che ha detto di voler destinare versamenti di nuovo capitale solo in business attivi e non a copertura di debiti pregressi. Ma neanche di questo si è parlato ieri, e non è chiaro se banche e altri soci abbiano "digerito" o meno questa prospettiva.