Economia

Commercio. Al vertice della Wto niente intesa: il mondo è troppo diviso per fare affari

Pietro Saccò sabato 2 marzo 2024

La cerimonia di apertura dell’appuntamento annuale della Wto, ad Abu Dhabi

A trent’anni dalla sua fondazione (è stata istituita il primo gennaio del 1995) l’Organizzazione mondiale del commercio (Wto) sembra già vecchissima, incapace di agire perché paralizzata dalle divisioni.
I rappresentanti dei centosessantaquattro Paesi membri, che assieme fanno più del 98% del Prodotto interno lordo globale, da martedì sono riuniti ad Abu Dhabi per la tredicesima conferenza dei ministri, il più importante organismo decisionale della Wto. Sul tavolo ci sono accordi che potrebbero cambiare la faccia della globalizzazione sotto molti aspetti.
Il primo dossier è quello dell’agricoltura: l’India, che come l’Europa sta vivendo forti proteste dei suoi agricoltori, guida un gruppo di economie in via di sviluppo vuole una soluzione definitiva sul tema dell’intervento pubblico nel settore. Vuole più libertà sul fermare importazioni o esportazioni di cibo quando questo può essere utile per garantire la sicurezza alimentare alla popolazione e la tenuta del settore agricolo. È qualcosa che l’India sta già facendo sul riso in deroga agli accordi della Wto: ora Nuova Delhi guida il fronte dei Paesi in via di sviluppo che vuole poterlo fare senza ottenere deroghe, ma altri – a partire dai vicini asiatici – non sono d’accordo.
Il secondo dossier riguarda il commercio elettronico: attualmente è in vigore una moratoria che impedisce l’applicazione di dazi su prodotti digitali, come i film o la musica trasmessi in streaming. Prolungare questa esenzione dalle tasse doganali è essenziale per l’attività delle grandi imprese del settore (in gran parte americane) che al momento vivono in una sorta di mercato unico globale. I governi che vogliono maggiore libertà sul fronte dell’agricoltura hanno usato il loro via libera sul prolungamento della moratoria sull’e-commerce come merce di scambio nel negoziato. Alla fine è stata prorogata di due anni.
Quindi c’è il terzo tema, la pesca: dentro la Wto si è formata un’ampia coalizione di nazioni che vuole fermare i sussidi pubblici per la pesca intensiva che rischia di creare danni irreparabili alla biodiversità della fauna marina. Su questo punto un accordo sembra possibile, anche se sui tempi della fine dei sussidi restano distanze ampie: si va dai sette anni proposti dagli Stati più ambiziosi ai venticinque chiesti dall’India.
Il quarto tema è quello forse più importante, ma anche quello su cui ci sono meno speranze di intesa. Dal dicembre del 2019 anni il sistema di risoluzione delle controversie sul commercio globale della Wto è bloccato. La corte d’appello che si deve esprimere sui ricorsi degli Stati contro violazioni dei trattati commerciali dovrebbe avere sette membri, ma sotto la presidenza Donald Trump gli Stati Uniti si sono opposti alla nomina di nuovi giudici, Joe Biden ha proseguito sulla stessa linea. Quindi quattro anni fa la giuria si è fermata per mancanza del numero legale e dal 2020, quando è scaduto il mandato della cinese Hong Zhao, che era l’ultimo membro rimasto, la corte d’appello è azzerata. Al vertice di Abu Dhabi gli Stati dovevano impegnarsi a risolvere questa crisi entro la fine del 2024, ma pare molto difficile riuscirci nell’anno delle elezioni presidenziali americane.
In questo clima rischia di bloccarsi anche l’approvazione dell’Accordo sulla facilitazione degli investimenti per lo sviluppo, un testo che agevola e semplifica gli investimenti reciproci già condiviso da centoventi membri dell’Organizzazione. È un’intesa che vincola solo chi partecipa, lasciando libertà d’azione a chi sta fuori. Deve essere votato per essere aggiunto come “allegato” agli accordi della Wto, oggi però anche la sua approvazione sembra a rischio.
Per come funziona la Wto, per firmare un accordo su qualsiasi tema serve l’approvazione di tutti i membri, non bastano maggioranze semplici o qualificate. Basta che uno Stato si opponga e non se ne fa niente. Difatti è tutto bloccato. Il vertice nell’emirato doveva chiudersi giovedì, ma il comunicato finale è stato rinviato per cinque volte (fino a ieri sera) nella speranza di arrivare a un’intesa. Le trattative sono proseguite tutta la notte di giovedì (con abbondanti forniture di caffè) Nel frattempo molti delegati hanno lasciato il tavolo rientrando nei loro Paesi. Tra i pochi rimasti fino all’ultimo, l’indiano Piyush Goyal e il lituano Valdis Dombrovskis, commissario europeo al Commercio. Katherine Tai, la rappresentante per gli scambi internazionali degli Stati Uniti, ha dato la colpa di questo stallo soprattutto ai Bric, cioè Brasile, Russia, India e Cina. In particolare, ha segnalato Tai, il ministro indiano ha partecipato alle trattative solo quando il suo omologo cinese se n’era andato.