Economia

Agroalimentare. Pasta italiana da record

Maurizio Carucci lunedì 1 aprile 2019

La pasta italiana è conosciuta in tutto il mondo. Il suo primato non è scalfito nemmeno dai tanti tentativi di imitazione. Un piatto di pasta su quattro, infatti, è italiano. La nostra filiera può vantare circa 100 imprese produttrici, 4,7 miliardi di euro di fatturato annuo, 7.500 occupati, quasi quattro milioni di tonnellate l’anno di pasta prodotta, di cui il 56% destinato all’estero: soprattutto Germania, Francia, Inghilterra, Stati Uniti e Giappone. «Ogni pastificio ha la sua vocazione – spiega Riccardo Felicetti, presidente dei Pastai italiani -. Le quote di export possono variare da azienda ad azienda. Le esportazioni restano comunque una delle “valvole” più importanti della nostra produzione. Ed esistono ancora ampi margini di miglioramento». In questo momento il fabbisogno occupazionale è concentrato non solo sulle figure di manager, ma anche di tecnici e operai specializzati.

«Abbiamo bisogno di chi si occupa dell’acquisto delle materie prime – continua Felicetti -. Meglio se è un agronomo. E poi ci sarebbe spazio per i social responsability manager: un profilo nuovo per il nostro comparto. Dovrebbe occuparsi dell’impatto dell’impresa sul territorio e sulla sostenibilità dei processi produttivi. Diverse realtà non possono fare a meno degli export manager e dei temporary manager, figure determinanti per lavorare su obiettivi e progetti che puntano alla crescita e all’acquisizione di quote di mercato all’estero».

L’Italia può vantare dei primati di tutto rispetto. L’agroalimentare è una delle voci più importanti della nostra economia. Una nuova realtà associativa è nata dall’unione fra Aidepi (Associazione delle industrie del dolce e della pasta italiana) e Aiipa (Associazione italiana industrie prodotti alimentari): Unione Italiana Food. Rappresenta imprese di oltre 20 settori merceologici che danno lavoro a 65mila persone e sviluppano un fatturato di più di 35 miliardi di euro, di cui dieci di export. Riccardo Felicetti è anche vicepresidente dell’Unione Italiana Food, che ha tra i suoi obiettivi la qualità, la tutela e la valorizzazione dei cibo italiano. A cominciare dalla trasmissione dei saperi di mugnai e pastai, che hanno addirittura un contratto specifico. «Per lavorare nel nostro settore – conclude Felicetti – le persone devono avere prima di tutto passione. In molti casi, al di là del titolo di studio, conta la formazione in azienda. Spesso la trasmissione di un lavoro o di una mansione tra vecchie e nuove generazioni avviene con il confronto quotidiano e la risoluzione dei problemi che bisogna affrontare per migliorare i processi produttivi. Un ruolo importante stanno assumendo anche le Academy aziendali e le start up».