Economia

Risorse. La filiera dell'acqua vale quasi il 20% del Pil

I.Sol. mercoledì 20 marzo 2024

I gestori dell’aqua, risorsa sempre più preziosa per la vita dei cittadini, investono 64 euro all’anno per abitante e dalla filiera idrica si genera valore per 367,5 miliardi di euro, pari al 19% dell’intero PIL nazionale, un valore in crescita dell’8,7% rispetto al 2021.

Cosa dicono i nuovi dati del Blue Book sul servizio idrico e il libro bianco 2024 "Valore Acqua per l'Italia"

La filiera idrica estesa vale quasi il 20% del PIL

Secondo gli ultimi dati del Libro Bianco 2024 “Valore Acqua per l’Italia” di The European House – Ambrosetti, oltre 341 miliardi di euro (+9,1% sul 2021) sono impattati direttamente dall’acqua nei settori agricolo, industriale ed energetico. La filiera estesa dell’acqua coinvolge una vasta gamma di attività economiche, dalla produzione agricola alla manifattura idrovora, al settore energetico, toccando complessivamente 1,4 milioni di imprese agricole, circa 330mila aziende manifatturiere e 10mila imprese energetiche. L'impatto diretto, indiretto e indotto del settore porta un valore aggiunto di 16,5 miliardi di euro, attivando oltre 150mila posti di lavoro.«Quello del ciclo idrico esteso, che include le sette fasi del ciclo idrico integrato, la fornitura di software e tecnologia e le filiere di fornitura, si è dimostrato un settore resiliente e dalla grande capacità innovativa» ha spiegato Valerio De Molli, Managing Partner e CEO di The European House – Ambrosetti. Nello specifico ha generato nel 2022 un Valore Aggiunto di 9,3 miliardi di euro, con una crescita media annua del +3,8% nel periodo 2010-2022, superiore sia alla media del settore manifatturiero che a quella dell'intero PIL italiano».

​E ancora, gli investimenti realizzati in Italia nel settore idrico hanno raggiunto i 64 euro annui per abitante nel 2022, con una crescita del 94% rispetto al 2012 (circa 33 euro per abitante), che è stato l’anno di avvio della regolazione da parte dell’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA). Valori che si avvicinano progressivamente alla media europea degli ultimi cinque anni, pari a 82 euro per abitante. Sono solo alcuni dei dati emersi, in occasione della presentazione del Blue Book 2024 promosso da Utilitalia e realizzato dalla Fondazione Utilitatis, relativi al servizio idrico integrato sempre relativi alla filiera estesa dell’acqua. Come emerge dal Blue Book, realizzato in collaborazione con Istat, Enea, ANBI e le sette Autorità di Bacino dei Distretti Idrografici, permane un profondo divario in termini di capacità di investimento tra le gestioni industriali e quelle comunali “in economia”, diffuse soprattutto nel Meridione: qui gli investimenti medi si sono attestati su 11 euro per abitante; dei 1.465 Comuni in cui la gestione di almeno uno dei servizi è “in economia”, l’80% si trova al Sud per una popolazione interessata pari a circa 7,6 milioni di persone.

Oltre 90 mila lavoratori del ciclo idrico esteso, al nord più imprese e occupati

Come emerge dai dati della Community Valore Acqua per l’Italia di TEHA che rappresenta 37 Partner tra le principali aziende e istituzioni protagoniste del comparto idrico, le aziende del ciclo idrico esteso contano oltre 92 mila lavoratori con un tasso di crescita dell'occupazione quattro volte superiore alla media nazionale (il settore energetico conta 81mila occupati). “Tramite l’attivazione delle catene di fornitura e subfornitura – ha aggiunto Valerio De Molli - il ciclo idrico esteso genera in Italia un valore aggiunto totale di €25,7 miliardi. Per ogni euro di valore aggiunto generato dal ciclo idrico esteso, se ne attivano €1,8 aggiuntivi nell’intera economia”.

Nel Nord Italia la gestione industriale che risulta più efficace, al Sud quella in mano agli enti locali. Anche nel settore dei servizi idrici il Paese è spaccato in due: se al Nord si concentra il 74% dei lavoratori del ciclo idrico esteso e il 60% delle 3.500 imprese totali del settore, al Centro e Sud rimangono rispettivamente il 12,6% e 12,8% degli occupati e il 15,8% e 26,2% delle imprese. La gestione pubblica dell’acqua affidata ai singoli enti territoriali (gestione in economia) – che genera un valore complessivo di solamente 491 milioni di euro è una prerogativa del Sud Italia e delle Isole.

Le tariffe e gli impatti del PNRR

Secondo quanto riportato nel Blue Book negli ultimi anni si è assistito a una crescita delle tariffe del servizio idrico di circa +5% annuo, anche se quelle italiane rimangono tra le più basse d’Europa. Il valore degli investimenti sostenuti dalla tariffa è aumentato fino a circa 4 miliardi l’anno. Il PNRR sta dando certamente un impulso significativo, grazie anche alle risorse aggiuntive derivanti dalla recente rimodulazione del Piano, che ha permesso di stanziare circa 1 miliardo di euro aggiuntivi, destinati alla riduzione delle perdite, oggi ancora elevate e mediamente pari a circa il 42% dell’acqua immessa in rete. Il fabbisogno di settore è stimato in almeno 6 miliardi l’anno: serviranno dunque risorse aggiuntive pari a circa 0,9 miliardi di euro l’anno fino al 2026, e pari ad almeno 2 miliardi di euro l’anno dopo la chiusura del PNRR, per innalzare l’indice di investimento annuo e raggiungere i 100 euro per abitante, avvicinandosi così alla media di altri Paesi europei di dimensione simile all'Italia.

Le criticità nella governance

Oltre alle risorse economiche è essenziale superare le residue criticità in tema di governance. Circa il 95% della popolazione nazionale risiede in bacini dove l’affidamento è avvenuto in maniera conforme alla normativa pro tempore vigente: permangono comunque delle situazioni di criticità in Campania e in Sicilia. In questo quadro, spiega il presidente di Utilitalia, Filippo Brandolini, «ci siamo fatti promotori di una proposta di riforma del settore in quattro punti tese alla riduzione della frammentazione, all’introduzione di parametri di verifica gestionale, al consolidamento industriale del settore e a un approccio integrato tra i diversi usi dell’acqua. Attraverso queste proposte contiamo di raggiungere l’obiettivo 100, arrivando a un centinaio di gestori industriali di media/grande dimensione e a un livello di investimenti di 100 euro per abitante all’anno».