Chiesa

Intervista. Il vescovo Lira: «Vitamina per l'intero Paese»

Lucia Capuzzi sabato 13 febbraio 2016
«Ci siamo. Ci siamo davvero». Incredulo e sorridente, monsignor Eugenio Lira, segretario della Conferenza episcopale messicana (Cem), nasconde l’emozione dietro il solito tono calmo e affabile. Non si ferma un minuto, eppure – dice – non sente la stanchezza. L’arrivo di papa Francesco è la «miglior vitamina», afferma il vescovo ausiliare di Puebla. «L’intero Messico aspettava questo giorno da mesi» e sin dalle prime indiscrezioni su un possibile viaggio «l’entusiasmo non ha fatto che crescere». La moltitudinaria accoglienza tributata a Francesco «el mexicano», come urlava la folla ieri, ne è la dimostrazione. Il Paese ferito e affamato di speranza attende dal Papa consolazione e coraggio per non cedere alla violenza dilagante. «E il Pontefice ha ben presente la situazione. Per questo, ha deciso di venire. Ce lo ha detto lui stesso: voglio andare in Messico». Quando è accaduto? Durante la visita ad limina dei vescovi messicani, nel maggio 2014. Nel corso della lunga riunione, papa Francesco ci ha espresso il suo desiderio di venire. Per consacrare l’Anno della misericordia alla Vergine di Guadalupe e implorare la Madre di asciugare le lacrime del Messico e dell’intera America. Il Pontefice ha scelto personalmente la geografia pastorale del viaggio. La Conferenza episcopale ha dato solo una funzione di supporto logistico. Che messaggio porta Francesco al Messico? Ci regala una parola forte di misericordia. La situazione è difficile. Il potere letale della criminalità organizzata ci inquieta come cristiani e come cittadini, anche se non tutto il Paese vive le medesime condizioni di violenza. Quest’ultima colpisce in particolare gli Stati di Guerrero, Michoacán, Oaxaca, Jalisco, Chihuahua, Jalisco, Nuevo León, Tamaulipas, Veracruz. La Chiesa è, inoltre, preoccupata per la forte disuguaglianza economica e gli abusi sui centroamericani che attraversano il Paese in viaggio verso gli Usa. La presenza del Papa ci offre l’opportunità di rincontrarci con Gesù. La fede non è un’idea astratta. Dall’unione con Dio deve scaturire nuovo slancio nell’impegno per la costruzione di un Messico più solidale e pacifico. La visita di Francesco, però, non è importante solo per i cattolici. I valori evangelici sono profondamente umani, quindi condivisibili con persone di altre fedi o non credenti. Francesco, dunque, ha fatto breccia anche in questi ultimi, a dispetto di un certo laicismo messicano? Ha suscitato sincero interesse in settori tradizionalmente distanti dalla Chiesa. Tanti atei o appartenenti ad altri credo hanno chiesto di poter partecipare agli eventi. Il viaggio di Francesco ci offre la straordinaria occasione di riflettere insieme come nazione, al di là delle legittime differenze, sul Messico che vogliamo e dobbiamo costruire. Il programma è fitto. Il Papa, però, ci ha abituato alle sorprese. Ci saranno anche stavolta? A Francesco piace sorprendere. Perché stavolta non dovrebbe farlo?