Chiesa

UN NUOVO INIZIO/4. Riscoprire le virtù per battere la crisi

Paolo Lambruschi mercoledì 28 dicembre 2011
La grande sfida si vince con i giovani se cambiamo con loro le regole del gioco. Che per Ernesto Olivero si fondano su le­galità, sobrietà, coerenza,

Di chi sono le responsabilità della crisi? È sotto gli occhi di tutti che molti hanno ruba­to e sprecato a dismisura perché chi poteva fermarli si è lasciato corrompere. Ora dobbia­mo trovare il coraggio di rinascere. Se non ve­diamo con occhi nuovi quello che ci sta piom­bando addosso, rischiamo di entrare in una tragedia dai contorni inimmaginabili. Occor­re far di tutto perché alcune categorie che non hanno sempre vegliato, che sono state soven­te di parte, rientrino in se stesse. Penso a giu­dici, giornalisti, ai rappresentanti delle religio­ni, che hanno il compito di custodire il bene di tutti. Chi ruba, chi passa con il rosso infran­ge la legge e va sanzionato, chiunque esso sia. La notizia è notizia se libera da colori e inte­ressi di parte. Questo vale anche per l’appara­to giudiziario, chiamato ad applicare lo stato di diritto, e per le autorità religiose che pro­muovono comportamenti etici e solidali. La crisi economica è inseparabile da quella politica? Soprattutto c’è una crisi di cuore, tocca il sen­timento di appartenenza alla comunità. Così muore la politica. Che politica è infatti senza bene comune, se ognuno cerca il suo bene non insieme, ma contro quello altrui? Ritengo i­naccettabile il comportamento dei parlamen­tari che per non perdere il diritto al vitalizio ­per me immorale - hanno contribuito a non far cadere il governo. È stato sempre così ed è sta­to sempre sbagliato. Amici del Sermig come Helder Camara, il Car­dinale Pellegrino, Sandro Pertini, Madre Te­resa quale lezione di speranza e carità hanno lasciato? Questi e molti altri maestri, primo fra tutti dom Luciano Mendes de Almeida, hanno dato fi­ducia a dei ragazzi, come eravamo noi quan­do li abbiamo incontrati. Grazie a questo sia­mo cresciuti e attraverso di noi in 47 anni mi­lioni di persone ne hanno aiutate altrettante. Mi commuove ancora il gesto del Presidente Sandro Pertini l’11 aprile del 1984 quando ven­ne a inaugurare la nostra casa. Aveva saputo delle nostre difficoltà e voleva aiutarci. In quel­l’occasione disse: 'Chi tocca Olivero, tocca me'. Così è iniziata una tradizione che coin­volge le più alte autorità e i più alti testimoni del nostro tempo che vengono all’Arsenale del­la Pace a vedere come i giovani realizzano i so­gni. E mi commuove pensare a Giorgio Napo­litano che ci ha visitati il 19 marzo scorso con questa motivazione: 'Siete costituzione vi­vente'. Invitiamo il Presidente del Consiglio Mario Monti a venire ad ascoltare giovani che non insultano, ma propongono. Povertà e fame li sfidano, come mezzo secolo fa. Ogni giorno 100mila morti per fame reclama­no la nostra commozione e l’impegno fatti­vo, come il samaritano sulla strada per Ge­rico. La costruzione di un mondo mi­gliore non si fonda sulle speculazioni fi­nanziarie, ma sulla responsabilità. L’u­manità, credente e non, deve rimettere in discussione l’impiego di tempo, e­nergie, creatività a servizio del bene co­mune. Circolo virtuoso che crea lavoro, salute, scuole, cibo, acqua e dignità an­che in luoghi e situazioni 'impossibili'.Allora servono sobrietà e nuovi stili di vita. Sei d’accordo? Sono convinto da anni che viviamo al di sopra delle nostre possibilità almeno per un 20-30%. Dobbiamo finalmente esserne consapevoli, a­vere l’autorevolezza e l’umiltà di saperlo spie­gare e di chiedere conversione per curare le cause, non solo gli effetti. Ma senza legalità non si va da nessuna par­te. Mi piange il cuore sa­pere che siamo uno dei Paesi più corrotti al mondo. Significa che schiere di cattivi mae­stri ci hanno assicurato che evadere le tasse era un bene e un diritto. Con tali falsi principi abbiamo 'educato' intere ge­nerazioni. Sentire l’urgenza e la necessità di denunciare le distorsioni significa entrare in una credibilità nuova, dura, ma è questa la via della speranza. Sento che è possibile vivere be­ne in una società dove tutti insieme rispettia­mo le regole. Troviamo il coraggio di rientrare nella legalità! E poi avremo la forza morale di dire alle mafie e a tutti i gruppi segreti: 'Con­vertitevi!'… di dire alla gente: 'Paghiamo le tasse'… di dire al mondo: 'Riscopri l’etica!'. Ma per uscire da una situazione con i contor­ni di una guerra mondiale dobbiamo rimboc­carci le maniche. La questione giovanile è risolta? No e non è stata affrontata seriamente. Da u­na delle nostre inchieste emerge che il 98% dei giovani non ha fiducia in nessuna istituzione, che l’85% ha paura del futuro e la percentua­le di violenza di questa società è indicata fra il 62 e l’85%. I giovani sono i più poveri per le dif­ficoltà che affrontano ogni giorno e per le po­tenzialità inespresse. Sono imbottiti di niente presentato come il tutto. La generazione dei padri è responsabile di aver proposto per an­ni la cultura del 'minor danno' anziché quella del massimo bene. Così droga e sballi sono un diritto e la libertà indi­viduale una divinità. Sto con i giovani notte e giorno. Non sopportano le ingiustizie, ma non hanno la forza di contrastarle e impe­gnarsi da soli. Perciò da anni chiediamo alle i­stituzioni di valorizzarli come 'patrimonio del­l’umanità' e agli adulti di diventare riferimen­ti credibili. I giovani sono disposti a convertir­si se trovano non parolai, ma testimoni. Cosa deve fare l’Italia per loro? Metterli al centro con una visione a lungo ter­mine e politiche per aiutarli a scoprire poten­zialità e talenti. Investiamo per creare occu­pazione, cultura d’impresa, innovazione. Coin­volgiamoli in organismi consultivi. Stiamo dando vita ad un’associazione tra sindaci per tradurre i principi in scelte amministrative. E tu cosa proponi? Prepararsi alle responsabilità della vita con la formazione permanente. Con loro cerchiamo uno stile di vita coerente con gli ideali che af­fermano, l’unico che può dare autorevolezza e credibilità alle richieste. Impariamo ad ab­bassare il nostro io avido e impaurito perché la bellezza seminata in noi ci innalzi a grandi cose. Diciamo a ciascuno: 'Non aspettare so­luzioni, diventa pastore, entra in politica, nel­la scienza, nello sport, nella cultura portando ciò che serve al mondo per migliorare'. I gio­vani puri, indomabili non saranno signori del­la guerra e dell’economia, ma seguiranno la logica di Dio. Anche la Chiesa deve pagare le tasse sul pa­trimonio immobiliare?Penso che la Chiesa, le Chiese e gli enti la cui opera ha rilevanza sociale abbiano diritto a un trattamento di riguardo dallo Stato perché si prendono cura di poveri ed emarginati. Le a­gevolazioni che sostengono queste finalità so­no sacrosante, il resto no. Questa per me è la chiave perché la Provvidenza continui ad o­perare. C’è una ricetta per risollevare l’Italia? Il nostro petrolio è il turismo. Nessuno ha le no­stre bellezze naturali e il 60-70% delle opere d’arte del mondo è qui. Il recupero dell’am­biente e dei beni culturali, il turismo di massa e d’elite potrebbero dare lavoro qualificato e duraturo a tanti giovani. Chi ci governa deve convincersene, investire e proporre itinerari nuovi e affascinanti. L’Italia di Michelangelo, Giotto, Raffaello deve tornare ad essere un’ec­cellenza culturale, le nostre università ad at­trarre giovani da tutto il mondo. È un incorag­giamento al nostro Ministro perché abbia il co­raggio non tanto di riformare la scuola quan­to di farla rinascere, con docenti convinti di rientrare nelle radici culturali del Paese.

CHI È ERNESTO OLIVEROClasse 1940, sposato con Anna e nonno di 8 nipoti, Ernesto Olivero ha fondato nel 1964 a Torino il Sermig, al cui interno negli anni 80 è nata la Fraternità della Speranza. Nel 1983 ha ricevuto in comodato l’Arsenale, che con l’aiuto di amici e giovani volontari ha restaurato interamente, trasformandolo nell’Arsenale della pace. Oggi è un monastero metropolitano che accoglie immigrati, tossicodipendenti, alcolizzati, malati di Aids e senza tetto e dove viene svolta anche un’intensa attività culturale. Olivero ha aperto nel 1996 l’Arsenale della Speranza a San Paolo del Brasile e nel 2003 l’Arsenale dell’Incontro in Giordania. Ha avuto numerosi riconoscimenti in Italia e all’estero, quest’anno è stato nominato europeo dell’anno e cittadino onorario di Torino.