Chiesa

Osservatore Romano. «La Pachamama non è una divinità»

Redazione romana martedì 12 novembre 2019

Le statuette buttate nel Tevere e rispescate dai Carabinieri

Le statuette Pachamama «non sono dee; non c'è stato alcun culto idolatrico. Sono simboli di realtà ed esperienze amazzoniche, con motivazioni non solo culturali, ma anche religiose, ma non di adorazione, perché questa si deve solo a Dio». Lo scrive in un articolo per L'Osservatore Romano in edicola con la data del 13 novembre il vescovo emerito di San Cristobal de las Casas (Messico), mons. Felipe Arizmendi Esquivel, ritornando su una questione che pretestuosamente era stata cavalcata in maniera polemica contro il Papa e il recente sinodo sull'Amazzonia. «Grande scalpore - ricorda infatti il presule messicano - hanno suscitato le immagini o figure utilizzate nella cerimonia nei giardini vaticani all'inizio del sinodo panamazzonico e nella processione dalla basilica di San Pietro all'Aula sinodale, alle quali ha partecipato Papa Francesco, e poi in altre chiese di Roma. Alcuni condannano questi atti come se fossero un'idolatria, un'adorazione della 'madre terrà e di altre 'divinità'. Non c'è stato niente di tutto ciò».

Il vescovo spiega queste sue affermazioni con l'osservazione diretta dei costumi degli indigeni, di cui ha condiviso la vita per molti anni. «Nella mia precedente diocesi - scrive -, quando sentivo parlare con grande affetto e rispetto della “madre terra”, provavo disagio, perché mi dicevo: «Le mie uniche madri sono la mia mamma, la Vergine Maria e la Chiesa». E quando vedevo che si prostravano per baciare la terra, provavo ancora più disagio. Ma convivendo con gli indigeni ho capito che non l’adorano come una dea, ma la vogliono valorizzare e riconoscere come una vera madre, perché è la terra a darci da mangiare, a darci l’acqua, l’aria e tutto ciò di cui abbiamo bisogno per vivere: non la considerano una dea, non la adorano, le esprimono solo il loro rispetto e pregano rendendo grazie a Dio per essa».

Perciò monsignor Arizmendi conclude: «È una grande impudenza condannare il Papa come idolatra, perché non lo è stato né lo sarà mai. Al termine della cerimonia nei giardini vaticani, gli hanno chiesto una parola e lui si è limitato a pregare con il Padrenostro. Non c'è altro Dio all'infuori del nostro Padre celeste».