Chiesa

Cina-Vaticano. Addio a due vescovi cinesi. Uno di loro fu per 27 anni ai lavori forzati

Gianni Cardinale mercoledì 24 febbraio 2021

Processione di una comunità cattolica in Cina

Con lo storico accordo sino-vaticano sulle nomine episcopali del 2018, rinnovato per un ulteriore biennio lo scorso ottobre, tutti i vescovi della Repubblica popolare cinese sono in piena comunione con Roma. Tuttavia i loro nomi non sono ancora compresi nell’Annuario Pontificio, né sono state ufficialmente pubblicate le nomine dei quattro nuovi pastori consacrati (a Jining, Hanzhong, Qingdao e Hongdong) dopo la stipula dell’intesa.

Proseguendo invece una prassi iniziata nel 2004 la Santa Sede continua a diffondere i necrologi ufficiali dei vescovi dell’ex Celeste Impero che man mano il Signore chiama a Sé. Così sotto la rubrica “Lutti nell’episcopato” dell’Osservatore Romano di lunedì pomeriggio 22 febbraio sono stati pubblicati i ricordi di due venerandi presuli scomparsi a cavallo tra il 2020 e il 2021. I due testi, ripubblicati il 23 nell’agenzia Fides di Propaganda Fide, fanno memoria di monsignor Andrea Han Jingtao, vescovo “non ufficiale” di Siping, nella provincia di Jilin, scomparso nella notte tra il 30 e il 31 dicembre 2020 all’età di 99 anni, e di monsignor Giuseppe Zong Huaide, emerito di Sanyuan, nella provincia di Shaanxi, deceduto la sera del 5 gennaio all’età di 100 anni.

Quella raccontata nei necrologi è una storia, descritta con toni sobri ma non reticenti, che accomuna tutta una generazione di eroici testimoni della fede. Una schiera di sacerdoti e vescovi che hanno pesantemente sofferto sotto il regime comunista instaurato da Mao Zedong nel 1949 - in particolare nel periodo buio della Rivoluzione culturale (1966-1976) - e che poi hanno potuto godere di una relativa libertà con le aperture promosse da Deng Xiaoping.

Di monsignor Han il necrologio vaticano ricorda che, nato da una devota famiglia cattolica nel 1932, a 11 anni era entrato nel Seminario minore e che era stato ordinato sacerdote il 14 dicembre 1947. Ma, aggiunge, “a causa della sua fede cattolica e della sua fedeltà al Papa, nel 1953 venne arrestato e, dopo un periodo di carcerazione, condannato ai lavori forzati per 27 anni, ben 6 dei quali vissuti in isolamento in un bunker”.

Solo nel 1980, e “grazie all’intervento del Vice-Presidente Deng Xiaoping”, Han venne liberato “in considerazione dei servizi che, come studioso, poteva rendere allo Stato”. Infatti era un grande cultore delle lingue classiche tanto da diventarne professore associato in una università statale. E tra i suoi lavori principali figura la traduzione in cinese della Summa Theologiae di San Tommaso d’Aquino.

Il necrologio ricorda poi che 6 maggio 1982 Han fu consacrato segretamente vescovo coadiutore di Siping, di cui nel 1986, dopo la morte di monsignor Chang Zhenguo, divenne vescovo ordinario. Come tale “si impegnò in modo particolare nella formazione dei sacerdoti, delle suore e dei laici, non mancando di sensibilizzare tutti i fedeli circa l’evangelizzazione e la carità”. Nella Diocesi poi fondò “la Legio Mariae e la Congregazione religiosa del Monte Calvario, ramo maschile e ramo femminile” e nel 1993 anche “il primo centro sanitario e la prima casa di riposo della Diocesi, nonché un orfanotrofio”.

Ma Han era pur sempre un vescovo “non ufficiale”, quindi non riconosciuto dal governo, con tutte le conseguenze del caso.

“Negli ultimi anni Mons. Han Jingtao viveva sotto lo stretto controllo della polizia” riferisce il necrologio redatto dalla Santa Sede. Che sottolinea che ai suoi funerali “clero e fedeli non hanno potuto partecipare” e che solo “grazie alle insistenti richieste dei familiari, le Autorità locali hanno permesso che le ceneri del Presule fossero deposte nel cimitero del villaggio nativo, accanto ai genitori”. “Sulla sua lapide, però, - conclude il necrologio - non vi è alcun segno religioso né il titolo di Vescovo”.

Quella dei vescovi non ufficiali è ancora un punto non pienamente risolto dopo la firma dell’Accordo del 2018. Solo alcuni di loro infatti sono stati nel frattempo riconosciuti dal governo (a Nanyang, Fuzhou, Fengxiang, Shouzhou). Come ancora non è stata ancora risolto la questione della struttura ecclesiastica della Chiesa cattolica cinese dove esiste un “doppio elenco” – vaticano e governativo - di diocesi che si differenzia per numero, nome e limiti geografici. Per Pechino, ad esempio, la diocesi di Siping, di cui Han per Roma era vescovo, non esiste più da tempo perché accorpata in quella di Jilin.

L’altro necrologio pubblicato lunedì è quello di monsignor Zong Huaide, nato in una famiglia cattolica, che entrò nel Seminario minore nel 1935, a 15 anni, e venne ordinato sacerdote il 5 giugno 1949. Dal 1961 al 1965 però gli venne proibito di esercitare il ministero e “a causa della sua fede” nel 1966 “fu condannato ai campi di lavoro forzato”. Ci rimase per 14 anni. Infatti fu liberato solo nel 1980.

Il necrologio ricorda che Zong il 9 agosto 1987 fu ordinato segretamente vescovo, ma, al contrario di Han, dopo alcuni anni fu riconosciuto ufficialmente come tale dalle autorità civili. Tanto che il 23 dicembre 1997 poté compiere un pellegrinaggio in Italia ed essere ricevuto in Vaticano da san Giovanni Paolo II.

Nel 2003 poi la Santa Sede accettò le sue dimissioni e da quel momento Zong, riferisce il necrologio, “ha trascorso il suo tempo nella preghiera e nel servizio caritativo”. Essendo un vescovo riconosciuto dalla autorità civili la salma di Zong è stata esposta ai fedeli nella chiesa di Tongyuan, dove sono stati celebrati i funerali.

Il necrologio infine, riferisce che diocesi di Sanyuan, riconosciuta come tale anche dal governo, conta circa 40mila fedeli, con 46 sacerdoti e la presenza di diverse congregazioni di religiosi e religiose.