Chiesa

Beltrame Quattrocchi. Verso gli altari la figlia degli sposi già beatificati

Rosanna Borzillo sabato 7 aprile 2018

Enrichetta Beltrame Quattrocchi

Fino ad oggi per tutti era “la figlia dei beati Beltrame Quattrocchi” e cioè di Luigi e di Maria, la prima coppia di sposi beatificata il 21 ottobre 2001 da Giovanni Paolo II per avere vissuto il loro matrimonio come un cammino verso Dio. Ma ieri, nella Cattedrale di Napoli, per Enrichetta, ultima dei quattro figli degli sposi beati, si è aperta ufficialmente l’inchiesta diocesana su vita, virtù e fama di santità. «Fa’ della tua vita una lode perenne a Dio – le scriveva la mamma Maria – fa’ Enrichetta che sia un inno di amore a tutte le creature, una dedizione generosa e gioconda».

E la vita di Enrichetta «è stata senza dubbio una consacrazione a Dio nella famiglia» dice il cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli che presiede il rito di insediamento per la sessione di apertura dell’inchiesta diocesana con padre Leonardo Franzese, ministro provinciale dei cappuccini di Napoli, padre Massimiliano Noviello, frate cappuccino, postulatore delle cause dei santi, padre Luigi Ortaglio, concelliere arcivescovile di Napoli, Francesco Beltrame Quattrocchi, nipote dei beati e figlio adottivo di Enrichetta.

«Una vita – aggiunge Sepe – dove il primato è stato servire Dio, nell’acuta avvertenza del suo disegno, nell’obbedienza perfetta al Vangelo, nella donazione al Signore di tutta l’esistenza, sino alla scelta della verginità». E c’erano tutti in Cattedrale per pregare insieme a Sepe per la figlia che «non doveva nascere» – come ha testimoniato l’arcivescovo – nel ricordare che il ginecologo, al quarto mese di gravidanza, diede ai coniugi Beltrame l’autaut tra interruzione della maternità o salvare la madre.

«Ma entrambi i genitori risposero con un “no” categorico all’aborto, decisi ad affidare solo a Dio il loro futuro. Così il 6 aprile del 1914, nacque Enrichetta: perciò l’inchiesta diocesana inizia proprio oggi e si trasferisce da Roma a Napoli». Di Enrichetta si ricorda soprattutto la sequela al Vangelo, da qui il nome di “mestolino di Dio” «perché si consa- crò a Dio, superando l’ingombrante eredità dei genitori e riuscendo a fare della sua vita un servizio a chiunque si rivolgesse a lei», sottolinea il postulatore padre Noviello. Per questo si chiede per lei il riconoscimento delle virtù.

Per la sua casa, trasformata in luogo di accoglienza, dove Enrichetta si dedicava all’ascolto, alla carità, all’ospitalità e contemporaneamente ad una profonda cura della propria spiritualità, con frequenti ritiri di preghiera e di studio. Prega per la sua beatificazione l’arcidiocesi di Napoli, con i vescovi ausiliari Gennaro Acampa e Giovanni Rinaldi, con l’abate di Cava padre Michele Petruzzelli, con i fratelli e le sorelle nel movimento “Testimoni del Risorto” a cui Enrichetta si consacra perché, dirà: «il dire a tutti che Cristo è risorto è una necessità assoluta del mondo di oggi». Con lei Napoli inizia a guardare dai “tetti in su”, come la invitavano a fare Luigi e Maria e ad educare i suoi figli, così come lei stessa suggeriva, su tre capisaldi: la sobrietà, l’educazione degli affetti, la formazione al sacrificio. Niente di più attuale.