Chiesa

Sinodo / I valori. Divorziati risposati nel cuore della Chiesa

Luciano Moia martedì 7 ottobre 2014
I valori della famiglia non sono scomparsi. La bellezza del matrimonio –  che suggerisce impegno stabile e coerente nel tempo – continua a esercitare un forte richiamo sui giovani ad ogni latutidine. Ma in una società che ha smarrito il valore dell’affettività e della sessualità, e dove tutto viene banalizzato e reso superficiale, sembra che la Chiesa sia sempre più in difficoltà nell’annunciare «il fascino del messaggio cristiano» sul matrimonio e della famiglia. Sembra che un velo di incomunicabilità sia calato tra le comunità cristiane e la complessità della società postmoderna, disorientata e talvolta ubriacata da un’overdose mediatica in cui è difficile distinguere il bene dal male. L’ha messo in luce il cardinale Peter Erdö, relatore generale del Sinodo sulla famiglia, aprendo ieri mattina i lavori dell’assemblea che fino a domenica 19 avrà il compito di discutere una serie di questioni decisive per la vita ecclesiale e sociale, secondo l’agenda dettata dall’Instrumentun laboris.In questa babele non c’è da stupirsi che anche tanti cattolici finiscano per essere travolti, magari inconsapevolmente, da un clima di diffusa indifferenza, da un atteggiamento dove il relativismo diventa malintesa tolleranza anche di scelte e comportamenti lontani dalle indicazioni della Chiesa. Ma questo non significa che le coppie cristiane abbiano smarrito i riferimenti di quel «patrimonio da custodire, promuovere e difendere». A proposito per esempio dell’indissolubilità del matrimonio, coloro che si dicono convinti della necessità e dell’opportunità di mantenere un’indicazione che nasce dalle parole stesse del Vangelo, rappresentano ancora oggi la maggior parte dei fedeli. Vietato dunque abbandonarsi «al catastrofismo o all’abdicazione». La famiglia, nel suo ordito di base, c’è. Anche se va aiutata e sostenuta. E proprio quell’ordito sano respinge forme ideologiche come il gender o l’equiparazione tra matrimonio e unioni omosessuali.«Non le questioni dottrinali ma le questioni pratiche, inseparabili tra l’altro dalle verità della fede – ha fatto notare l’arcivescovo di Esztergon-Budapest che anche presidente della Ccee – sono in discussione in questo Sinodo, di natura squisitamente pastorale».  Erdö ha poi passato in rassegna alcuni dei temi nell’agenda dei 191 padri sinodali. Separati e divorziati – ha ribadito – continuano «ad appartenere alla Chiesa», ma su questo punto il relatore ha invitato a non generalizzare. Perché, ferma restando l’indicazione dell’accoglienza, non è possibile «mettere sullo stesso piano chi ha colpevolmente rotto un matrimonio e chi è stato abbandonato». E ha spiegato che in ogni caso è opportuno studiare la prassi di alcune Chiese ortodosse che prevedono – pur senza mettere in discussione la dottrina dell’indissolubilità – la possibilità di seconde e terze nozze, dopo un cammino penitenziale serio e condiviso. Il presidente della Ccee ha poi accennato anche alla possibilità di snellire le pratiche di nullità, rivedendo l’obbligo della doppia sentenza conforme, evitando però «la meccanicità, l’impressione di concedere il divorzio».