Chiesa

Pentecostali. Traettino: un cambio di passo grazie all'amico Bergoglio

Andrea Galli sabato 19 novembre 2016

«Ci sentiamo con una certa regolarità e ci vediamo anche, quando è necessario» dice Giovanni Treattino del Papa. Fondatore e pastore della Chiesa evangelica della Riconciliazione, Traettino è l’amico di vecchia data di Bergoglio – «ci siamo conosciuti dieci anni fa» – che fu destinatario di una sua celebre visita a Caserta, nel luglio del 2014. Visita che sollevò la curiosità e anche lo stupore di molti: un Pontefice che si prende la briga di andare a trovare un amico... pentecostale. Traettino ha letto l’intervista di Francesco ad Avvenire con l’interesse di chi si sente parte in causa, soprattutto per i passaggi sul dialogo ecumenico e in specifico con il mondo protestante. Lo ha colpito innanzitutto, dice, «l’umiltà non finta dell’uomo, con il suo richiamo costante all’azione dei Papi che lo hanno preceduto, a partire da Giovanni XXIII passando per Paolo VI ecc. Anche se il suo merito personale, nel processo ecumenico di questi anni, è grande». Ancora, lo colpisce «la riaffermata comprensione del Dio cristiano come di un Dio “debo-le”: la misericordia è il nome di Dio ma è anche il suo punto “debole”. Quindi un Dio umile, servo».

A seguire, Traettino sottolinea il tema «dell’evangelizzazione non come proselitismo, ma come attrazione: anche questo discende da una specifica comprensione di Dio attraverso il volto di Cristo. La responsabilità del cristiano, fa capire papa Francesco, è quella di proclamare Cristo, chiamare le persone ad accettarlo come loro Signore e salvatore. Questo non partendo dalle polemiche, dalle discussioni sulle differenze tra gli uni e gli altri, ma partendo dal patrimonio comune, dall’annuncio fondamentale del Vangelo, dell’amore per Dio e dell’amore per gli uomini». L’evento di Lund, in Svezia, ha mostrato il grado di cordialità, altissimo, dei rapporti tra cattolici e luterani. Ma oggi la parte più cospicua e dinamica del mondo protestante è costituita dai pentecostali. E parlare con loro di ecumenismo è assai più complicato... «Bisogna innanzitutto capire – spiega Traettino – che i pentecostali tendono a prendere le distanze dalla storia dell’ecumenismo come è stato impostato e vissuto dal Consiglio mondiale delle Chiese, soprattutto per una riserva nei riguardi della teologia liberale, perché quello pentecostale è un movimento che dal punto di vista teologico è conservatore, soprattutto per quanto riguarda gli aspetti legati all’etica – sui quali è paradossalmente più vicino alla Chiesa cattolica che a diverse denominazioni protestanti».

Poi, continua il pastore pentecostale di Caserta, «c’è stata una storia di ostilità e incomprensioni, in particolare nei primi 50 anni del secolo scorso, quando i pentecostali hanno fatto l’esperienza della persecuzione soprattutto nei Paesi di tradizione cattolica. A livello psicologico ciò ha creato un disagio, un malessere che ha iniziato a essere superato con il Concilio Vaticano II: penso all’amicizia tra Giovanni XXIII e David Du Plessis, pentecostale sudafricano poi vissuto negli Usa. Su questa amicizia si è potuto imbastire un dialogo semi-ufficiale che è stato gestito per molti decenni dal Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani. Ciò è servito a fecondare i rapporti tra Chiesa cattolica e pentecostali. Si è visto che era possibile intendersi, essere amici, comunicare. Quello che però ha fatto Francesco con la visita alla comunità della Chiesa evangelica della Riconciliazione di Caserta e non solo, ha un sapore rivoluzionario: basti pensare ai tanti documenti delle Chiese sudamericane negli anni passati, dove i pentecostali erano individuati come “sette”. Diciamo che il ghiaccio ha cominciato a sciogliersi e le prospettive per il futuro sono molto interessanti».