Chiesa

LA VIA CRUCIS AL COLOSSEO. La speranza dei giovani libanesi sulla Croce di Cristo

sabato 23 marzo 2013
Qual è la strada per la vita eterna? “Gesù ha risposto a questa domanda, che brucia nel più profondo del nostro essere, percorrendo la via della croce”. Hanno inizio con queste parole le meditazioni che saranno lette al Colosseo il 29 marzo, Venerdì Santo, durante il rito della Via Crucis presieduto per la prima volta da Papa Francesco. Le meditazioni, in libreria da lunedì per i tipi della Libreria Editrice Vaticana, sono state preparate da giovani libanesi sotto la guida del Patriarca di Antiochia dei Maroniti, il cardinale Béchara Boutros Raï. Ciascuna stazione è aperta dalle illustrazioni di una Via Crucis del secolo XIX, dipinta da un artigiano francescano palestinese e custodita a Betlemme. Numerosi sono nel testo i rimandi all’Esortazione apostolica post-sinodale di Benedetto XVI Ecclesia in Medio Oriente e le citazioni tratte da santi d’Oriente e dalla liturgia orientale (caldea, copta, maronita, bizantina). La chiamata a seguire il Signore “è rivolta a tutti, in particolare ai giovani e a quanti sono provati dalle divisioni, dalle guerre o dall’ingiustizia e che lottano per essere, in mezzo ai loro fratelli, segni di speranza e operatori di pace”, si legge nell’introduzione. I messaggi contenuti in questa Via Crucis, espressi in un linguaggio suggestivo e poetico, sfiorano ogni categoria di persone. Nella I stazione, in riferimento a Pilato, si nota che sono molti coloro che “impegnano la loro autorità al servizio dell’ingiustizia e calpestano la dignità dell’uomo e il suo diritto alla vita”, concludendo con l’invito perché quanti sono detentori del potere in questo mondo “governino nella giustizia”. Un pensiero alle famiglie si trova nella IV stazione, quella in cui Gesù incontra la Madre. “Nelle nostre famiglie proviamo anche noi le sofferenze causate ai figli dai loro genitori e ai genitori dai loro figli”. La preghiera è che “in questi tempi difficili” i nuclei familiari possano essere “delle oasi d’amore, di pace e di serenità, ad immagine della santa Famiglia di Nazaret”. Al centro della V stazione è la sofferenza che, “accolta nella fede, si trasforma in via di salvezza”. L’esempio di Simone di Cirene, che aiuta Cristo sulla via del Golgota, “ci insegna ad accettare la croce che incontriamo sulle strade della vita”. “La croce della sofferenza e della malattia” va accolta perché il Signore è con noi e ci aiuta a sostenerne il peso. A lui si leva un ringraziamento “per ogni persona malata o sofferente, che sa essere testimone del tuo amore, e per ogni ‘Simone di Cirene’ che tu poni sul nostro cammino”. La VI stazione ci presenta la Veronica che asciuga il volto di Gesù, ricordandoci che il Nazareno è presente “in ogni persona che soffre”. Il Signore insegna “che una persona ferita e dimenticata non perde né il suo valore né la sua dignità” e la preghiera conclusiva è per quanti cercano il suo volto “e lo trovano in quello dei senza dimora, dei poveri e dei bambini, esposti alla violenza e allo sfruttamento”. Nell’VIII stazione Gesù incontra le donne di Gerusalemme. “Il nostro mondo è pieno di madri afflitte, di donne ferite nella loro dignità, violentate dalle discriminazioni, dall’ingiustizia e dalla sofferenza. O Cristo sofferente, sii la loro pace e il balsamo delle loro ferite”. Nell’XI stazione, in cui Gesù è inchiodato sulla croce, si legge: “O Gesù, noi ti preghiamo per tutti i giovani che sono oppressi dalla disperazione, per i giovani vittime della droga, delle sette e delle perversioni. Liberali dalla loro schiavitù”. Lo sguardo degli autori si mantiene vigile sui tanti rischi presenti nell’odierna società. Nella II stazione si riflette su un uomo che “in ogni tempo, ha creduto di potersi sostituire a Dio e determinare da se stesso il bene e il male”. Un uomo che si crede “onnipotente”, in nome “della ragione, del potere o del denaro”. Oggi varie realtà “cercano di espellere Dio dalla vita dell’uomo”. Ad esempio il “laicismo cieco”, che “soffoca i valori della fede e della morale in nome di una presunta difesa dell’uomo”, o il “fondamentalismo violento”, che “prende a pretesto la difesa dei valori religiosi”. “Signore Gesù, (…) non permettere che la ragione umana, che tu hai creato per te, si accontenti delle verità parziali della scienza e della tecnologia senza cercare di porre le domande fondamentali del senso e dell’esistenza” è l’invocazione della III stazione. Di una Chiesa “oppressa sotto la croce delle divisioni che allontanano i cristiani gli uni dagli altri e dall’unità” voluta per loro da Cristo si parla nella IX stazione. Nella XII si prega “perché tutti coloro che promuovono l’aborto prendano coscienza che l’amore non può essere che sorgente di vita”. Un pensiero è rivolto “anche ai difensori dell’eutanasia e a coloro che incoraggiano tecniche e procedimenti che mettono in pericolo la vita umana”. La speranza è che il Signore apra i loro cuori, perché lo conoscano nella verità e “si impegnino nell’edificazione della civiltà della vita e dell’amore”. Costante è il riferimento alle popolazioni del Medio Oriente: “Signore Gesù, (…) ti affidiamo tutti gli uomini e tutti i popoli umiliati e sofferenti, in particolare quelli dell’Oriente martoriato”, si prega nella II stazione. Mentre nella VII il pensiero si volge a “tante nostre situazioni che sembrano senza via d’uscita”. Tra queste, “quelle derivanti dai pregiudizi e dall’odio, che induriscono i nostri cuori e conducono ai conflitti religiosi”. Pertanto si prega: “Vieni Santo Spirito, a consolare e fortificare i cristiani, in particolare quelli del Medio Oriente, affinché uniti a Cristo siano, su una terra lacerata dall’ingiustizia e dai conflitti, i testimoni del suo amore universale”. Nella X stazione, in cui Gesù è spogliato delle vesti, si implora: “Accorda, Signore, ai figli delle Chiese orientali – spogliati da varie difficoltà, a volte perfino dalla persecuzione, e indeboliti dall’emigrazione – il coraggio di restare nei loro Paesi per annunciare la Buona Novella”. Nella XIII stazione la preghiera è “per le vittime delle guerre e della violenza che devastano, in questo nostro tempo, vari Paesi del Medio Oriente, come pure altre parti del mondo”. L’auspicio è che “gli sfollati e i migranti forzati possano tornare al più presto nelle loro case e nelle loro terre”. Intensa l’invocazione: “Fa’, Signore, che il sangue delle vittime innocenti sia il seme di un nuovo Oriente più fraterno, più pacifico e più giusto, e che questo Oriente recuperi lo splendore della sua vocazione di culla di civiltà e di valori spirituali ed umani”. Infine, innanzi a Gesù che viene deposto nel sepolcro, nella XIV stazione, gli autori osservano: “Accettare le difficoltà, gli avvenimenti dolorosi, la morte, esige una speranza salda, una fede viva”. E poi concludono: “Abbiamo ricevuto la libertà di figli di Dio per non ritornare alla schiavitù; la vita ci è stata data in abbondanza, per non accontentarci più di una vita priva di bellezza e di significato”.