Chiesa

Le omelie di Pasqua. Da Genova a Ancona, le riflessioni dei vescovi nelle omelie di Pasqua

martedì 7 aprile 2015
La gioia dell’annuncio di Risurrezione. Ma anche la consapevolezza del dramma che stanno vivendo i cristiani in alcune zone del pianeta. Senza dimenticare i drammi e le difficoltà che si vivono a livello locale nella propria comunità diocesana. È questo il filo rosso che si può trovare nelle omelie dei vescovi durante la Messa di Pasqua. BAGNASCO: LA PREGHIERA SEGNO DI VICINANZA «La preghiera è il primo e più efficace modo della vicinanza ai nostri fratelli» che vengono perseguitati nel mondo, ma serve anche una «nuova consapevolezza della nostra fede». È l’invito rivolto dall’arcivescovo di Genova, cardinale Angelo Bagnasco. Ma le persecuzioni non sono soltanto fuori dall’Europa. «In Occidente la persecuzione non fa strage di sangue, è più subdola e passa attraverso non le armi ma le carte. In nome dell’uomo e della libertà si vuole distruggere l’uomo». Da qui l’esportazione ai «cristiani dell’Occidente » a risvegliare «la fede dal torpore dell’abitudine, della vita comoda, del compromesso che tutto stempera, dalla mondanità che rende la fede annacquata e mondana, dalla paura di essere criticati e derisi». I martiri cristiani sono «anche privati di tutto e uccisi». Per questo in Occidente i cristiani devono essere «testimoni non pusillanimi, non vili, ma umilmente fieri e lietamente coraggiosi». «Il dovere della vicinanza e della condivisione è serio – ha concluso –, ma anche il dovere della speranza è serio. La fede ci dice che il Signore è uscito dalla tomba a vita nuova, gloriosa: con Lui un nuovo mondo è nato, più bello e umano, perché abitato dalla presenza di Dio che è amore, luce, vita». SCOLA: COSTRUIRE NUOVE FORME DI CITTADINANZA Dalle «impressionanti testimonianze di perdono offerto dai martiri cristiani ai loro assassini», sorge un «imponente invito alla conversione», rivolto particolarmente a «noi cristiani d’Europa». Lo ha detto il cardinale Angelo Scola, nell’omelia della Messa di Pasqua celebrata in Duomo. «Partecipando all’Eucaristia, che rende presente ogni giorno il mistero della Pasqua, noi riceviamo la caparra della nostra risurrezione – aveva spiegato appena prima l’arcivescovo di Milano –. Una manifestazione particolarmente luminosa forse la più luminosa - di questo anticipo di vita definitiva è l’esperienza del perdono». Ed «è la fede nella forza della Risurrezione di Gesù a spiegare un fatto del genere: “Per grazia di Dio sono quello che sono – scrive Paolo – e la sua grazia in me non è stata vana”». Pasqua 2015 «rende particolarmente urgente per tutti i cittadini europei, di qualsiasi fede e mondovisione, l’assumere decisamente l’impegno di costruire nuove forme di cittadinanza civica», rompendo indugi e indifferenza. «Questo passaggio, cioè questa pasqua, domanda di dare contenuto realistico» a «quella pace che, come costantemente ci ammonisce papa Francesco, continua ad essere calpestata». NOSIGLIA: RECUPERARE FIDUCIA NELLA VITA C’è una cultura che decide quali vite siano degne di vivere, e quali no. «Purtroppo, oggi sembra che l’uomo non abbia più fiducia nel Dio della vita e si lasci vincere dalla morte – ha detto l’arcivescovo di Torino, Cesare Nosiglia, nell’omelia del giorno di Pasqua –. Quando si arriva a perseguire con il terrorismo e la guerra la strage di innocenti o l’uccisione di persone malate e sofferenti, giustificandola come un atto di amore, o si sopprime la vita nascente giudicandola 'non vita umana' si percorre una strada che scivola sempre più verso la morte legalizzata e addirittura voluta e cercata. Lo spazio della vita umana si restringe progressivamente a scapito dei più deboli ed indifesi». La Pasqua ci annuncia invece che Cristo ha vinto la morte e si è fatto così prossimo ad ogni uomo debole, sofferente, rifiutato ed ingiustamente privato della vita. Chiunque crede in lui – ma anche chiunque crede nell’uomo e nel suo futuro come ci ha creduto lui – lotta e opera perché la vita trionfi sempre e comunque, a costo di pagare di persona come ha pagato lui, rifiutato e deriso fino alla morte. SEPE: IN CAMMINO ALLA RICERCA DI VERITÀ «Ripartiamo dalla visita di papa Francesco alla nostra città per riscoprire il mistero della Pasqua di Risurrezione che deve essere cambiamento, rinascita morale e sociale, riscatto, futuro». È l’appello, che vuole farsi speranza, dell’arcivescovo di Napoli, cardinale Crescenzio Sepe, nell’omelia di Pasqua. «Cristo è risorto. Una verità sconvolgente che, duemila anni fa, ha fatto rinascere a vita nuova l’umanità intera – prosegue l’arcivescovo – e che continua a interrogarci come cristiani e come cittadini di questo mondo, perché dobbiamo sentirci sempre in cammino alla ricerca della verità». Il pastore di Napoli si rivolge a «credenti e non credenti perché tutti – dice – siamo chiamati a cercare quella verità che deve portare al cambiamento, al riscatto, a vita nuova, passando dalla sofferenza per le difficoltà del vivere alla gioia e alla speranza di futuro». «È questo il senso degli auguri che oggi – conclude Sepe – rivolgo a giovani, donne, lavoratori, disoccupati, ammalati, anziani, bambini, famiglie perché Cristo Risorto cambi le nostre coscienze, la nostra vita». ROMEO: AL CENTRO L’INCONTRO CON GESÙ «Possiamo ancora parlare di novità dell’annuncio pasquale? Siamo ancora impressionati dalla Risurrezione di Cristo? », chiede il cardinale Paolo Romeo, arcivescovo di Palermo, durante l’omelia di Pasqua. «Abbiamo attraversato il cammino della Quaresima mossi dallo Spirito di Dio all’incontro con il Signore. La notte appena trascorsa non è e, non deve essere per noi cristiani, una notte qualunque. La gioia che la luce del cero pasquale ha emanato nelle tenebre delle nostre chiese questa notte, è la speranza viva e ardente che vuole illuminare le oscurità delle nostre vite». È necessario però recuperare «quella dimensione essenziale del nostro essere cristiani: ovvero l’esperienza di Cristo. Trattati, tesi, discorsi su Cristo, a nulla valgono se non trasmettono l’evento di un incontro personale e reale con il Signore risorto. Da questo ci accorgiamo come spesso tante nostre attività e tanti nostri buoni propositi di evangelizzazione falliscono. Lo ripeto, cari figli, senza l’incontro con Lui, ogni nostra parola è priva di vita». BETORI: C’È DIFFUSA SETE DI AUTENTICITÀ La Pasqua, per il cardinale Giuseppe Betori, «è un annuncio di speranza consolante nelle traversie di una storia, quella umana, in cui gli orizzonti tenebrosi del male non sembrano scomparire». L’arcivescovo di Firenze lo ha detto nella Veglia della notte santa «avendo davanti agli occhi le recenti stragi di cristiani nel mondo», che «soltanto perché cristiani, sono diventati preda della furia omicida». Per cui «solo nella fede in un Dio che ama l’uomo oltre la morte e mostra la potenza di questo suo amore nella Risurrezione del suo Figlio, è possibile non lasciarci vincere dalla disperazione ». Nell’omelia del giorno, Betori ha parlato della «sete di autenticità diffusa anche nel nostro tempo» in cui «siamo affascinati ma anche impauriti di fronte alle possibilità di manipolazione che la tecnica offre». Sembra che tutto possa essere considerato relativo e ciascuno possa aspirare ai propri desideri come a diritti. In realtà, «siamo di fronte a una pericolosa involuzione dell’umanità, che scambia il progresso con la perdita di ogni ancoraggio a una forma condivisa dell’umano». BASSETTI: I NOSTRI FALLIMENTI RISCATTATI DA CRISTO L’arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, cardinale Gualtiero Bassetti, sceglie la Messa di Pasqua che presiede in Cattedrale per indicare «il programma stupendo e luminoso » che possono abbracciare «coloro che con Cristo vogliono intraprendere una vita nuova». «Tenerezza», «bontà», «umiltà», «mansuetudine» e impegno a «perdonarsi gli uni e gli altri» sono i punti fermi che «il cristiano deve gustare», sottolinea Bassetti. Ma, aggiunge, «al vertice di tutto sta la carità» perché «l’amore è quella forza stupenda che abbatte ogni barriera e costruisce una nuova armonia nel proprio cuore e nel rapporto con gli altri e con le cose». Eppure, nota il cardinale, la «buona notizia» della Risurrezione è circondata «ancora da tanto buio». «È il buio di questo mondo – sottolinea – in cui sembra prevalere la violenza, in cui sembrano vincere i trenta denari di Giuda e la bramosia del possedere, su cui incombono terribili conflitti armati». Ed è anche «un buio che mette forse in crisi la fede di alcune persone». Ma, se «chi è stanco e sfiduciato corre al sepolcro vuoto», allora «tutto cambia». Perché «la Pasqua apre le porte del cuore che si sono chiuse nella tristezza, nel senso di fallimento e nella delusione». CAFFARRA: LA RISURREZIONE CI DÀ DIRITTO ALLA SPERANZA L’annuncio di Pasqua come un «big bang» che cambia alla radice essere umano e la sua auto coscienza, e per questo origine non solo di un uomo nuovo, ma di una rinnovata società. Questo il messaggio che il cardinale Carlo Caffarra ha rivolto nella Messa del giorno di Pasqua nella Cattedrale di San Pietro a Bologna. «Cari fedeli, nel momento della Risurrezione entra nella nostra “pasta umana” un’energia di vita divina, che la rinnova radicalmente – ha detto l’arcivescovo di Bologna –. È una sorta di big-bang che dà inizio ad una nuova creazione». Un evento che irrompe nella storia, e che dà all’uomo il diritto di sperare: «Vivere in eterno non solo dopo la morte, ma già ora partecipare alla vita di Gesù risorto». E questo a livello individuale ma anche sociale. «Avviene infatti un cambiamento profondo nella coscienza che ogni uomo ha di se stesso – ha spiegato il cardinale Caffarra – non è più un frammento casuale dentro un tutto privo di senso, destinato alla fine a divenire un pugno di polvere. Cambiando la coscienza che l’uomo ha di se stesso, faticosamente e gradualmente anche l’assetto politico, giuridico-istituzionale, ed economico della società non può non cambiare. La speranza cristiana libera l’uomo anche dalle false speranze: che possa esistere un assetto giuridico, politico, economico della società tale da rendere inutile l’esercizio delle virtù e da essere immunizzati dal rischio di una libertà che può comunque scegliere il male». MORAGLIA: CONDIVIDERE TUTTE LE FORME DI CARITÀ «Il cristiano vive la Pasqua innanzitutto col cuore e la esprime quindi con tutta la vita, una vita capace di condividere le ferite e le lacrime che segnano i corpi e le anime dei nostri fratelli. A Pasqua è proprio Gesù – nel suo vero corpo, martoriato nella passione – a risuscitare». Lo ha detto il patriarca di Venezia, Francesco Moraglia, nell’omelia di Pasqua nella Basilica di San Marco. Dopo aver precisato che la carità non riguarda solamente i corpi, il patriarca ha ricordato che il Vangelo ci chiede anche la carità spirituale: esistono infatti pure le opere di carità spirituali, tra le quali vi è la carità intellettuale. «Il cristiano è così chiamato a condividere il cibo con l’affamato, il vestito con chi ne è privo, la casa con chi non ha un tetto sotto cui ripararsi ma, a partire dalla Pasqua – ha aggiunto Moraglia, invitando a far memoria dei cristiani uccisi in Kenya – per il cristiano è essenziale condividere la gioia della fede e riscoprire il senso pieno della vita, sia nel tempo sia nell’eternità. E questo senso pieno è Gesù, risorto dai morti». MONTENEGRO: L’AUGURIO PASQUALE È RIVOLTO A TUTTI Scambiarsi gli auguri di buon Pasqua «significa che non possiamo e non dobbiamo dire la parola “basta”. Sembrava che tutto dovesse finire sul Golgota e invece Gesù ci ha sorpreso con la domenica di Risurrezione». Il cardinale Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento, ricorda che Cristo «ci dice oggi di aiutarlo a risorgere. I segni della Passione che ha addosso sono i segni di uomini, donne, bambini, che portano il peso della sofferenza. Gesù vuole che questa gente risorga e chiede a noi di dare una mano». L’annuncio della Pasqua raggiunga allora le «famiglie che sono in difficoltà, che hanno perso il lavoro, la casa, in cui l’amore non è forte», «quei bambini che vedono il futuro grigio», «i giovani che sono disoccupati, gli studenti che dopo la laurea o il diploma hanno davanti un punto interrogativo: non arrendetevi, non alzate bandiera bianca, non finite di sognare, altrimenti avrete messo una pietra sulla tomba della vita». MENICHELLI: LA LUCE VINCA IL DUELLO CON LE TENEBRE «Il simbolo della speranza pasquale – ha affermato il cardinal Edoardo Menichelli, arcivescovo di Ancona-Osimo, nell’omelia in Cattedrale di San Ciriaco – è tutto nella pietra del sepolcro. Le donne vanno a trovare Gesù, chiedendosi: “Chi ci aiuterà a rovesciare la pesante pietra?”. La trovano già rotolata. Se ci affidiamo con speranza al Signore, lui ci aiuta. Non possiamo entrare nel mistero con la sola intelligenza. Non basta. Occorre contemplazione. Occorre chiedersi: questo mistero entra nella mia vita, da senso ai nostri giorni? La Pasqua rappresenta anche un duello: fra tenebre e luce, tra peccato e perdono, tra morte e vita, tra potere e servizio. La Pasqua celebra la vita nella dimensione del bene, con libertà: è anche ricerca del benessere, intendendo con questo termine l’equilibrio complessivo della persona. L’augurio che posso farvi – ha concluso l’arcivescovo –, è che ognuno di voi prenda dentro di sé uno di questi duelli, e cerchi di vincerlo, facendo proprio il senso di speranza della Pasqua».  Hanno collaborato Rosanna Borzillo, Marco Bonatti, Michela Conficconi, Francesco Dal Mas, Andrea Fagioli, Giacomo Gambassi, Lorenzo Rosoli, Adriano Torti, Alessandra Turrisi, Vincenzo Varagona © RIPRODUZIONE RISERVATA Il Polittico Averoldi, dipinto a olio su tavola di Tiziano, conservato nella collegiata dei Santi Nazaro e Celso a Brescia