Chiesa

L'indagine. Sindone, tutti i limiti e i dubbi sulla datazione del 1988

Marco Bonatti venerdì 18 settembre 2020

Un’immagine usata nel 1988 per spiegare i risultati della datazione

Che cosa non andava, nelle prove di datazione con il metodo del Carbonio 14 eseguite nel 1988 sulla Sindone? In questi trent’anni la diffidenza e le critiche per le modalità con cui vennero preparati ed eseguiti quegli esami sono cresciute ovunque, e non solo negli ambienti di stretta osservanza cattolica. Ora è un gruppo di scienziati a compiere una revisione complessiva di quegli esami, offrendo (finalmente) una lettura organica delle criticità che si sono riscontrate.

Coordinati da Paolo di Lazzaro, direttore di ricerca all’Enea di Frascati e vicedirettore del Centro studi sulla Sindone di Torino, scienziati italiani e britannici riprendono in mano i materiali disponibili e provano a ricostruire non tanto la trama dei fatti (e degli intrighi, se ci furono), quanto a analizzare minuziosamente i vari passaggi che portarono al risultato della datazione medievale della Sindone, annunciato dal cardinale Ballestrero il 13 ottobre 1988.

Con Di Lazzaro firmano la ricerca i professori Paola Jacomussi (Inrim Torino), Antony Atkinson (London School of Economics), Marco Riani (Università di Parma), Marco Ricci (Novara), Peter Wadhams (Cambridge). Il lavoro è stato pubblicato sulla rivista scientifica “ Entropy”.

È mettendo insieme i pezzi che pren- dono forma e forza anche le critiche avanzate in questi anni. Critiche che riguardano, prima di tutto, la scarsa trasparenza nella gestione delle informazioni; e anche le modalità anomale con cui vennero comunicati i risultati: la rivista “ Nature” uscì con il rapporto scientifico ufficiale ad appena 4 mesi dalla comunicazione dei risultati - un intervallo di tempo irrisorio, per un articolo che avrebbe dovuto fornire la documentazione completa di ogni singola operazione compiuta.

Il lavoro di Di Lazzaro e dei suoi partner è divenuto possibile dopo che, nel 2017, sono state rese disponibili le documentazioni relative alla statistica dei dati di lavoro dei 3 laboratori che eseguirono la prova sui campioni sindonici (Oxford, Zurigo e Tucson). Per ottenere la disponibilità dei dati è stato necessario ricorrere ad una richiesta legale, nell’ambito della Legge europea sulla libertà di accesso ai dati amministrativi: altrimenti il British Museum, responsabile della conservazione dei dati, non li avrebbe mai forniti - ogni richiesta avanzata nei 29 anni precedenti era stata rifiutata…

La ricerca pubblicata in questi giorni entra poi nel merito di valutazioni tecniche specifiche sull’uso non corretto che i laboratori hanno fatto dei campioni e sulle criticità dell’operazione di datazione messe in evidenza da approfondite indagini statistiche effettuate in quest’ultimo decennio. Nel futuro della ricerca scientifica sulla Sindone ci sono esami ovviamente non invasivi, tra i quali la datazione dei fili carbonizzati della Sindone e del telo d’Olanda asportati durante il restauro del 2002 e conservati anche a scopo di studio.

Più volte Di Lazzaro e i suoi collaboratori tornano a richiamare quel lavoro che rimane il punto di riferimento per le ricerche moderne, vale a dire i risultati delle indagini dello STuRP (Shroud of Turin research project), eseguiti nel 1978. Nel frattempo appare sempre più vero quanto disse il cardinale Anastasio Ballestrero commentando i risultati della prova al C14: la scienza ha chiesto fiducia, la Chiesa ha concesso fiducia. Ma «scienza genera scienza. Quello di oggi è un capitolo doloroso, ma si tornerà a studiare e ad approfondire. Intanto guardiamola ancora! Ci dice tutto, proprio tutto sulla Passione di Gesù. È questo che conta».