Chiesa

Testimoni della fede. La Chiesa ha sei nuovi «venerabili»: gli italiani sono quattro

Riccardo Maccioni venerdì 20 gennaio 2023

Quattro dei nuovi venerabili. In alto Bertilla Antoniazzi e Miguel Costa y Llobera; in basso, a sinistra, Vicente López de Uralde Lazcano e Giovanni Barra

Quattro sacerdoti, una religiosa e una laica. Tra loro l’evangelizzatore impegnato nel “riscatto” dei contadini, la monaca con le stimmate, la ragazza morta ventenne che si spese interamente per i malati e per riavvicinare i peccatori a Dio. Complessivamente la Chiesa ha sei i nuovi venerabili, cioè persone indicate come modelli, come testimoni straordinari del Vangelo.

Il Papa durante l’udienza al cardinale Marcello Semeraro prefetto del Dicastero delle cause dei santi, ha autorizzato il decreto che riconosce le virtù eroiche di questi testimoni della fede che ora attendono il riconoscimento di un miracolo per arrivare agli onori degli altari. Sono però solo due i Paesi rappresentanti in questa nuova tornata di esempi di fede e umiltà da conoscere e imitare: l’Italia, che ne conta ben quattro, e la Spagna.

Era infatti nato il 18 marzo 1854 a Pollensa, sull’isola di Maiorca, Miguel Costa y Llobera, letterato e poeta ma soprattutto uomo di preghiera e predicatore, oltreché instancabile confessore. Canonico della Cattedrale di Maiorca, la terra dove sarebbe morto il 16 ottobre 1922, la gente lo definiva «muy piadoso e illustardo» cioè «molto pio e illuminato».

Spagnolo anche Vicente López de Uralde Lazcano, sacerdote professo della Compagnia di Maria, nato il 22 gennaio 1894 a Vitoria e morto il 15 settembre 1990 a Cadice. Di lui le testimonianze sottolineano la grande qualità di insegnante amatissimo dagli studenti cui sapeva trasmettere, oltre alla cultura, pace e bontà. Per 62 anni nel Collegio “San Filippo Neri” di Cadice, durante la guerra civile e le persecuzione anti religiosa, malgrado l’Istituto fosse occupato dall’esercito, riuscì a difendere i ragazzi e a mettere in salvo l’Eucaristia.

Calabrese di Rogliano, nel Cosentino, dove aveva visto la luce il 13 aprile 1888 il neo venerabile Gaetano Francesco Mauro fu invece un sacerdote diocesano italiano. Cappellano militare in Friuli durante la Prima Guerra mondiale, finì prigioniero nei campi di concentramento ammalandosi di tubercolosi. Al ritorno in Calabria si dedicò soprattutto a diffondere il Vangelo nelle zone agricole e a difendere i diritti dei contadini. Un impegnò che sfociò nell’Associazione religiosa degli oratori rurali e poi nella fondazione della Congregazione dei Pii operai catechisti rurali più noti con il nome di “ardorini”. Morì il 31 dicembre 1969 a Montalto Uffugo.

Nel nostro ideale viaggio sulla via della santità ci spostiamo ora in Piemonte per incontrare don Giovanni Barra, sacerdote diocesano, che senza nessun dubbio è possibile definire un prete felice di esserlo, come scrisse egli stesso. Nato il 13 gennaio 1914 a Riva di Pinerolo per morire il 28 gennaio 1975 a Torino, dopo una breve esperienza tra i Missionari della Consolata si impegnò in diocesi dove tra le altre cose fu parroco, assistente dell’Associazione giovanile di Azione Cattolica e fondatore di una sezione della Fuci, aprendo inoltre una casa alpina per giovani a Pragelato. Nel 1969 gli venne affidato l’incarico di rettore del Seminario vocazioni adulte di Torino. Morì nel capoluogo subalpino a causa di un blocco intestinale seguito a un intervento chirurgico.

Era una contemplativa di profonda spiritualità Maria Margherita Diomira del Verbo Incarnato (al secolo Maria Allegri), religiosa professa della Congregazione delle Stabilite nella Carità del Buon Pastore. Nata il 26 aprile 1651 a Firenzuola la sua vita fu contrassegnata da visioni, estasi fino a ricevere le stimmate. Morì il 17 dicembre 1677 a Firenze.

Molto breve infine l’esistenza di Bertilla Antoniazzi, nata il 10 novembre 1944 a San Pietro Mussolino e morta il 22 ottobre 1964 a Vicenza. Una vita, la sua, di continua malattia, spesa per consolare i sofferenti e riportare i lontani a Dio attraverso l’offerta della preghiera e del suo stesso male fisico.