Chiesa

Il romanzo. Ravagnani: racconto un Dio che parla i nostri linguaggi

Matteo Liut martedì 15 giugno 2021

Don Alberto Ravagnani, con il suo primo libro, insieme a due ragazzi dell’oratorio in una foto dal suo profilo Instagram

Non c’è solo la storia di due ragazzi le cui vite s’incrociano in oratorio producendo frutti inaspettati, non c’è solo il racconto del lavoro di un prete impegnato a far crescere i suoi ragazzi, non c’è solo il ritratto di un frammento di vita di parrocchia: nel libro «La tua vita e la mia» di don Alberto Ravagnani c’è molto di più. C’è sullo sfondo una Chiesa capace di farsi compagna di strada dell’umanità, c’è una comunità che s’interroga su come offrire al mondo contemporaneo un frammento della vita di Dio, e poi c’è tutta la riflessione sui temi più importanti dell’esistenza come l’amore, l’amicizia, i rapporti familiari, le ferite, gli abusi, la malattia, la morte.

Insomma, nel romanzo di esordio in uscita oggi in libreria, edito da Rizzoli (288 pagine, 16 euro), la storia di Federico e Riccardo, due adolescenti di Busto Arsizio, ci accompagna dentro le pieghe di una quotidianità intessuta da esperienze diverse destinate a incrociarsi e a mostrare il volto di un Dio che si fa presente nella vita di ognuno in modi sempre imprevedibili. Sono pagine che nascono dall’esperienza personale di don Ravagnani, sacerdote di 28 anni, ordinato nel 2018, e fattosi conoscere da molti utenti del web grazie al suo canale Youtube «Viva la fede» e poi al suo «Doncast», il podcast realizzato con l’aiuto di una ventina di ragazzi.

La storia dell’improbabile amicizia tra Federico e Riccardo, accompagnati dal prete del loro oratorio, diventa l’occasione per narrare il volto di una Chiesa che evangelizza usando stili e mezzi del nostro tempo

«Il libro – ci racconta – nasce dalla mia esperienza in oratorio, soprattutto quella fatta qui a Busto Arsizio da sacerdote. Ho raccontato una storia che in qualche modo ha per protagonisti i miei ragazzi. Gli eventi narrati sono di fantasia ma rispecchiano quello che si vive ogni giorno in oratorio, dove si ritrovano i ragazzi "bravi", di buona famiglia, e quelli "meno bravi", alle volte disagiati, o anche quelli stigmatizzati, che poi in realtà spesso diventando amici degli altri, dopo pochi incontri, trovano il modo di riscattarsi».

La storia, prosegue don Alberto, «l’ho pensata anche insieme a quei ragazzi. Nel momento in cui mi sono messo a pensare questo racconto li ho interpellati, li ho ascoltati, ho fatto loro delle domande, ho tentato di capire cosa potesse interessarli di più. Quindi nel prodotto finale, certo, c’è la mia creatività, però c’è anche il contributo dei ragazzi: dietro alla stesura del libro ci sono anche le loro vite».

Don Andrea, il prete che aiuta e sostiene i protagonisti, è «un prete normale», sottolinea Ravagnani. «È l’immagine dei preti reali, quelli che vivono in parrocchia e che hanno a che fare con i ragazzi tutti i giorni. È un prete che – sottolinea l’autore –, mettendosi accanto ai ragazzi, con i loro linguaggi, ascoltando le loro esigenze e i loro drammi, riesce in qualche modo a portare una buona notizia nella loro vita, quindi effettivamente a evangelizzare».

Quello che vive il don Andrea del romanzo pare andare proprio nella direzione indicata dal Sinodo dei giovani, in un continuo sforzo di camminare accanto alle nuove generazioni. E dietro forse c’è l’immagine di «una Chiesa in cerca di rinnovamento, che, come una foresta, sta crescendo», nota don Ravagnani, i cui video sono noti per lo stile diretto, spontaneo, incalzante. Il suo canale Youtube offre approfondimenti su temi importanti e intensi che toccano tutti ma vengono offerti con uno stile leggero, a tratti ironico (e autoironico).

«In realtà – tiene a sottolineare Ravagnani – quello che si vede sullo schermo non è la totalità della mia vita: io sono un prete diocesano che risponde al vescovo e che ha un incarico in una parrocchia, in un oratorio (il San Filippo Neri a Busto) e a scuola (il liceo scientifico «Arturo Tosi»), e vive in mezzo alla gente della parrocchia. E proprio perché vivo in mezzo alla gente e sono figlio di questi tempi tento di fare il prete anche attraverso i mezzi di comunicazione, che tutti quanti oggi abitano. I social network oggi per il mondo non sono più una novità, per cui io, così come vivo con disinvoltura sul campo dell’oratorio, cerco di fare altrettanto nel campo dei social network». E la pandemia, conclude don Alberto, «ci ha dato uno scossone, ha rimesso in gioco le carte. E ora queste carte le abbiamo in mano: spetta a noi giocarle bene».