Chiesa

RIMINI. Il «parrocchione» sborsa tutto e di più perfino per il rudere inutilizzato

Paolo Guiducci venerdì 16 dicembre 2011
​Guarda dall’alto in basso tutta la città, grazie al suo campanile che è il più alto di Rimini. Ma quando c’è da contribuire, versando le quote dovute di Ici e imposte previste, la parrocchia di Sant’Agostino non fa certo pesare la sua altezza. «Ma quali regalie, ma quali esenzioni! Noi paghiamo tutte le tasse, fino all’ultimo spicciolo, com’è giusto che sia. Per favore non raccontiamo però di benefit e privilegi. Qui si sta montando un polverone ad arte». Monsignor Dino Paesani, 72 anni, è il parroco in solido – cioè il moderatore – di Sant’Agostino, comunemente indicato dai residenti come il "parrocchione", la grande parrocchia che comprende tutto il centro storico di Rimini. Il patrimonio immobiliare del "parrocchione" è ragguardevole: oltre alle chiese, come Sant’Agostino, del XIII secolo, con affreschi di scuola giottesca e pregiati stucchi, i Servi, un bellissimo esempio settecentesco, e San Nicolò, comprende tutte le pertinenze (aule di catechismo, spazi annessi e frange di cortili interni), la vecchia canonica di San Nicolò, il cinema Sant’Agostino (ora chiuso), una casa colonica a Montecieco (in periferia) e una palazzina sul corso cittadino. «Il consiglio per gli affari economici ha deciso di trasformarla in appartamenti, tutti regolarmente affittati – spiega don Dino facendosi largo tra le carte. – In pratica, a parte le chiese, su tutto il resto paghiamo le imposte senza godere di sgravio alcuno. Persino sulla casa di Montecieco». Perché, quale particolarità avrà mai quella casa colonica in campagna, a pochi chilometri dalla città? «È stata ristrutturata di recente ed è utilizzata per le attività pastorali. Ospita incontri, convivenze, piccoli ritiri della nostra e di altre parrocchie che la richiedono, ma è accatastata come civile abitazione e dunque paga l’Ici». Totale: 7.026 euro versati all’erario nel 2011, come dimostrano i moduli F24 utilizzati per il pagamento, ai quali vanno aggiunti 513 euro di tassa di scopo, un balzello aggiunto dal Comune di Rimini. «A voler essere precisi, c’è un’ulteriore coda» fa notare il moderatore: un rudere sito in provincia di Cagli, nelle Marche; un lascito, donato alla parrocchia con il preciso vincolo di farne casa per ferie per ragazzi. Ma «rimetterlo in ordine costa 2 milioni di euro, non possiamo permettercelo. Casa e terreno sono inutilizzati, ma paghiamo altri 206 euro di Ici». Senza sconti. «E non possiamo neppure recuperare l’Iva, al 21% – aggiunge Paesani. – Cifre cospicue, quando si interviene in lavori di restauro. Quasi 1 milione di euro per Sant’Agostino. Un gioiello dell’arte e della storia riminesi, un patrimonio di tutta la città. Eppure l’abbiamo restaurata pezzo per pezzo, contando solo sulle forze della parrocchia». Lo testimoniano i bilanci, quelli che – nero su bianco – ogni anno il parroco e il consiglio per gli affari economici inviano a tutte le famiglie.