Chiesa

ANCONA. Congresso eucaristico: affettività, troppi “senza”

domenica 4 settembre 2011
“La sfera affettiva del nostro tempo può essere definita come ‘cultura dei senza’: sesso senza amore, amore senza matrimonio, matrimonio senza figli”: lo ha detto questa mattina ad Ancona Ina Siviglia, docente alla Facoltà teologica di Palermo, richiamando un pensiero di Amedeo Cencini nella relazione a due voci con Domenico Simeone (docente all’Università Cattolica) sul tema dell’affettività. I fenomeni “molto diffusi” cui assistiamo – ha affermato – riguardano “rapporti sessuali estemporanei fuori da ogni progetto di vita comune, convivenze, diminuzione del numero delle nascite, aumento delle relazioni tra omosessuali, pratica diffusa dell’aborto, separazioni, divorzi”. Tutto questo – ha aggiunto – “deve indurci ad analisi e riflessioni molto puntuali che, evitando un moralismo esagerato, conducano ad una progettualità educativa che sappia accompagnare in maniera continuativa il bambino, il ragazzo, il giovane”. Il fine – ha poi rimarcato – “è quello di condurre a una maturazione adeguata e responsabile della sfera affettiva”.“Nella mentalità corrente della nostra società, pensando ai numerosi adolescenti che vivono le prime esperienze sessuali, ai giovani che decidono di convivere piuttosto che celebrare il sacramento del matrimonio, alle giovani coppie alle prese con i problemi relativi alla morale coniugale, o a quanti fanno i conti con esperienze di tipo omosessuale, o ancora ai divorziati risposati” c’è la tendenza “a pensare che l’Eucarestia sia per i ‘sani’”: lo ha detto la teologa Ina Siviglia nella sua relazione odierna sull’affettività. Invece – ha ricordato – le parole di Gesù “non sono i sani che hanno bisogno del medico”. Quindi ha affermato che l’Eucarestia “è il cibo dei viandanti, dei deboli, dei malati, dei peccatori che aspirano alla santità, cioè all’unione totale col Cristo morto e risorto”. Il “cibo eucaristico” opera “una vera e propria trasformazione, cambiando l’essere umano in tutte le sue componenti fisiche, psichiche e spirituali” e “conformando i credenti a Cristo”.“L’incertezza esistenziale che qualifica la società contemporanea aumenta le difficoltà dei giovani a compiere scelte rilevanti e percepite dai soggetti come ‘irreversibili. Sono giovani per certi aspetti determinati e autonomi, ma tale determinazione e autonomia, che si manifesta quando si muovono sull’asse del presente, segna il passo allorché sono chiamati a sintonizzarsi sulla linea della continuità temporale”: lo ha detto oggi ad Ancona il pedagogista dell’Università Cattolica e presidente della Confederazione dei Consultori di Ispirazione Cristiana, Domenico Simeone. Nella sua relazione, ha notato che oggi, “di fronte alla necessità di compiere scelte, l’autonomia cede il passo all’insicurezza. Per far fronte alle esigenze di una prospettiva progettuale, i giovani hanno bisogno di orientamento, di qualcuno che insegni loro a mediare il desiderio”. Simeone ha notato che, a questo riguardo, va riconsiderato il ruolo della famiglia perché, pur nelle “modifiche delle relazioni e dei vissuti al suo interno”, il suo compito educativo, specie da parte dei genitori, “resta immutato”. In particolare “l’educazione è un dovere essenziale, perché connesso alla trasmissione della vita; originale e primario rispetto al compito educativo di altri soggetti; insostituibile e inalienabile, nel senso che non può essere delegato né surrogato.L’importanza dell’affettività oggi rappresenta per Simeone una “occasione” di sviluppo di un rapporto educativo. Infatti, ha affermato, “l’esperienza dell’amore spinge i giovani ad uscire da sé per approdare al territorio dell’altro. Questo ‘decentramento’ permette di avvicinarsi all’altro, di conoscerlo, di comprenderlo e di amarlo. Questo amore diviene ‘fecondo’ quando è aperto al dono e alla vita”. Il pedagogista ha proseguito ricordando che “per giungere all’amore adulto è necessario passare dall’amore-che-prende all’amore-che-dà, realizzando cioè il dono di sé. Possiamo descrivere il processo di crescita – ha detto - come un passaggio dall’amore egocentrico all’amore progettuale, indicando il percorso che la persona compie e che genitori ed educatori hanno il dovere di promuovere”. Infine, ha messo in luce l’urgenza di “aiutare i giovani a compiere, attraverso l’esperienza d’amore, la transizione dalla centralità dell’io alla centralità dell’altro, per attuare la conversione di Narciso, cioè il trapasso “dal pensiero di me all’impegno per chi mi sta di fronte, senza di che non vi è adito alla maturità personale”. IL CARDINALE RE: OGNI UOMO E OGNI DONNA SONO FRATELLI “In un tempo in cui la globalizzazione moltiplica i contatti e i legami tra le persone e tra le popolazioni, dobbiamo prendere coscienza che ogni uomo ed ogni donna sono nostri fratelli”. È un invito alla solidarietà quello che il card. Giovanni Battista Re, presente al Congresso eucaristico nazionale (Cen) come Legato pontificio, ha rivolto questa mattina a Jesi, commentando nell’omelia il brano della moltiplicazione dei pani e dei pesci. “Oggi, la parola solidarietà – ha ricordato – è spesso usata come una bandiera, come una parola molto quotata, ma purtroppo è poco messa in pratica. I problemi della povertà, del sottosviluppo, della fame nel mondo non saranno mai risolti se non vi sarà davvero senso di solidarietà. Anche la presente crisi economica e finanziaria richiede un più grande spirito di solidarietà, che porti a superare gli individualismi, le avidità, la sfrenata speculazione, mettendo al centro le persone e puntando sul bene di tutti”. Il card. Re ha poi sottolineato la “fame di verità, di giustizia, di libertà, di amore e di solidarietà” che hanno “ogni uomo e ogni donna”. È “fame anche di Dio”, “una fame spirituale spesso non riconosciuta. Siamo affamati e assetati – ha aggiunto – di valori che diano un senso alla nostra attività e uno scopo alla nostra esistenza, una ragione alla nostra sofferenza, una pienezza al nostro cuore”. MONS. BERTELLO: COSTRUIRE LA CIVILTA' DELL'AMORE Nella odierna società, che viene definita ‘liquida’ e che sembra senza riferimenti, per noi cristiani c’è un riferimento sicuro: Gesù”: lo ha detto nell’omelia della odierna messa mattutina nella terza giornata del XXV Congresso eucaristico nazionale dedicata al tema della vita affettiva, l’arcivescovo mons. Giuseppe Bertello, neo-presidente del Governatorato della Città del Vaticano. “Noi credenti sappiamo che è Dio che dirige le cose, che sa ‘moltiplicare i pani’, non sono i grandi mezzi e neanche le tecnologie che sono strumenti da mettere al servizio dell’umanità e dell’evangelizzazione. Noi sappiamo che prima di ogni cosa c’è la Grazia di Dio”. Riferendosi ancora al miracolo della moltiplicazione dei pani, mons. Bertello ha aggiunto: “Come Gesù ha saziato fisicamente tutti, così noi dobbiamo preoccuparci perché tutti possano vivere nella società disponendo dei beni necessari, e questo è l’aspetto sociale dell’Eucarestia”. Toccando poi il tema dell’ “affettività”, uno dei cinque ambiti su cui si rifletterà al CEN, mons. Bertello ha sottolineato che “dobbiamo costruire la civiltà dell’amore, altrimenti la nostra carità si inaridisce e i rapporti diventano impersonali e freddi”. Ha concluso dicendo che “siamo chiamati a dare calore umano attraverso il quale vogliamo trasmettere l’amore di Gesù a tutti”.