Chiesa

L'intervista all'arcivescovo di Chieti-Vasto. Forte: «In Polonia per interrogarsi sulla vita»

STEFANIA FALASCA giovedì 21 luglio 2016
«Per i ragazzi è importante anche la settimana di gemellaggio che precede le giornate di Cracovia». L’arcivescovo di Chieti-Vasto, Bruno Forte, è stato uno dei primi vescovi a raggiungere i ragazzi della propria diocesi a Torun, la città di Copernico, sulle rive della Vistola. I ragazzi della sua diocesi sono tra le avanguardie degli italiani in Polonia per la Gmg… Sì, non abbiamo voluto perdere la settimana di gemellaggio. I giovani – 150 fra quelli radunati dalla pastorale giovanile, di vari movimenti e del Cammino neocatecumenale – sono partiti lunedì e già si trovano presso le famiglie che li ospitano a Torun. Faremo poi una visita a Danzica, andremo a Czestochowa e infine a Cracovia. L’arco di età va dai 16 ai 30 anni. Il numero maggiore è rappresentato dalla fascia dei ventenni. Questa volta abbiamo avuto meno adesioni rispetto alle Gmg precedenti: probabilmente incidono la crisi economica e qualche timore legato alle vicende recenti. Per loro si tratta di un ritorno o di una prima volta? La componente maggioritaria è alla prima esperienza. Per i più giovani è un fatto assolutamente nuovo. Questo ha una sua importanza da non sottovalutare, perché se da una parte la Gmg è una potenziale attrazione, dall’altra c’è mancanza di conoscenza del modello. Questi giovani non hanno memoria di quello che è stato. Molti non hanno neppure il ricordo chiaro dell’opera di Giovanni Paolo II: è perciò evidente che per tanti ragazzi di oggi la Gmg di Cracovia non è un “ritorno a casa”. Sarebbe interessante anche fare una casistica su quale sia la componente di ritorno, cioè quanti hanno già partecipato a una o più Gmg. Queste riflessioni potrebbero servire sia ai sacerdoti che li accompagnano sia per rivedere eventualmente alcune formule. Che cosa comporta prendere atto del cambiamento? Abbiamo di fronte un’altra generazione. Ma non solo: ci troviamo oggi in un contesto generale profondamente mutato rispetto a quando iniziarono le Giornate mondiali della gioventù. Un conto era l’Europa in un mondo ancora diviso in blocchi negli anni Ottanta, quando vi fu la prima Gmg. Un altro è oggi la complessità del villaggio globale con tutti i problemi che questo comporta, compresa la relazione in parte nuova tra le religioni, dovuta ai fenomeni migratori ma anche al problema degli islamisti che strumentalizzano la religione. Considerando nel suo insieme il contesto, si dovrebbe avviare una riflessione e vedere se la formula classica delle Gmg va mantenuta così com’è o cambiata in alcuni aspetti. Su quali punti, ad esempio? Se la maggioranza dei giovani è alla prima esperienza, le catechesi risultano un impegno molto forte. È necessario tenere presente la possibilità di una diversa partecipazione interattiva per coinvolgere la riflessione comune, e qualcosa in questo senso si è già mosso. Certamente la Gmg è una esperienza valida, soprattutto se ben preparata, e così l’incontro con il Papa diventa un evento che i giovani poi ricorderanno come prezioso. Quali sono le aspettative manifestate da chi partecipa? La prima è la curiosità di partecipare a un’esperienza internazionale. E il desiderio di conoscere. Ma credo che questo non possa separarsi dalle domande ultime sul significato della vita, che vanno sempre poste con onestà ai giovani, mettendosi con loro in discussione. Ci sono poi anche quelli che vanno alla Gmg con una forte motivazione per vivere un’esperienza cattolica nel senso più alto, nella coscienza di ritrovarsi con giovani del mondo intero attorno al successore di Pietro. Ma questa è una coscienza che forse hanno pochi e non dobbiamo darla per scontata. Il desiderio di vedere il Papa è però un sentire comune, perché ai ragazzi papa Francesco appare come una persona molto libera, e il suo essere immediato e spontaneo li affascina. Come vede questa settimana di gemellaggio con la diocesi di Torun? Il gemellaggio è una forma che riesce a coinvolgere i giovani e dà loro il senso dell’avanzare in una esperienza comunitaria, un cammino. Nella direzione della Chiesa come comunione, diversità nell’unità, penso abbia un valore formativo per i ragazzi incontrare un’esperienza ecclesiale simile e diversa al tempo stesso, perché troppo spesso sono abituati all’omologazione e non a esperienze di diversità riconciliate. I giovani sono stati portati qui anche da un lavoro di preparazione… Sì, c’è stato un tempo di avvicinamento e poi ci sarà quello seguente di ripresa del messaggio della Gmg. Le Giornate della gioventù non possono essere eventi isolati, devono perciò inserirsi in un cammino di crescita costante. Quindi è importantissimo il lavoro di pastorale giovanile che precede l’andata alla Gmg e poi quello dopo il ritorno, per riscoprire e valorizzare i contenuti che sono stati trasmessi.