Chiesa

L'evento. Genialità e lascito del Giussani educatore

Angelo Picariello giovedì 12 ottobre 2023

L’arcivescovo Paolo Pezzi (primo a sinistra)durante l'intervento al Centro internazionale di Cl

«La comunione, lo ho sperimentato in questi anni di missione episcopale, è anche una formidabile forma di governo, più efficace della democrazia». L’arcivescovo di Mosca Paolo Pezzi, al Centro internazionale di Comunione e Liberazione a Roma racconta la sua vita alla luce di un incontro, che lo ha portato ad amare la realtà senza censure, in un «rapporto amoroso» che arriva a definire «sponsale». L’occasione è fornita dalla presentazione del libro Introduzione alla Realtà totale - edito da Rizzoli - saggi sul pensiero pedagogico di don Giussani. «Non ci ha parlato da professore – racconta Pezzi –, non è partito da un’analisi. Il punto di partenza per lui è un Fatto, da verificare nell’esperienza. Un Fatto che ci introduce alla realtà nella totalità dei suoi fattori». Tre punti, indica, in questo cammino che ha abbracciato nella sua vita. Il Fatto cristiano, Dio che si è fatto uomo, è solo il primo, la scaturigine di tutto. Il secondo, nella proposta educativa di don Giussani è la verifica nell’esperienza che diventa «giudizio, l’inizio della liberazione, perché questo rapporto col Mistero che opera nella realtà, mi libera, mi salva. E se si può essere magari disinteressati alla salvezza in un altro mondo, che percepiamo come lontano – prosegue l’arcivescovo – non si può essere disinteressati a una prospettiva di salvezza di questo mondo». Il terzo punto, scaturito nella sua vita da quel Fatto sperimentato, è appunto la comunione che, conclude il suo racconto, gli è risultato particolarmente utile ed efficace, in questi anni a Mosca: «Conosciamo i problemi delle forme di governo autoritarie, ma anche la democrazia si rivela spesso dispersiva. La comunione, impostata sull’amicizia, l’ho trovata più adeguata». E rivela che nel suo delicato compito episcopale cui è stato chiamato «non mi capita mai di prendere una decisione da solo», ed è questa la scoperta che trova «formidabile».

Il volume, uscito in agosto, è il terzo dei tre pensati in occasione del centenario di Giussani, rispettivamente dedicati al suo pensiero teologico, filosofico e pedagogico-sociale. Lo spunto viene da una definizione usata da papa Francesco all’udienza in piazza san Pietro, un anno fa, proprio per il centenario, quando parlò, di « genialità pedagogica e teologica, a partire da un carisma che gli è stato dato dallo Spirito Santo». E dire, come ricorda Giorgio Chiosso, docente emerito di pedagogia generale e storia dell’educazione a Torino, «che Giussani amava poco i pedagogisti», vedendo in loro un approccio considerato spesso teorico. Ricorda ancora Chiosso: «Mise al centro del suo lavoro l’educazione, mentre oggi si preferisce sostituirla con la parola “formazione”, concepita in un processo fluido, fuori da un connotato etico». Ed è per questo, annota Carmine Di Martino, ordinario di filosofia morale all’Università degli Studi di Milano e curatore dell’opera (con testi di pedagogisti, sociologi, economisti e giuristi), che Giussani decise a un certo punto di lasciare la docenza di teologia per andare a insegnare religione al liceo, «intuendo con largo anticipo un allentamento della presa dell’esperienza cristiana fra i giovani». Iniziò così una grande esperienza , da Gs alla successiva Cl, come ricorda don Andrea D’Auria, direttore del Centro internazionale di Cl, «rappresentando l’educazione, per Giussani, la sua vocazione, il fil ruoge della sua vita».