Chiesa

Testimoni del '900. «Pellegrino per vocazione» Il prete secondo Mazzolari

Matteo Liut sabato 28 marzo 2009
«La libertà non ci fa pau­ra. Chi ne ha paura non è degno del nome cri­stiano, poiché la nostra aria è la li­bertà. Ora, sull’aria non si fanno né discussioni né calcoli. L’aria la si paga a ogni prezzo, e se la perse­cuzione è il suo pedaggio, non ci ri­fiutiamo di pagarlo » . Ba­sterebbe questa lunga cita­zione, tratta da un discorso pubblicato nel febbraio 1947, per impegnare in una lunga meditazione sul po­sto che i cristiani devono occupare nel nostro tempo. Una provocazione che scende ancora più in profondità se posta a spec­chio della figura del sacer­dote. In realtà è solo uno dei tan­ti spunti che don Primo Mazzolari, a 50 anni dalla morte, continua a porre sul cam­mino della Chiesa italiana e dei suoi pastori. Spunti che il sacerdote ro­gazionista Leonardo Sapienza, ad­detto al protocollo della Prefettura della Casa pontificia, ha voluto rac­cogliere in un volume stampato per i tipi dell’Editrice Rogate. «Il prete di Adesso » ( 144 pagine, 12 euro) non è solo la raccolta degli articoli pubblicati da don Mazzolari sulla rivista da lui stesso fondata nel 1948, « Adesso » , e dedicati alla fi­gura e al ruolo del sacerdote. Gli scritti curati da padre Sapienza, in­fatti, da un lato offrono un ritratto di un particolare momento storico in cui un’Italia confusa cercava di tracciare un nuovo futuro, e dal­l’altro indica i tratti essenziali che danno corpo e sostanza alla vita dei sacerdoti in ogni tempo. Indicazioni scaturite dall’espe­rienza di don Primo, nato a Cre­mona il 13 gennaio 1890, divenuto sacerdote nel 1912, parroco di Boz­zolo ( Mantova) dal 1932, strenuo difensore della non violenza negli anni della guerra, che morì il 12 a­prile di 50 anni fa, nel 1959. Fedele al «carisma» del suo quin­dicinale, il cui titolo rimanda a una visione fortemente «incarnata» nel­la storia della fede, Mazzolari offre un ritratto preciso del prete. «Il pre­te di adesso – scrive Sapienza nel­l’introduzione al volume – è colui che è convinto che ' predicando soltanto non si fa la rivoluzione cri­stiana'. Il prete di adesso è colui che ha capito che 'ci si salva sal­vando: ci si salva con gli altri, ci si salva insieme'. Il prete di a­desso è uno che ' ama la Chiesa perdutamente, per­ché la Chiesa è la custode dell’eterno e io voglio ri­manere nell’eterno'. Il pre­te di adesso è uno che pen­sa che l’importante 'è se­minare, seminare ovunque, seminare sempre, anche quando vede venire gli uc­celli dell’aria a mangiare il seme'». Ideali, sottolinea Sapienza, che Mazzolari ha fatto pro­pri fino alla fine, con una fedeltà esemplare. A 50 anni dalla scomparsa sembra quasi un auto­ritratto il passo dell’articolo pub­blicato il primo marzo 1949 in cui don Primo definiva il sacerdote co­me un «pellegrino»: «Egli è il viator non soltanto per l’inquietudine dell’eterno, che possiede in comu­ne con ogni uomo, ma per voca­zione e offerta. Si deve tutto a tut­ti, e lui non si può mai abbando­nare interamente a nessuna crea­tura. È un pane di comunione che tutti possono mangiare, ma di cui nessuno ha l’esclusiva». Una vera e propria «scuola di vita», quindi, quella offerta da Mazzola­ri con i suoi articoli, che, anche se datati, non perdono alcunché del­la loro incisività. Anche nell’inse­gnare uno stile, che è quello della fraternità. Stile che don Primo mantiene anche nel rivolgersi, sen­za rinunciare alla fermezza, anche a quelli che lui chiama i « pastori smarriti», i sacerdoti scomunicati. «Ti assicuro – scriveva il 31 maggio 1949 a uno di essi – che l’attesa del mio cuore in continua preghiera per te, è più forte d’ogni tuo dispe­rato rifiuto». Parole di un maestro, che dopo mezzo secolo continua a insegnare.