Chiesa

L'OPERA. Quel pastorale nelle mani di 5 Pontefici

Giovanni Gazzaneo mercoledì 10 aprile 2013
​«Don Pasquale Macchi mi richiede un pastorale per Sua Santità Paolo VI e mi raccomanda di mettercela tutta. Comincio sui fogli a tracciar fitte reti: segni confusi dapprima, dei tratti ricurvi come ad accennare un "bacolo" di pastorale vescovile. Nei giorni che seguono l’idea prende forma e sarà un punto interrogativo mozzo (senza la curva avvolgente del ricciolo). È creata l’arcuata ossatura portante della croce con il patibulum ricurvo da dove il corpo del Cristo con la testa reclinata s’immette ruinando ad angolo acuto. Disegna nello spazio un arabesco drammatico dalle braccia tese fino allo spasimo, giù giù, alle ginocchia ricurve con i piedi inchiodati alla croce». Così lo scultore Lello Scorzelli narrava la creazione del pastorale in argento, che papa Montini utilizzerà per la prima volta l’8 dicembre 1965, a chiusura del Concilio Vaticano II, e che papa Francesco ha scelto, domenica scorsa, per l’insediamento sulla Cattedra in San Giovanni in Laterano. Di quell’opera Scorzelli (nato a Napoli nel 1921 e morto a Roma nel 1997) dirà: «Sono passati trent’anni e da allora questa mia scultura ha girato tutto il mondo: uomini di ogni razza l’hanno vista e venerata nelle mani di Paolo VI prima, di Giovanni Paolo I e di Giovanni Paolo II poi, opera divenuta simbolo della Chiesa universale di Cristo. Guardandola tra la folla dei fedeli che si assiepa intorno al Papa, mi prende una grande emozione e ripenso ai giorni in cui la ideavo e al destino che questa mia creatura doveva avere e ringrazio Dio di avermi concesso tanta gioia». A quella croce - utilizzata per quasi due anni anche da Benedetto XVI, che poi ha preferito la ferula di Pio IX - milioni e milioni di fedeli in quasi mezzo secolo hanno guardato: un Cristo col capo chino, abbandonato alla morte; eppure l’arco, che l’artista ha plasmato con le due braccia della croce, sembra già proiettarlo nella vita nuova della Risurrezione. Quella di Lello Scorzelli, che ha conosciuto la sofferenza dei lager nazisti, è stata la scultura che più ha camminato nella storia, ha attraversato i continenti seguendo i passi dei Pontefici e i momenti più significativi della loro azione pastorale. La ferula è stata segno forte in una società che ha rinnegato il simbolo, ciò che è capace di tenere unito il nostro mondo all’Altro Mondo, per venerare il logo - i marchi di bibite, scarpe e griffe, i nuovi "universali" -, pensando che il nostro orizzonte non andasse oltre la soddisfazione del bisogno e il desiderio del consumo. È stato potente catalizzatore di sguardi, di preghiere, di domande di bene, di bello, di vero. Lello Scorzelli nella creazione del pastorale di Paolo VI non aveva molti esempi a cui guardare. Certo, i Papi si servirono della ferula pontificalis, come insegna di potestà temporale, fin dall’Alto Medioevo. Ma l’iconografia non si è mostrata generosa: si pensa fosse un bastone con al vertice una croce. Scorzelli ha voluto che su quella croce ci fosse anche il Cristo crocifisso e ne ha fatto un simbolo carico di storia, ma che sapeva parlare agli uomini degli anni Sessanta e a quelli a venire, una prossimità nel tempo e oltre il tempo che è la cifra del capolavoro. È stato scultore molto amato dai Pontefici del Novecento a partire da Giovanni XXIII, ma anche da grandi personalità che da lui hanno voluto farsi ritrarre come Puccini, Stravinskij, Montale, Guitton. Ci ha lasciato gli straordinari bronzi dedicati al Concilio, la Via Crucis della cappella privata del Papa in Vaticano, la Porta della preghiera in San Pietro… François Mauriac scrive di lui: «In questo secolo dell’astratto e dell’informe sia benedetto Lello Scorzelli, che testimonia come non esista peggiore errore del credere che tutto sia stato detto e che in scultura, dai Greci a Michelangelo a Rodin, tutto ciò che è alla portata dell’uomo sia stato per sempre esaurito, che null’altro resti da dire… L’opera di Scorzelli drizza attorno a me, quasi per un ultimo giudizio, corpi che sono anime, esseri viventi i quali mi gridano che Dio vive».Da Paolo VI a Francesco, per vedere la fotogallery clicca qui