Chiesa

MESSA A SAN PIETRO. Il Papa ricorda Giovanni Paolo II: «Compagno per l'uomo di oggi»

lunedì 29 marzo 2010
«Durante il suo lungo pontificato, si è prodigato nel proclamare il diritto con fermezza, senza debolezze o tentennamenti, soprattutto quando doveva misurarsi con resistenze, ostilità e rifiuti». È il ricordo di Giovanni Paolo II, a cinque anni dalla morte, offerto da Benedetto XVI, nell’omelia della messa celebrata questa sera nella basilica di san Pietro. Il 2 aprile, quest’anno, è il Venerdì Santo: da qui la scelta di anticipare la celebrazione eucaristica di suffragio. «Sapeva di essere stato preso per mano dal Signore – ha proseguito il Papa – e questo gli ha consentito di esercitare un ministero molto fecondo, per il quale, ancora una volta, rendiamo fervide grazie a Dio». Nel suo «amato predecessore», Benedetto XVI vede l’immagine perfetta del «servo di Dio», che – come dicono le Scritture – «agirà con fermezza incrollabile, con un’energia che non viene meno fino a che egli non abbia realizzato il compito che gli è stato assegnato. Eppure, non avrà a sua disposizione quei mezzi umani che sembrano indispensabili all’attuazione di un piano così grandioso. Si presenterà con la forza della convinzione, e sarà lo Spirito che Dio ha posto in lui a dargli la capacità di agire con mitezza e con forza, assicurandogli il successo finale». Giovanni Paolo II è morto il 2 aprile del 2005, alle 21.37. Il 28 aprile successivo papa Benedetto XVI ha concesso la dispensa dal tempo di cinque anni di attesa dopo la morte, per l'inizio della causa di beatificazione e canonizzazione, che è stata aperta ufficialmente dal card. Camillo Ruini il 28 giugno 2005 e la cui fase diocesana si è conclusa a due anni dalla morte, il 2 aprile 2007. Il 19 dicembre 2009, con un decreto firmato da papa Benedetto XVI che ne attesta le virtù eroiche, Giovanni Paolo II è stato proclamato venerabile. Il buon profumo. «La regola della comunità di Gesù – ha ricordato il Santo Padre – è quella dell’amore che sa servire fino al dono della vita». «Ogni gesto di carità e di devozione autentica a Cristo – ha sottolineato il Papa – non rimane un fatto personale, non riguarda solo il rapporto tra l’individuo e il Signore, ma riguarda l’intero corpo della Chiesa, è contagioso: infonde amore, gioia, luce». Di qui la contrapposizione tra l’atteggiamento di Maria di Betania, che lavando i piedi del Maestro con una grande quantità di profumo pregiato «offre a Gesù quanto ha di più prezioso», e quello di Giuda, che «calcola là dove non si può calcolare, entra con animo meschino dove lo spazio è quello dell’amore, del dono, della dedizione totale». «L’amore non calcola, non misura, non bada a spese, non pone barriere, ma sa donare con gioia, cerca solo il bene dell’altro, vince la meschinità, la grettezza, i risentimenti, le chiusure che l’uomo porta a volte nel suo cuore», ha sottolineato Benedetto XVI commentando il brano evangelico della cena di Gesù a Betania con Lazzaro, Marta e Maria. Se Maria si pone dunque «ai piedi di Gesù in umile atteggiamento di servizio», come farà Gesù stesso nell’Ultima Cena, Giuda «sotto il pretesto dell’aiuto da recare ai poveri, nasconde l’egoismo e la falsità dell’uomo chiuso in se stesso, incatenato dall’avidità del possesso, che non si lascia avvolgere dal buon profumo dell’amore divino». Compagno di viaggio. Un «compagno di viaggio per l’uomo di oggi». Così il Papa ha definito Giovanni Paolo II. «Tutta la vita del Venerabile – ha commentato Benedetto XVI – si è svolta nel segno di questa carità, della capacità di donarsi in modo generoso, senza riserve, senza misura, senza calcolo. Ciò che lo muoveva era l’amore verso Cristo, a cui aveva consacrato la vita, un amore sovrabbondante e incondizionato». Giovanni Paolo II, ha proseguito il suo successore, «si è lasciato consumare per Cristo, per la Chiesa, per il mondo intero: la sua è stata una sofferenza vissuta fino all’ultimo per amore e con amore». «Chi ha avuto la gioia di conoscerlo e frequentarlo – le parole del Pontefice – ha potuto toccare con mano quanto viva fosse in lui la certezza "di contemplare la bontà del Signore nella terra dei viventi’" certezza che lo ha accompagnato nel corso della sua esistenza e che, in modo particolare, si è manifestata durante l’ultimo periodo del suo pellegrinaggio su questa terra: la progressiva debolezza fisica, infatti, non ha mai intaccato la sua fede rocciosa, la sua luminosa speranza, la sua fervente carità».Nell’ultima parte dell’omelia, Benedetto XVI ha citato quanto affermava il suo predecessore per il XXVI anniversario del suo pontificato: «Confidò di avere sentito forte nel suo cuore, al momento dell’elezione, la domanda di Gesù a Pietro: "Mi ami tu? Mi ami più di costoro", e aggiunse: "Ogni giorno si svolge all’interno del mio cuore lo stesso dialogo tra Gesù e Pietro. Nello Spirito, fisso lo sguardo benevolo di Cristo risorto. Egli, pur consapevole della mia umana fragilità, mi incoraggia a rispondere come Pietro: "Signore, tu sai tutto; tu sai che ti amo". E poi mi invita ad assumere le responsabilità che Lui stesso mi ha affidato».