Chiesa

GIORNATA PACE 2011. Il Papa: libertà religiosa e «il diritto di credere»

giovedì 16 dicembre 2010
«In alcune regioni del mondo non è possibile professare ed esprimere liberamente la propria fede religiosa, se non a rischio della vita e della libertà personale. In altre regioni vi sono forme più silenziose e sofisticate di pregiudizio e di opposizione verso i credenti e i simboli religiosi. I cristiani sono attualmente il gruppo religioso che soffre il maggior numero di persecuzioni a motivo della propria fede». Così esordisce Benedetto XVI nel messaggio per la Giornata mondiale per la pace (1° gennaio 2011), che quest’anno ha per tema “Libertà religiosa, via per la pace” . Un richiamo che si pone dopo un anno, sottolinea il Papa, «segnato dalla persecuzione, dalla discriminazione, da terribili atti di violenza e d’intolleranza religiosa»: tra gli altri nel messaggio menziona gli attacchi a Baghdad (Iraq) contro la cattedrale siro-cattolica e contro i cristiani nelle loro case, gli atti di violenza e intolleranza “in Asia, in Africa, nel Medio Oriente e specialmente in Terra Santa”.Negare o limitare in maniera arbitraria la libertà religiosa e oscurare il ruolo pubblico della religione, secondo Benedetto XVI, vuol dire coltivare una visione parziale della persona umana, rendere impossibile l’affermazione di una pace autentica e duratura, poiché «l’essere umano non è "qualcosa", ma è "qualcuno", possiede una naturale vocazione a realizzarsi nella relazione con l’altro e con Dio», e «la dignità trascendente della persona è un valore essenziale della sapienza giudaico-cristiana, ma anche condiviso da grandi civiltà e religioni del mondo, perché, grazie alla ragione, è accessibile a tutti». «L’illusione di trovare nel relativismo morale la chiave per una pacifica convivenza – dice il Papa – è in realtà l’origine della divisione e della negazione della dignità degli esseri umani». Benedetto XVI cita il suo discorso all’Assemblea generale delle Nazioni Unite del 2008: è inconcepibile che i credenti «debbano sopprimere una parte di se stessi – la loro fede – per essere cittadini attivi; non dovrebbe mai essere necessario rinnegare Dio per poter godere dei propri diritti».Il messaggio del Papa tocca anche le difficoltà che la libertà religiosa incontra oggi in Iraq, in Medio Oriente, in numerosi Paesi d’Africa e dell’Asia; Benedetto XVI sottolinea i pericoli della strumentalizzazione della libertà religiosa «per mascherare interessi occulti, come ad esempio il sovvertimento dell’ordine costituito, l’accaparramento di risorse o il mantenimento del potere da parte di un gruppo». Tutto ciò, aggiunge, «può provocare danni ingentissimi alle società» ed è contrario alla natura della religione. «La professione di una religione – prosegue – non può venire impiegata per fini che le sono estranei e nemmeno può essere imposta con la forza». «La stessa determinazione con la quale sono condannate tutte le forme di fanatismo e di fondamentalismo religioso deve animare anche l’opposizione a tutte le forme di ostilità contro la religione, che limitano il ruolo dei credenti nella vita civile e politica». E «l’ordinamento giuridico a tutti i livelli, nazionale, regionale e internazionale, quando consente o tollera il fanatismo religioso o antireligioso, viene meno alla sua stessa missione, che consiste nel tutelare e nel promuovere la giustizia e il diritto di ciascuno». Un richiamo particolare arriva dal Papa ai credenti, «chiamati non solo con un responsabile impegno civile, economico e politico, ma anche, con la testimonianza della propria carità e fede, a offrire un contributo prezioso al faticoso ed esaltante impegno per la giustizia, per lo sviluppo umano integrale e per il retto ordinamento delle realtà umane». Primo passo per promuovere la libertà religiosa come via per la pace è il dialogo tra istituzioni civili e religiose, dal momento che «esse non sono concorrenti ma interlocutrici, perché sono tutte a servizio dello sviluppo integrale della persona umana e dell’armonia della società». Il Papa fa appello alla verità morale nella politica e nella diplomazia, rivolgendosi in modo particolare a quei Paesi occidentali segnati dall’ostilità contro la religione fino al «rinnegamento della storia e dei simboli religiosi nei quali si rispecchiano l’identità e la cultura della maggioranza dei cittadini». Da ultimo, un appello al «dialogo interreligioso» per collaborare «per il bene comune» e uno affinché cessino i soprusi nei confronti dei cristiani che abitano in Asia, nel Medio Oriente e specialmente in Terra Santa, con l’auspicio che pure «nell’Occidente cristiano, specie in Europa, cessino ostilità e pregiudizi contro i cristiani per il fatto che essi intendono orientare la propria vita in modo coerente ai valori e principi espressi nel Vangelo. L’Europa sappia riconciliarsi con le proprie radici cristiane, che sono fondamentali per comprendere il ruolo che ha avuto, che ha e che intende avere nella storia; saprà, così, sperimentare giustizia, concordia e pace, coltivare un sincero dialogo con i popoli non cristiani. Alcuni di essi si affacciano con speranza verso il continente europeo e vanno accolti con spirito di apertura e di fraternità radicato nel Vangelo, secondo i criteri di legalità e di sicurezza che non possono prescindere dal rispetto della comune dignità umana».