Chiesa

PIAZZA SAN PIETRO. Il Papa: le conquiste della tecnica non sempre ci rendono più liberi

lunedì 18 aprile 2011
L'umanità punta in alto, e ha realizzato tanto, ma neppure le grandi conquiste della tecnica ci rendono sempre liberi né tutte le possibilità sono mosse dalla forza del bene. E anche le "catastrofi" naturali ci ricordano i nostri limiti. Questa la riflessione che Benedetto XVI ha proposto a oltre 50 mila fedeli radunati ieri in piazza San Pietro per la Messa delle Palme che ha aperto i riti della Settimana santa. La celebrazione solenne, che ricorda l'ingresso in Gerusalemme di Gesù, acclamato dal popolo, si è aperta con una processione di cardinali, vescovi, sacerdoti e fedeli con in mano rami d'ulivo, mentre Benedetto XVI ha fatto il suo ingresso in piazza a bordo della papamobile scoperta, avvolto in paramenti rosso-dorati, benedicendo la folla. Al temine della messa, dopo l'Angelus, i molti giovani in piazza hanno intonato "Tanti auguri, Benedetto, tanti auguri a te", e hanno festosamente acclamato il Papa, che proprio ieri ha compiuto 84 anni. Dal canto suo papa Ratzinger ha dato loro appuntamento, in italiano, inglese, spagnolo, polacco e portoghese, a Madrid per la Giornata mondiale della gioventù del prossimo agosto. Mentre in spagnolo ha lanciato un appello per la fine della violenza in Colombia, invitando ad aderire, venerdì prossimo, alla Giornata di preghiera contro le vittime della violenza in Colombia. "Siamo in grado - ha dunque riflettuto il Papa - di volare. Possiamo vederci, ascoltarci e parlarci da un capo all'altro del mondo. E tuttavia, la forza di gravità che ci tira in basso è potente. Insieme con le nostre capacità non è cresciuto soltanto il bene. Anche le possibilità del male sono aumentate e si pongono come tempeste minacciose sopra la storia". E non sempre le "grandi conquiste della tecnica ci rendono liberi e sono elementi del progresso dell'umanità". Anche i nostri limiti sono rimasti: basti pensare alle catastrofi che in questi mesi hanno afflitto e continuano ad affliggere l'umanità". Il Pontefice ha sviluppato l'idea dell'uomo come "punto di intersezione tra due campi di gravitazione", la forza di gravità che tira in basso, verso l'egoismo, la menzogna e il male" e la "forza di gravità dell'amore di Dio" che attira verso l'alto. Il "cuore", ha spiegato, che è "quel centro dell'uomo in cui si uniscono l'intelletto, la volontà e il sentimento, il corpo e l'anima", "deve essere elevato" ma "noi siamo troppo deboli per sollevare da soli il nostro cuore fino all'altezza di Dio" e "la superbia di poterlo fare ci tira verso il basso e ci allontana da Dio". Per salire invece servono "mani innocenti, cuore puro, rifiuto della menzogna e ricerca del volto di Dio". Dai platonici del terzo e quarto secolo passando per Sant'Agostino, ha ricordato Papa Ratzinger, la "questione di come l'uomo possa arrivare in alto, diventare totalmente se stesso e veramente simile a Dio, ha sempre impegnato l'umanità". Con Agostino il Papa risponde che da solo l'uomo non ce la fa, è Gesù che conduce l'umanità "in pellegrinaggio con il Signore, verso l'alto".