Chiesa

Aveva 95 anni. Morto monsignor Francesco Ceriotti. La missione di comunicare

Umberto Folena sabato 5 novembre 2016

Francesco Ceriotti nel 1998, quando era direttore dell'Ufficio comunicazioni della Cei (Siciliani)

Si svolgeranno martedì 8 novembre alle 11 nella parrocchia della Santissima Trinità a Samarate, in provincia di Varese, i funerali di monsignor Francesco Ceriotti, storico direttore dell’Ufficio comunicazioni della Conferenza episcopale italiana, spentosi ieri all’età di 95 anni. Una «vita spesa nella missione di comunicare» è il ricordo unanime di quanti lo hanno conosciuto. Nato proprio a Samarate il 21 aprile 1921 (provincia di Varese, ma arcidiocesi di Milano) Ceriotti venne ordinato sacerdote il 29 maggio 1943 in piena Seconda guerra mondiale. Per molti anni svolse il proprio ministero sacerdotale nella Chiesa ambrosiana, dove si occupò anche di cinema e delle sale parrocchiali. Un’attenzione alla comunicazione che lo porterà ad essere chiamato negli Anni Settanta alla Cei a Roma, dove di fatto costituirà l’Ufficio preposto a gestire la comunicazione della Chiesa italiana. Lo guiderà per una ventina di anni, al termine dei quali il suo impegno nel campo della comunicazioni non si fermerà. Fu in due periodi anche componente del Consiglio di amministrazione di Avvenire (dal 1976 al 1988 e poi dal 1994 al 2010). Fu protagonista del Progetto culturale e, come presidente della Fondazione “Comunicazione e cultura”, della nascita di Sat2000 (poi Tv2000) – di cui assumerà la direzione ad interim per qualche tempo a 91 anni compiuti –, di Radio InBlu. Nel 2013, in occasione del 70° anniversario di ordinazione sacerdotale ricevette gli auguri di papa Francesco, con il quale concelebrò la Messa mattutina in Santa Marta.


Era un maestro che non saliva mai in cattedra. Mai aveva la pretesa di insegnare. Nessuno lo sentì mai alzare la voce. Eppure non si contano coloro che furono alla sua scuola. «Ceriotti? Un maestro, un padre, un compagno di viaggio». Così lo ricorda il vescovo Claudio Giuliodori, assistente ecclesiastico generale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Il primo vero ricordo di don Francesco risale a quando lui, giovane prete di Osimo, fu chiamato a Roma come aiutante di studio alla Segreteria generale della Cei, dal 1988 al 1991. Ceriotti era direttore di un Ufficio comunicazioni sociali che si preparava al grande salto degli anni Novanta. Ma si ricorda soprattutto del momento più delicato che ci possa essere, quello in cui un leader, di qualunque genere, rivela la sua vera natura: il passaggio delle consegne.

«Ceriotti – racconta Giuliodori – lasciava la direzione dell’Ufficio che aveva fondato, anzi "inventato", e condotto per una ventina di anni ottenendo indiscutibili risultati. La lasciava a me, a un prete quarantenne, quindi relativamente giovane. Poteva avvertire il mio arrivo come un’invasione. Invece...». È davvero il momento della verità, quello in cui il capo lascia la sua creatura. In quel momento si scopre il senso, e il peso, di quel "sua": era lui ad appartenere a lei, o lei ad appartenere a lui? «Nessuna gelosia. Soltanto consigli, quando gliene chiedevo. Da quel momento è stato un padre e fratello capace di sostenermi nella più totale discrezione».

In quel 1998, Ceriotti alla Cei lasciava un’eredità solida, un Ufficio ben strutturato costruito in una ventina d’anni di lavoro. Era arrivato dalla sua Milano, dove seguiva soprattutto il cinema e la gestione delle sale parrocchiali. A Roma continuò a mettere a disposizione la sua competenza seguendo la Commissione nazionale valutazione film. Le comunicazioni sociali mutavano e crescevano tumultuosamente, giocando un ruolo sempre più importante nell’orientamento dei modi di pensare e degli stili di vita degli italiani. E la Chiesa italiana non stava a guardare. «Ceriotti è assoluto protagonista nella nascita del Progetto culturale, di Sat2000 (oggi Tv2000) e del Corallo, il consorzio delle emittenti cattoliche locali, e di Radio InBlu. Del rinnovamento e della crescita di <+CORSIVOA>Avvenire<+TONDOA>. A sostegno dei settimanali diocesani, Ceriotti è protagonista della nascita dell’agenzia giornalistica Sir. Dopo il 1998 il suo impegno continua in vari luoghi. Fino a pochi mesi fa, pure, come responsabile della Fondazione comunicazione e cultura». Un gigante? «Un gigante schivo, ma la cui presenza, sapiente e illuminata, si notava eccome, e pesava».

Pochi come lui conoscevano il mondo dei mass media. Forse nessuno come lui sapeva intrattenere rapporti amichevoli, anche se franchi, con tutti. Giuliodori spiega uno dei modi in cui Ceriotti fu maestro a lui, e chissà a quanti altri: «Ricordo bene le conferenze stampa, quando affiancava il vescovo di turno di fronte ai vaticanisti». Non tutti erano delle mammolette benevole. «Di fronte a certe domande fin troppo dirette, diciamo pure di fronte a certe aperte provocazioni, sarebbe stato facile reagire a tono». In fondo proprio questo cercano le provocazioni: la reazione, l’alzata di voce, la pazienza persa. «Con Ceriotti non funzionava mai. Affabile, delizioso, trasmetteva la sua sicurezza a chiunque gli stesse accanto. Mai visto arrabbiato, anche quando ne avrebbe avuto tutti i motivi».

Una calma olimpica: «Mi colpiva molto, e cercavo di apprendere. Le conferenze stampa condotte da lui scivolavano via lisce, senza scossoni. Aiutava il vescovo di turno davanti al linguaggio a volte fin troppo esplicito di alcuni giornalisti». Calma e gesso. «Chiunque lo abbia conosciuto sottolineerà questo di lui: lo squisito tratto umano, l’assoluta affabilità». Un vero signore. Anzi: un vero monsignore.

Guliodori confida: «La sua eredità è stata preziosissima. Il Progetto culturale aveva investito moltissimo nei media. E grazie al patrimonio di riflessioni ed esperienze dei suoi anni è nato nel 2004 Comunicazione e missione, il Direttorio sulle comunicazioni sociali nella missione della Chiesa; e a quel patrimonio si è attinto per gli orientamenti pastorali dello scorso decennio, Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia».

Maestro dalla tante lezioni impartite vivendo. Per apprenderle, era necessario essere abbastanza umili da voler imparare sempre, e osservarlo. «Quando hai a che fare con i media – conclude Giuliodori – è facile finire per servirsene, anziché servirli. Usarli per la propria immagine, per nutrire il proprio ego. Ceriotti mai». Sarebbe potuto stare in tv, alla radio e sui giornali tutte le volte che avesse voluto. Oggi che non c’è più, non sarà semplice nemmeno trovare una sua foto non sbiadita.