Chiesa

Intervista. Menichelli: «Misericordia, non scorciatoie»

Stefania Falasca giovedì 16 ottobre 2014
Per il Sinodo straordinario dei vescovi sulla famiglia sono i giorni finali. Oggi si conclude infatti il lavoro dei circoli minori, i dieci gruppi ristretti, per aree linguistiche, in cui i padri sono stati suddivisi. L’arcivescovo di Ancona-Osimo, Edoardo Menichelli è relatore in uno dei tre gruppi "italiani". Eccellenza può fare un bilancio del percorso che avete fatto? Nei circoli c’è stato dibattito, si sono ascoltate differenti opinioni. E questo è nell’ordine di un processo sinodale ed è segno della sincerità con cui ciascuno si è espresso seguendo le indicazioni del Papa. Ma è importante ripetere che la relazione finale non chiude il cammino, servirà come base per l’assemblea del 2015. Lei come ha vissuto questo percorso? È la prima volta che partecipo a un Sinodo e sono rimasto rallegrato dalla modalità con cui abbiamo accolto l’invito del Papa a parlarci con franchezza e ascoltarci con umiltà. Ho ricevuto una grande testimonianza da parte del Papa per il modo di essere tra noi e il modo attento e fraterno con cui ha ascoltato tutti. Quali gli approfondimenti fatti nei circoli? Uno dei lavori più significativi è stato quello di far emergere la positività del matrimonio. Si è parlato diffusamente delle famiglie che restano fedeli agli insegnamenti del Vangelo. Si è avvertita la necessità di sottolineare la bellezza del matrimonio che tanti vivono con fedeltà. Sono 'Chiese domestiche'. Vogliamo perciò esprimere gratitudine ad esse e dare testimonianza della loro testimonianza. La famiglia, è scritto nella relazione post disceptationem, «va ascoltata nella sua complessità»… Un punto fondamentale e su cui c’è stata grande convergenza è che la famiglia non deve essere tanto oggetto pastorale, quanto soggetto di pastorale. Ciò significa che noi vescovi dobbiamo tener conto del “sacerdozio” degli sposi. Sono loro che fanno il matrimonio come sacramento. Il nostro e il loro sacerdozio devono perciò dialogare. Questo significa anche che noi vescovi dobbiamo essere capaci di comprendere le problematiche e le fatiche che gli sposi e delle famiglie. In sostanza è stata ripresentata in modo pieno e totale la dottrina sul matrimonio unita alla necessità di guardare le diverse realtà e studiare i casi particolari…. Viviamo in un mondo così complesso che non possiamo, come Chiesa, pretendere di incasellare tutto. Oggi molta realtà ci sfugge. Dunque noi siamo chiamati ad entrare dentro queste nuove dinamiche e accompagnare con intelligenza, amore, passione e con un po’ di umiltà. L’aspetto della misericordia è importante perché tutti hanno bisogno della grazia di Dio. Non ci sono da un lato famiglie perfette e altre che hanno bisogno della grazia di Dio. Tutti ne abbiamo bisogno. E per i casi particolari? Lì ci sono problematiche diverse e bisogna vedere perché sono arrivati a quel punto. Non possiamo mai alterare la proposta sacramentale. Un uomo e una donna si uniscono e danno la vita. Questo è il progetto di Dio. Laddove questo non si realizza siamo chiamati a trovare percorsi di misericordia. E serve un accompagnamento. Il cardinale Erdö ha detto che è risuonata chiara «la necessità di scelte pastorali coraggiose». I padri sinodali hanno avvertito l’urgenza di cammini pastorali che partano dal-l’effettiva realtà e dalle fragilità che si trovano nella famiglia. Bisogna però dire che la discussione su queste scelte e le possibilità di ammettere ai sacramenti coppie in situazioni irregolari non ha visto nessuno chiedere in aula l’affermazione di diritti per tutti o facili scorciatoie. Si è parlato del tema della gradualità anche per quanto riguarda l’accesso ai sacramenti per i divorziati risposati. Cosa vuol dire? È un aspetto che ha richiesto e richiede approfondimento. La gradualità non sta nel 'graduare' la verità. Un cardinale da dato un’immagine esemplificativa. La verità è come una montagna, la montagna è quella, ma io per capire la montagna non devo abbassare la montagna devo aiutare le persone a salire e per salire una persona ha bisogno di collaborazione, di vicinanza. In diocesi da tre anni svolgo incontri mensili con un gruppo di 80-90 persone, divorziati e separati, che vengono, ascoltano, si sentono consolati, non sono arrabbiati con la Chiesa e sanno che il cammino della conversione non è né facile, né frettoloso.