Chiesa

Anniversario. Marianna Farnararo, la contessa che fece di Pompei la città di Maria

Mimmo Muolo venerdì 23 febbraio 2024

Marianna Farnararo (1836-1924)

La santità nel proprio destino. La vita di Marianna Farnararo, fondatrice del Santuario di Pompei, si potrebbe sintetizzare così, dato che non solo fu la moglie del beato Bartolo Longo, ma anche amica e coinquilina di Caterina Volpicelli, iniziatrice della congregazione delle Ancelle del Sacro Cuore che Giovanni Paolo II proclamò beata nel 2001 e Benedetto XVI santa nel 2009. Ed è proprio questo contatto quotidiano e familiare con la santità che alla fine la fa brillare di luce propria. Perché, come ha sottolineato di recente l’arcivescovo prelato di Pompei, Tommaso Caputo, senza il suo apporto, la storia recente della cittadina campana «non si sarebbe compiuta negli stessi straordinari termini in cui si è compiuta».

Marianna Farnararo De Fusco, ha aggiunto il presule, «non ha soltanto contribuito alla fondazione del Santuario, ma ne è stata parte. Una parte viva e sostanziale, svolta nei due ambiti essenziali della preghiera e del pieno coinvolgimento nel grande cantiere delle Opere subito aperto da Bartolo Longo. Anche questo connubio rappresenta oggi un mirabile tassello del miracolo della “città di Maria”».

L’occasione per ricordarne la figura e l’opera è stata lo scorso 9 febbraio, il centenario della morte, avvenuta appunto il 9 febbraio 1924 a Valle di Pompei (così si chiamava allora il luogo ove sorge il Santuario). Un ricordo che ha visto spiritualmente unite Pompei e Monopoli, le due località più importanti della sua esistenza terrena, dato che Marianna nacque nella cittadina pugliese il 13 dicembre 1836. Monsignor Caputo ha presieduto nel Santuario una Messa solenne per il centenario, presente una delegazione monopolitana, mentre a Monopoli, il 15 febbraio, nella sede del Museo Diocesano, su iniziativa della direttrice Miranda Carrieri, si è tenuto un incontro organizzato in collaborazione con la sezione locale della Società di Storia Patria, cui hanno preso parte diversi studiosi, mentre la biografa Ada Ignazzi, che già nel 2004 pubblicò un libro su Marianna Farnararo, ha curato la mostra fotografica “Una pagina di storia tra Pompei e Monopoli”. Era presente anche il vescovo di Conversano-Monopoli, Giuseppe Favale, che l’8 maggio prossimo, come annunciato da monsignor Caputo, sarà a Pompei per presiedere la celebrazione eucaristica e la preghiera della Supplica in piazza.

La moglie di Bartolo Longo non ebbe una giovinezza facile. Dopo la morte del padre si trasferì a Napoli nel 1850 e due anni dopo sposò a 15 anni il conte Albenzio De Fusco, un proprietario terriero che però morì nel 1864, lasciandola vedova a 27 anni con cinque figli piccoli. E proprio a Napoli nel 1868 avvenne l’incontro che le avrebbe cambiato l’esistenza, quello con il giovane avvocato Longo, nativo di Latiano (Brindisi). I futuri coniugi si conobbero nella casa di Caterina Volpicelli, presso la quale Marianna risiedeva, e all’inizio il loro fu un rapporto professionale, dato che il legale fu incaricato di amministrare le proprietà ereditate dal marito a Valle di Pompei.

Ma dopo aver verificato le condizioni di estrema povertà in cui vivevano gli abitanti della Valle, la contessa decise di impiegare i suoi beni per un’opera che oggi si direbbe di evangelizzazione e promozione umana, portata avanti in piena comunione di intenti con il futuro marito (il matrimonio fu celebrato il 1° aprile 1885). Presero così avvio la costruzione del Santuario e la realizzazione dell’orfanotrofio, oltre alla fondazione della stazione ferroviaria e di diverse scuole di arti e mestieri per i figli dei carcerati e per gli orfani: falegnameria, tipografia e rilegatura, la scuola guida. Il suo palazzo è oggi sede del municipio e grazie a lei 60mila ragazzi e ragazze furono sottratti alla strada e alla miseria. La coppia fondò anche le Suore domenicane figlie del Santo Rosario di Pompei, unica congregazione che deve la sua origine a due coniugi.

I contemporanei hanno descritto Marianna Farnararo come una donna determinata, razionale, coraggiosa, autorevole e rigorosa. «Sorretta da una fede incrollabile e dimentica di sé – ha notato monsignor Caputo nell’omelia del 9 febbraio –, nonostante le sofferenze che avrebbero potuto farla chiudere in sé stessa e renderla diffidente nei confronti degli altri, si è aperta alle necessità dei più fragili, partecipando alle loro sofferenze e alle loro attese. Con zelo e perseveranza, ha trovato un rapporto autentico con Dio e con i fratelli nella pace, superando pregiudizi e innumerevoli difficoltà». Una figura luminosa e attuale di donna credente, dunque. Che conserva anche a distanza di un secolo dalla morte il fascino di una santità quotidiana, testimoniata con fede e carità operosa.

Il Santuario della Beata Vergine Maria del Santo Rosario di Pompei - Archivio