Chiesa

Il fatto. L’arcivescovo Maffeis abbraccia Perugia. «Non manchi mai un lavoro dignitoso»

Giacomo Gambassi, inviato a Perugia lunedì 12 settembre 2022

L'arcivescovo Maffeis incontra i giovani nella giornata del suo ingresso a Perugia

Quando si siede sulla cattedra di san Costanzo, ha lo sguardo rivolto verso il basso. E stringe con forza il pastorale che il cardinale Gualtiero Bassetti gli ha appena consegnato come nuovo arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e che è un dono della sua Chiesa d’origine, quella di Trento. Ivan Maffeis accoglie il lungo applauso che riempie la Cattedrale di Perugia con lo stile sobrio che lo caratterizza e di chi sente su di sé la responsabilità di guidare una Chiesa ricca di storia ma segnata da molteplici crisi nel suo territorio. E consapevole del peso della «croce» che la «dignità episcopale» comporta e che chiede di «fermarsi davanti a ogni ferito o abbandonato» per caricarselo «sulle spalle come il Buon Samaritano», gli suggerisce Bassetti, suo predecessore, durante la Messa in cui riceve l’ordinazione episcopale e si insedia come arcivescovo. «Oggi in me si compie una manifestazione gratuita e inattesa della misericordia di Dio», dirà Maffeis nel saluto finale. E assicurerà: «Da Cristo niente e nessuno può separarci. Per questo possiamo guardare avanti senza paura».

L'arcivescovo Maffeis riceve il pastorale dal cardinale Bassetti - Diocesi di Perugia

Da domenica l’arcidiocesi ha come guida un pastore giornalista di 58 anni, che è stato parroco, direttore di giornali e radio, docente alla Pontificia Università Salesiana e alla Lateranense, e poi direttore dell’Ufficio nazionale comunicazioni sociali e sottosegretario della Cei. Presentandosi alla sua nuova comunità racconta di essere «cresciuto in una famiglia numerosa»: sette fra fratelli e sorelle. E di loro parla incontrando i giovani, quasi mille in tutto, che lo attendono alla periferia del capoluogo umbro nel nuovo complesso parrocchiale intitolato a Giovanni Paolo II. Quando Elisa, operatrice sociale, accenna alla necessità di un «lavoro dignitoso» durante il dialogo fra lui e i ragazzi, Maffeis ricorda proprio il fratello Marco. «E’ morto sulla strada che stava riparando. Un’auto lo ha travolto nel piccolo cantiere dove era impegnato». Tutto questo per dire che «non può esserci un lavoro non sicuro, un lavoro precario, un lavoro sfruttato, un lavoro che manca».

L'arcivescovo Maffeis incontra i giovani - Gambassi

Ed è ai giovani che rivolge le parole più intense della sua prima giornata da arcivescovo. «In questo tempo prevale la cultura del part-time anche negli affetti. Impariamo a scegliere chi vogliamo seguire», sottolinea rispondendo a Giacomo e Lucia, neo-sposi di 26 anni. E prendendo spunto dalle parole di Alessandro, studente all’università, spiega: «Non abbiate timore della vostra fede. E scoprirete quanta gente condivide il vostro stesso cammino di ricerca autentica». Poi vorrà accanto a sé, mentre davanti alla statua della Madonna delle Grazie affida il suo ministero alla Vergine, Anna, disabile in carrozzina che racconta come la parrocchia sia una seconda famiglia. «Il desiderio di correre rischia di diventare un idolo. Ma più corriamo, meno vediamo», chiarisce il presule.

L'arcivescovo Maffeis con Anna, giovane in carrozzina - Gambassi

Il suo ingresso nel territorio perugino avviene nell’abbazia di Monte Corona, nel Comune di Umbertide. E, dopo l’abbraccio con i ragazzi, Maffeis sceglie di pranzare alla mensa Caritas con le famiglie in difficoltà e gli ultimi. «Grazie alla diocesi e a tutti voi», gli sussurra Irina, fuggita dall’Ucraina all’inizio della guerra. Il figlio Misha, 9 anni, che indossa una maglietta con i colori del Paese aggredito, regala al vescovo un disegno. «Descrive il nostro desiderio di pace e di poter tornare in patria», confida la donna.

L'arcivescovo Maffeis con una famiglia ucraina assistita dalla Caritas - Gambassi

«La città prospera quando alle persone sono garantite condizioni e strutture adeguate alla loro crescita e alla loro libertà – chiarirà Maffeis di fronte ai rappresentanti delle istituzioni in piazza IV novembre, nel centro storico –. Prospera grazie a rapporti significativi e alla pace che si instaura tra i suoi cittadini. Allora la città fiorisce e tutto ciò che proviene da culture, etnie e religioni diverse la modella, senza comprometterne il profilo».

L'arcivescovo Maffeis nel saluto alle istituzioni - Gambassi

Ed è in Cattedrale l’ultima tappa. Le navate non riescono a contenere tutti. E un maxi-schermo all’esterno accompagna chi non è riuscito a entrare. In duecento sono arrivati da Trento, con l’arcivescovo Lauro Tisi. E’ uno dei coconsacranti con Marco Salvi, amministratore diocesano di Perugia-Città della Pieve dopo la rinuncia del cardinale Bassetti che presiede il rito e che nel suo quinquennio da presidente della Cei ha avuto in «don Ivan», come lo chiama ancora, uno dei più stretti collaboratori. «Padri non si nasce, neppure con l’episcopato; padri si diventa – sprona il porporato nell’omelia –. Si diventa con fatica e gioiosa gestazione, camminando insieme, insieme lavorando, insieme amando, sempre col canto di gioia sulle labbra».

L'arcivescovo Maffeis con il cardinale Bassetti e l'arcivescovo Tisi - Gambassi

Trenta i vescovi presenti, fra cui tre cardinali: oltre a Bassetti, Giuseppe Betori, nativo dell’Umbra, ed Ennio Antonelli che aveva guidato l’arcidiocesi. Numerosi i volti Cei ed ex Cei: dal nuovo segretario generale Giuseppe Baturi (che con Maffeis era stato sottosegretario) ai tre precedenti segretari con cui il nuovo arcivescovo ha collaborato (Stefano Russo, Nunzio Galantino, Mariano Crociata) passando per direttori ed ex direttori degli Uffici nazionali. «A ciascuno la mia riconoscenza e stima», affermerà nel messaggio conclusivo. E citando il mondo della comunicazione richiamerà all’«attenzione ad avvicinare alla comprensione degli eventi». Dalla sua terra natale il dono delle reliquie del santo patrono di Trento, Vigilio, e dei martiri Sisinio, Martirio e Alessandro. «Il loro stile, abitato dal dialogo, dalla calma e dalla relazione umile e forte – dice al termine Tisi rivolgendosi al nuovo presule – è una provocazione per la Chiesa perché senta che dialogare, perseguire la comunione, l’umiltà nell’accostare le persone non è una tattica pastorale, ma è il Vangelo vissuto: non c’è incontro con Cristo nelle liti o nelle tensioni».

L'arcivescovo Maffeis durante la Messa a Perugia - Gambassi