Chiesa

Il viaggio del Papa in Grecia sabato 16 aprile. A Lesbo i profughi aspettano Francesco

Ilaria Solaini venerdì 15 aprile 2016
L'attesa per Papa Francesco a Lesbo coinvolge i tantissimi profughi da settimane bloccati nell’isola greca, assieme gli operatori umanitari che si adoperano per l’assistenza. «Per noi il Papa è una fonte di ispirazione fortissima, il fatto che venga qui a mostrare la sua unità con i profughi ci dà la forza di andare avanti nel nostro lavoro di aiuto alle persone» ha spiegato Mari Stella Tsamatroupoulou, responsabile della Caritas Hellas. La Caritas Hellas, come altre ong, non opera più nel centro di Mòria «da quando è stato trasformato da centro di accoglienza a centro di detenzione – ha aggiunto la responsabile – non possiamo sostenerlo, è fuori dall’idea che abbiamo di accoglienza». «Il disagio che vivono queste persone è indescrivibile, credo che il gesto del Papa sia importante anche per riportare l’attenzione su di loro - Mari Stella Tsamatroupoulou -. Inoltre, il fatto che le diverse fedi si incontrino, è un gesto fortissimo di unità verso chi ha bisogno». Per Amnesty International, la visita di Papa Francesco insieme ai vertici della chiesa ortodossa è una grande opportunità per «accendere i riflettori sulla drammatica sofferenza di migliaia di migranti e rifugiati arbitrariamente detenuti». «Nel campo di detenzione di Moria, a Lesbo, abbiamo assistito coi nostri occhi all'impatto devastante che l'accordo tra Unione europea e Turchia sta avendo su uomini, donne e bambini tra cui un gran numero di rifugiati in condizioni di vulnerabilità, detenuti in modo arbitrario. Il papa dovrebbe dire con chiarezza che non cambiare questo stato di cose sarebbe una vergogna per l'Europa – sottolinea Gauri van Gulik, vicedirettrice per l'Europa di Amnesty International -. Durante la sua visita, Papa Francesco metterà in evidenza il ruolo determinante svolto della solidarietà locale e internazionale per aiutare le persone più vulnerabili nel contesto dell'attuale crisi dei rifugiati. Auspichiamo che Papa Francesco possa anche denunciare le violazioni, la paura e l'incertezza di migliaia di migranti e rifugiati intrappolati in un limbo, a Lesbo come in altre parti della Grecia».

Secondo Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio quello di Papa Francesco è un «forte messaggio di accoglienza verso chi bussa alle porte dell’Europa», per questo dalle pagine di Famiglia Cristiana, lancia l’idea di un sinodo ecumenico dei cristiani europei sulla questione dei rifugiati: «Le Chiese europee non possono restare prigioniere delle logiche istituzionali o delle politiche dei loro Paesi, senza una visione del futuro. Mi chiedo se questo non sia il momento di una convocazione dei cristiani europei, un sinodo ecumenico che affronti la grande questione dei rifugiati e l’Europa».

«Per come stanno le cose oggi, abbiamo fondati timori che molte persone – oggi trattenute in quelli che sono diventati veri e propri centri di detenzione nelle isole greche – possano essere rinviate in Turchia senza essere state informate pienamente sui loro diritti e quindi senza avere avuto nemmeno l’opportunità di chiedere asilo in Europa», ha sottolineato Elisa Bacciotti, direttrice Campagne di Oxfam Italia. «Non può essere questo il nuovo volto dell’Europa, che mette al primo posto la sicurezza delle frontiere a prezzo della deportazione di esseri umani. Ci auguriamo che Papa Francesco e il Patriarca Bartolomeo, come leader spirituali e morali, possano contribuire a richiamare l’Unione europea al rispetto dei suoi valori fondanti: il rispetto della dignità e dei diritti umani». 

«La visita del Papa è assolutamente la benvenuta! Spero che Papa Francesco possa riuscire a risvegliare le coscienze dell’opinione pubblica e delle nostre autorità - ha commentato Michele Telaro, capo progetto di Medici senza frontiere a Lesbo -. Poi, onestamente, non mi aspetto che la visita del Papa possa far cambiare idea all’Unione europea, perché la volontà politica che è stata messa in gioco è molto forte ed è evidente». «Il Papa ha chiesto “ponti e non barriere”, ma in questo momento, invece, l’Unione europea - ha proseguito il capo progetto di Medici senza frontiere a Lesbo - vuole proprio creare delle barriere e respingere queste persone, chiudere le proprie frontiere e, in qualche modo, vuole subappaltare l’assistenza umanitaria e la protezione internazionale ad altri, alla Turchia».