Chiesa

La testimone. La venerabile Ceccarelli, così l'amore vince ogni avversità

Matteo Liut mercoledì 8 giugno 2022

Maria Aristea Ceccarelli

Testimone dell’amore fraterno, nonostante tutte le umiliazioni, le sofferenze e i torti subiti: quello della venerabile Maria Aristea Ceccarelli (Ancona, 1883 - Roma, 1971) è l’esempio attuale e potente «di una santità laicale vissuta nella famiglia». A sottolinearlo è stato monsignor Fabio Fabene, segretario della Congregazione delle cause dei santi, che nei giorni scorsi nella Basilica di San Camillo a Roma ha presieduto una Messa di ringraziamento per il riconoscimento delle virtù eroiche della Ceccarelli, avvenuto lo scorso 9 aprile con l’approvazione del decreto da parte di papa Francesco.

Un momento particolare di festa per l’Ordine dei Ministri degli Infermi, i Camilliani, ai quali era stata aggregata la venerabile, testimone profetica del carisma camilliano in famiglia, così come nell’assistenza ai malati e nell’esperienza della maternità spirituale. Messa alla prova dalla vita fin da piccola, Maria Aristea Ceccarelli «superò tutte le difficoltà grazie alle sue risorse interiori – ha ricordato nell’omelia Fabene –. È forse però la sua storia famigliare, iniziata con il matrimonio, la realtà in cui la sua fortezza rifulse maggiormente. Accolta nella famiglia camilliana, Maria Aristea visse il carisma di San Camillo, facendosi prossima verso i malati di tubercolosi del sanatorio dell’Ospedale Umberto I e interessandosi dei malati del suo quartiere romano. Con il suo esempio, la sua pazienza e la capacità di accompagnare le persone, diventò madre e maestra di una spiritualità genuina, che mise al servizio particolarmente delle vocazioni».

Tutt’altro che inerte e sottomessa davanti alle difficoltà, ha proseguito Fabene, Ceccarelli «possedeva una straordinaria forza interiore, sostenuta dalla grazia. Portava avanti, per consapevole scelta, uno straordinario progetto di vita: sopportare tutto per amore, così da farsi prossima a tutti nelle loro avversità». Una strada che alla fine portò anche alla conversione del marito, che per anni l’aveva tradita e umiliata. Questa venerabile, ha concluso il segretario della Cause dei santi, «interpretò pienamente, nel suo stato di vita di laica, moglie, di grande donna della Chiesa di Roma, l’ideale di san Camillo: 'Miriamo nei malati la persona stessa di Cristo. Questi malati cui serviamo ci fanno vedere un giorno il volto di Dio'».