Chiesa

INTERVISTA. Il sociologo: «La sfida della comunione, oltre i localismi»

Matteo Liut venerdì 6 maggio 2011
Una realtà ecclesiale «molto vivace ma segnata alle volte dai localismi»; un patrimonio religioso «profondamente radicato nella cultura condivisa ma che trova non poche difficoltà davanti alla richiesta di una maggiore personalizzazione soprattutto nei percorsi di crescita delle nuove generazioni». È all’interno di questi «assi di tensione» che il sociologo dell’Università di Padova, Italo De Sandre, membro dell’Osservatorio socio-religioso del Triveneto, descrive l’attuale situazione religiosa di questo lembo nord-orientale dell’Italia in attesa dell’arrivo di Benedetto XVI e da qualche mese impegnato in un «laboratorio condiviso» in vista del prossimo Convegno ecclesiale del 2012.Quali sono i maggiori nodi e le sfide per la fede oggi nelle tre Regioni venete?Sono numerosi e tutti ben evidenziati dalle molte ricerche socio-religiose commissionate anche dalla diverse diocesi del Triveneto. Da queste indagini emerge che il tasso di partecipazione alla vita ecclesiale – indicato principalmente dal dato di coloro che vanno regolarmente a Messa – rimane ancora «interessante» attestandosi attorno al 20% della popolazione. Esiste poi una frangia molto ampia di persone che si dicono cattoliche ma che hanno interrotto la regolarità nella frequenza. Il dato religioso permane parte del patrimonio culturale ma alle volte è «localizzato», tanto da far parlare in queste terre anche di un «cristianesimo etnico». Le indagini tra i giovani, poi, hanno messo in luce alcuni aspetti importanti: è emerso che spesso essi, ma anche molti adulti, sono in grado di parlare della propria esperienza spirituale ma senza usare termini religiosi. Sanno indicare ciò in cui credono senza fare riferimento alla Chiesa. Altro nodo emerso dalle ricerche, poi, è il diverso rapporto tra la «Chiesa prossima», la parrocchia sentita sempre come accogliente, e la «Chiesa istituzione», dalla quale spesso i giovani si allontanano. Altro fenomeno che rappresenta di certo una sfida per le Chiese locali è quello rappresentato da coloro che dichiarano di credere in un Dio «impersonale».Tra i frequentanti, invece, quali i tratti più caratteristici?In quel 20% di frequentanti è rintracciabile una grande vitalità e vivacità, che si esprime anche nelle aggregazioni e nei gruppi ecclesiali. Ovviamente anche tra questi c’è chi esprime dei dubbi (uno su quattro nelle indagini). In generale, poi, abbiamo rilevato che la familiarità con le Scritture rimane bassa e, forse, anche questo provoca una sempre maggiore difficoltà a narrare la propria esperienza spirituale e religiosa con i termini della tradizione cristiana.Le Chiese del Triveneto il prossimo anno ad Aquileia si chiederanno come continuare ad annunciare Cristo oggi. Quali sfide le attendono soprattutto davanti ai giovani?Le nuove generazioni tendono a «personalizzare» molto l’esperienza religiosa, per questo alle volte fanno difficoltà ad aderire all’etica proposta dalla Chiesa: anche se la rappresentazione sociale della famiglia rimane vicina a quella cattolica, sui temi della morale personale sempre più ragazzi si sentono lontani dal messaggio di fede. Una tendenza che nasce anche dalla convinzione del primato della coscienza personale. Dietro al dato sociologico c’è una sfida concreta: formare adulti in grado di mettersi in gioco in prima persona, capaci di testimoniare la propria fede anche attraverso il non verbale. È chiaro che la continuità nella vita religiosa dipende anche dalle testimonianze che si ricevono negli ambienti quotidiani, a partire dalla famiglia.A Nordest, in definitiva, il laicato mostra un volto vivo: ma come si esprime questa ricchezza?Soprattutto nella partecipazione a movimenti, aggregazioni e gruppi. Anche queste realtà, però, oggi sono chiamate a un «passo avanti» verso una maggiore comunione: tutti si riconoscono nell’appartenenza ecclesiale, ma alle volte peccano di poco ascolto tra loro. Provocatoriamente io dico che la gente oggi ha bisogno di vedere movimenti e aggregazioni che si amano tra loro.Nordest, terra di confini. È ancora così?Sì, ma non come si pensa. Oggi il confine non è più quello geografico dei margini verso est e verso nord ma è una «frontiera interna», portata in tutto il Nordest dal fenomeno dell’immigrazione. Qui si gioca una partita importante per tutta la società e forse su questo terreno i cattolici vivono una comunione che, forse, in altri campi è più sfumata.Lei si occupa anche del tema della solidarietà: come si caratterizza il Nordest sotto questo profilo?Anche qui, soprattutto nel mondo del volontariato, stiamo assistendo al confronto tra diverse visioni: quella «universalista», che corrisponde alla «classica» visione cristiana e costituisce l’approccio più diffuso anche nelle istituzioni, quella «localista» (che ragiona secondo il «prima i nostri»), e quella «liberista», legata soprattutto al mondo imprenditoriale.