Chiesa

L'INEDITO. La «regola» di Wojtyla per le coppie di sposi

Gianni Santamaria sabato 25 aprile 2009
«Sorgente, dove sei?». La domanda contenuta in un verso del Trittico Romano, l’ultima fatica poetica di Giovanni Paolo II negli ultimi suoi anni, è sta­ta la chiave di lettura della ricerca sulla spiri­tualità familiare che ha accompagnato tutta la vita del Pontefice. Ed è risuonata ieri alla Pon­tificia Università Lateranense nei ricordi di co­loro che, durante gli anni giovanili vissero con lui l’esperienza di Srodowisko, l’Ambiente, un gruppo di giovani studenti e professori uni­versitari che avevano in lui, viceparroco di San Floriano, chiamato Wujek, lo zio – un punto di riferimento. Sono emerse ieri presso la sede dell’Istituto Giovanni Paolo II per gli studi su matrimonio e famiglia durante la presentazione, organiz­zata dalla Cattedra Wojtyla, di un volume con­tenente tre inediti, due in prima traduzione i­taliana, l’altro in assoluto. È una «regola» di vi­ta per gruppi di coniugi ispirata all’enciclica di Paolo VI Humanae Vitae (ne riferiamo nel box a lato). Risale alla fine dei Sessanta, ma trae lo spunto dal vissuto dei vent’anni precedenti nella Polonia comunista e lo attualizza alla vi­sione della contestata enciclica. L’Ambiente e altre esperienze analoghe sono state definite dal presidente del Pontificio Consiglio per i lai­ci, cardinale Stanislaw Rylko, moderatore del­la mattinata, «strumenti di formazione uma­na e cristiana straordinariamente efficaci», la cui chiave stava, e sta, nell’amore come «cam- mino di santità da percorrere». Alla ricerca di una sorgente spirituale, ma anche di tante sor­genti di montagna incontrate nelle tante e­scursioni compiute da Wujek e dai suoi. Sull’importanza di una regola per un amore che vada al di là della sola emozione e diventi responsabilità per l’altro e per la società ha in­sistito in apertura il preside dell’Istituto, mon­signor Livio Melina. Tale regola non può es­serci senza spiritualità e cioè senza che la re­lazione sentimentale tragga linfa dal proprio «anelito profondo». «L’amore non può sop­portare una precettistica imposta dall’ester­no », ha ricordato Melina. E, infatti, in quasi tutti gli interventi della mattinata è emerso co­me la visione della spiritualità coniugale del futuro Giovanni Paolo II nascesse dall’espe­rienza concreta con fidanzati e sposi. Quelli che lui accompagnava nel cammino verso l’al­tare. E con i quali, a partire dagli anni di sno­do fra i Quaranta e i Cinquanta, si incammi­nava per lunghe escursioni: i celebri tour a ba­se di tende, bivacchi, canoe, canti e tanta pre­ghiera. Erano gli albori di un modello di pa­storale giovanile e familiare che, grazie anche al ruolo storico giocato dal Papa polacco, a­vrebbe fatto scuola nel mondo. Matrimonio e famiglia erano e sono «gli ulti­mi baluardi della libertà dell’uomo e della so­cietà », ha ricordato il direttore della Cattedra Wojtyla, Stanislaw Grygiel, il quale ha delineato l’humus religioso e culturale della Cracovia del tempo. Che ha forgiato testi di riflessione ai quali finora non era stata «dedicata sufficien­te attenzione». Dai quali però emerge l’im­portanza di una famiglia basata su un legame di fedeltà e di apertura a Dio. Senza il quale la coppia è facile preda di tre tentazioni perico­lose: «edonismo, estetismo, cioè ricerca della sola bellezza esteriore, e utilitarismo». Succu­be dello scientismo. Con una società dominata dall’ideologia co­munista, ma anche con una modernità che spacciava per progresso elementi distruttivi della famiglia, come l’aborto, hanno avuto a che fare anche altri due Servi di Dio che ac­compagnano il connazionale Pontefice nel cammino verso gli altari. Significativamente sono un vescovo e un laico: Jan Pietraszko e Jerzy Ciesielski. La figura del primo – che il più giovane Wojtyla, divenuto arcivescovo, trovò come ausiliare a Cracovia – è stata ricostruita da Ludmila Grygiel. Pietraszko, da tempo im­pegnato nella pastorale con gli scout e gli uni­versitari in organizzazioni che conobbero la repressione del regime, fu colui che introdus­se il confratello destinato a ben altri incarichi alla comprensione del mondo giovanile. Gio­vanni Paolo Il lo definì suo «maestro» e lui stes­so parlava di sé come di un «dissidente evan­gelico », ha ricordato la studiosa, a connotare la dimensione di un impegno che andava ben al di là della mera critica politica al comunismo. La vedova dell’ingegnere Ciesielski, morto tra­gicamente con due figli in un naufragio sul Ni­lo nel 1970, ha delineato un profilo del mari­to. E soprattutto dello 'zio' Karol: «Ancora og­gi non riesco a capire come ce la facesse a tro­vare il tempo necessario per i colloqui con noi. Chiariva, suggeriva, conduceva, senza mai co­stringere a prendere una determinata deci­sione. Quello toccava a noi». Nelle famiglie di origine, in quelle nuove, nel lavoro. E in quel gruppo giovanile molti decidevano per il «sì» definitivo. Lo ha ricordato la musicologa Tere­sa Malecka, che ha testimoniato di un legame con il connazionale durato tutta la vita. « Wujek è stato sempre presente e certamente lo è tut­tora con la preghiera che cerchiamo di ricam­biare ».