Chiesa

L'eredità. La Polonia dei giovani ricomincia dal «suo» Papa

Fabrizio Mastrofini mercoledì 23 aprile 2014

«Direi che domina soprattutto un clima di gratitudine. Credo che siamo sempre più consapevoli del grande dono che è stato Giovanni Pao­lo II per la Polonia e tutta la Chiesa. Sono davvero tanti che hanno un motivo perso­nale per dire grazie». La voce di don Robert Tirala, direttore del Comitato organizzato­re della Gmg di Cracovia 2016, ci rimanda quel che si respira in Polonia in questi gior­ni. Tirala è stato a Roma nei giorni scorsi per partecipare ai primi incontri preparatori con il Pontificio Consiglio dei laici in vista della Giornata della gioventù nella città di Wojty­la. Un’occasione anche per puntualizzare le iniziative in vista della canonizzazione. In particolare, nota padre Tirala, «sono felici anzitutto alle persone che grazie a Papa Wojtyla, alla sua testimonianza anche nella sofferenza e al suo insegnamento annun­ciato con il coraggio, si sono avvicinate a Cristo, trovando o ritrovando la fede e la spe­ranza ». L’eredità di Giovanni Paolo II è allo stesso tempo un impegno per il futuro. «Dobbiamo sempre ricordare che trasmet­tere l’eredità del Papa soprattutto tra i gio­vani è il compito che ci attende. Giovani Pao­lo II ripeteva spesso, giocando con le paro­le polacche, che to, co dane jest zawsze za­dane, cioè un dono è sempre un compito da fare. E penso che tutti noi, in Polonia in mo­do particolare, dobbiamo fare continuamente un esame di co­scienza. Come dice Gesù nel Vangelo di Luca, a chiunque fu da­to molto, molto sarà chiesto». 

Il tempo che pas­sa comincia a far distinguere i di­versi aspetti del­la vita e del pontificato di Giovanni Paolo II. «Ad esempio, tante volte ci concentriamo più sulla vita di Giovanni Paolo II trascu­rando il suo insegnamento. Da un lato que­sta è una tendenza naturale: la vita di un santo ci parla più forte delle sue parole. D’al­tro canto, però, su questa strada si rischia di interpretare la stessa vita in modo superfi­ciale ». Dunque occorre sempre tenere uni­to il ruolo storico di Giovanni Paolo II e l’uo­mo di Chiesa. «Giovanni Paolo II ha cam­biato la storia della Polonia e del mondo, certo, non però come un politico ma come un profeta. Non si può capire la sua in­fluenza sulla storia se non si parte dalla sua fede, la sua fedeltà al Vangelo e alla Chiesa. La sua arma è stata il rosario, il suo potere è basato sulla forza della preghiera. Basti ri­cordare i grandi cambiamenti in Polonia, che sono cominciati con la sua preghiera a Varsavia nel 1979: 'Vieni santo Spirito e rin­nova la faccia della terra, questa terra'. Il grido del Papa ha causato un terremoto spi­rituale e una rivoluzione nelle coscienze, e di conseguenza un cambiamento sociale e politico».  La Giornata mondiale della gioventù, ere­dità viva di Giovanni Paolo II, sarà partico­larmente importante per Cracovia e per tut­ta la Polonia proprio in questa chiave 'rivo­luzionaria' del nuovo santo. Ci sono già i­niziative specifiche da segnalare. «La prima – spiega don Tirala – è un’iniziativa di pre­ghiera intitolata P2P: 'People to people, pray to pray',  cioè da persona a persona, da pre­ghiera a preghiera. La Gmg non si prepara da sola, e se vogliamo che sia efficace c’è bi­sogno di attivarsi subito, soprattutto con la preghiera». L’anno scorso, durante l’Avven­to, i giovani di Cracovia hanno invitato i lo­ro coetanei a recitare il rosario per una buo­na preparazione della Gmg. Quest’anno, in­vece, durante la Quaresima i giovani si so­no incoraggiati a vicenda a pregare la co­roncina della Divina Misericordia alle tre del pomeriggio. «Accanto a questa mobilitazio­ne di preghiera c’è un’altra iniziativa che punta alla carità e alla solidarietà. Il proget­to 'Bilet dla brata' (Biglietto per un fratel­lo), nato nell’Ufficio nazionale della Gmg di Varsavia, è una raccolta di fondi per aiu­tare i giovani pellegrini provenienti da 13 Paesi dell’Est europeo (ad esempio Mol­davia, Russia, Azerbaigian, Bielorussia, Georgia, Kirghizistan, Tagikistan, Ucraina e Uzbekistan) a venire a Cracovia tra poco più di due anni».