Chiesa

L'INTERVISTA. Paola Ricci Sindoni: «Gender? Frutto perverso dell'esplosione senza limiti di diritti individuali»

Pier Luigi Fornari sabato 22 dicembre 2012
​È in gioco la natura relazionale dell’essere umano che si esprime in modo paradigmatico nel rapporto tra l’uomo e la donna e dà vita alla famiglia. Paola Ricci Sindoni coglie la vasta portata sociale e storica del richiamo fatto ieri dal Papa nel discorso alla Curia Romana contro il diffondersi della teoria del gender.Il riferimento immediato è all’allarme già lanciato nel 2004 dall’allora prefetto della Congregazione per la dottrina della fede contro questa ideologia. «Ci rendiamo oggi conto di quanto fosse profetico quel monito – osserva la docente di filosofia morale, vicepresidente di Scienza&Vita –. A distanza di pochi anni vediamo come essa sia stata adottata da grandi istituzioni internazionali come l’Onu e l’Unione europea».Aderendo alla teoria del gender il femminismo sembra negare se stesso...Infatti, perché la differenza sessuale viene portata all’estremo con la moltiplicazione a cinque dei generi possibili. La causa è la impostazione ideologica di un certo femminismo, che seppure raccoglie suggestioni accettabili, irrimediabilmente va verso la cultura del gender. C’è invece un "pensiero al femminile" che accoglie la riflessione sia di Giovanni Paolo II sia di Benedetto XVI, e della antropologia duale, già inaugurata da Edith Stein.Quale dovrebbe essere il principio originario a cui fare riferimento?Il punto fermo inamovibile, il principio generatore, è che l’essere umano è costituito dal maschio e dalla femmina. In questo senso "il pensiero al femminile" rivendica una differenza, che non si moltiplica nel gender, perché solo la differenza sessuale originaria tra l’uomo e la donna può costituire la famiglia. Viceversa cosa accade con il gender?Si ritiene che ciascuno possa costituirsi sessualmente come meglio crede, senza dover rispondere a niente e a nessuno. È il frutto perverso dell’esplosione senza limite dei diritti individuali non più legati ad una esigenza relazionale. Ma afferma la Scrittura: "Non è bene che l’uomo sia solo". Ed anche in questo caso possiamo dire che la teologia invera l’antropologia. Che ne è allora dell’uomo?Con questa filosofia della sessualità si annulla ogni antropologia: come si fa a costruire una immagine di uomo quando non si ha più nessun fondamento su cui basarsi? L’essere umano è un essere relazionale e tale rapporto personale si esprime originariamente nella relazione tra l’uomo e la donna.Ma quale è la via per affermare correttamente la dignità della donna?C’è un giusto diritto femminile alla eguaglianza. Ed in questo senso penso che sia molto importante che Benedetto XVI ci indichi la via della collaborazione. È qualcosa di più della complementarietà. Infatti la via attraverso la quale l’uomo nasce e cresce e si moltiplica è l’aiuto reciproco dell’uomo e della donna come afferma il libro della Genesi. Si obietta che l’esperienza del matrimonio e della famiglia è segnata da difficoltà.È vero, ma esse non sono tali da rompere questo nodo originario della collaborazione uomo-donna. È da lì che nasce l’albero. Quelle sono le radici portanti capaci di far superare anche le contrarietà. Eppure c’è chi respinge qualsiasi affermazione del magistero sulla sessualità come un’invasione...Invece proprio queste considerazioni sono la dimostrazione, come ha osservato felicemente ieri il Pontefice, che difendendo Dio, si difende l’uomo. Siamo di fronte ad una teologia che si china sulla reale dimensione dell’uomo, per cogliere un’antropologia che possiamo correttamente definire laica. È assai significativa poi la piena concordanza con il gran rabbino di Francia, Gilles Berneheim. È il richiamo alla concezione espressa dalla Genesi che accomuna ebraismo e cristianesimo.