Chiesa

IL GESTO. Il Papa ai nativi del Canada: «Dolore per le vostre sofferenze»

Gianni Cardinale giovedì 30 aprile 2009
Ieri, alla fine dell’udienza generale, Be­nedetto XVI ha incontrato Phil Fontai­ne, il «Grande Capo» dell’Assemblea delle «First Nations of Canada» – l’associa­zione degli aborigeni canadesi – accompa­gnato da James Weisgerber, arcivescovo di Winnipeg e presidente della Conferenza e­piscopale del Paese nordamericano, e da alcune altre persone. Nell’occasione il Pa­pa – recita un comunicato in inglese della Sala Stampa della Santa Sede – «ha ascol­tato le loro storie e preoccupazioni». Bene­detto XVI – si legge nel comunicato – «ha ricordato che sin dai primi giorni della sua presenza in Canada, la Chiesa, particolar­mente attraverso il proprio personale mis­sionario, ha accompagnato da vicino i po­poli indigeni. Riguardo alle sofferenze che alcuni bambini aborigeni hanno speri­mentato nel Canadian Residential School System il Papa «ha espresso il proprio dolo­re per l’angoscia causata dalla deplorevole condotta di alcuni membri della Chiesa e ha offerto la propria partecipazione e reli­giosa solidarietà». Il Pontefice «ha enfatiz­zato che atti di abuso non possono essere tollerati nella società». E ha pregato affin­ché «tutti quelli colpiti possano sperimen­tare un cammino di guarigione e ha inco­raggiato le popolazioni indigene a conti­nuare ad andare avanti con rinnovata spe­ranza ». Quell’infanzia «sradicata» L’udienza di ieri – preannunciata dallo stesso Fontaine sul New York Times del 15 aprile scorso – è collegata ad un capitolo particolarmente doloroso della recente storia canadese. Quello delle cosiddette «scuole residenziali» in cui vennero forza­tamente iscritti circa centomila allievi indi­geni tra la fine ’800 e gli anni ’70 del secolo scorso. Il notiziario della Radio Vaticana – citando una nota dell’episcopato canadese – ha ricordato ieri che in queste scuole, che in buona parte (45 su 76) erano gestite da diocesi o istituti religiosi cattolici, i bambi­ni aborigeni «furono strappati alla propria famiglie e costretti ad abbandonare la pro­pria lingua, la propria religione e il proprio modo di vivere per conformarsi alla cultu­ra europea. Alcuni allievi inoltre furono anche vittime di abusi fisici e sessuali». Da qui la richiesta, da parte delle associazioni indigene, di scuse nei confronti di chi ave­va organizzato questo sistema scolastico e di chi lo aveva gestito. Nel giugno dello scorso anno il governo di Ottawa aveva fat­to un mea culpa durante una seduta spe- ciale della Camera dei Comuni. Nell’occa­sione il primo ministro Stephen Harper a­veva detto: «Il trattamento dei bambini nelle scuole residenziali indiane è un capi­tolo triste nella nostra storia. Oggi noi rico­nosciamo che questa politica di assimila­zione era sbagliata, ha causato un gran male e non ha posto nel nostro Paese». Successivamente anche tre gruppi prote­stanti che avevano gestito alcune strutture scolastiche. La Chiesa cattolica da parte sua già da tempo ha preso coscienza di quanto accaduto. Nel 1991 la Conferenza episcopale canadese e i leader delle comu­nità religiose maschili e femminili coinvol­te avevano emesso un comunicato con cui si affermava: «Siamo dispiaciuti e profon­damente rammaricati per le pene, le soffe­renze e l’alienazione che così tanti hanno sperimentato» nelle «scuole residenziali».Il «grazie» del leader aborigeno Ieri il gesto del Papa. Gesto che era stato disapprovato preventivamente in Canada da un gruppo di aborigeni riunito nell’as­sociazione «Amici e parenti degli scompar­si », ma che invece è stato particolarmente apprezzato dal leader indiano Fontaine, che ha espresso «soddisfazione» e «con­tentezza » per l’incontro avuto col Papa: «Ciò che abbiamo sentito oggi dal Pontefi­ce – ha spiegato in una conferenza stampa – era quello che ci aspettavamo. Benedetto XVI ci ha dimostrato un’accurata cono­scenza di quanto è avvenuto nelle scuole canadesi ai danni della nostra comunità e – ha aggiunto – abbiamo parlato anche de­gli abusi sessuali inflitti. Il Papa ha espres­so il suo dolore, il suo profondo rammari­co, e soprattutto la volontà della Chiesa di impegnarsi seriamente nella riconciliazio­ne ». «Tutto ciò – ha continuato il leader della comunità aborigena canadese – è molto importante per noi. Personalmente, con le sue parole il Papa mi ha dato il conforto che cercavo e l’incoraggiamento nel tentare di ricostruire le relazioni tra la Chiesa cattolica e la nostra comunità». In­fine, Fontaine ha sottolineato il valore alta­mente simbolico della benedizione che Benedetto XVI ha impartito ai doni porta­tigli dalla comunità. Tra gli oggetti caratte­ristici della cultura e della tradizione abori­gena canadese, alcune coperte, dei mocas­sini e una piuma d’aquila, «il più grande o­nore – ha spiegato – come regalo, che nella nostra comunità si possa fare a una perso­na ».