Chiesa

Il nunzio. «Il Papa in Ucraina, è l’unico leader vicino al popolo aggredito che soffre»

Giacomo Gambassi, inviato a Kiev sabato 23 luglio 2022

Il dolore della gente dopo un attacco missilistico russo in un quartiere residenziale a Kharkiv in Ucraina

C’è una Bibbia che il nunzio apostolico a Kiev conserva con particolare cura. Le tiene con sé nella sede diplomatica della Santa Sede che una palazzina gialla ospita nel cuore della capitale dell’Ucraina. È una Bibbia bruciata, ritrovata in mezzo ai giochi per bambini in una palazzina di Borodyanka, la cittadina a nord di Kiev bombardata all’inizio di marzo e rimasta occupata per un mese dall’esercito di Mosca. Non lontano da Bucha in cui sono stati trovati centinaia di corpi sepolti anche nelle fosse comuni. «Ogni volta che la guardo – spiega l’arcivescovo Visvaldas Kulbokas – mi viene da piangere sia per la sofferenza patita dalla gente, sia per il fatto assurdo che l’intera umanità non sia unita nel condannare la guerra. Mi riferisco all’Ucraina perché siamo qui a Kiev. Ma vale per tutti i conflitti sparsi per il mondo». Una pausa. «Ma un’altra cosa mi stupisce: è la leggerezza, la superficialità con cui in varie nazioni viene affrontato il tema della guerra. “Vincerà l’Ucraina o la Russia?”, sembra essere il solo interrogativo. Come se la guerra fosse un gioco. Ci si ferma al livello teorico, quasi che dietro tutto questo non ci siano vittime, feriti, persone in fuga o traumatizzate e il cuore non sappia che cosa vuol dire compatire».

Il nunzio apostolico a Kiev, l’arcivescovo Visvaldas Kulbokas - Gambassi

Originario della Lituania, 48 anni, l’arcivescovo Kulbokas è a Kiev da dieci mesi. Ed è il solo ambasciatore che non mai lasciato la capitale da quando l’attacco voluto dal Cremlino è iniziato. Una statua di Giovanni Paolo II accoglie chi arriva nella nunziatura. E subito viene in mente l’ipotesi della visita di papa Francesco in Ucraina. «Come ha detto l’arcivescovo Gallagher, segretario per i rapporti con gli Stati, il Pontefice è determinato a voler venire a Kiev: non si tratta di un progetto astratto. Certo, il primo fattore da valore è quello delle sue condizioni fisiche che verranno “testate” nell’imminente viaggio in Canada». Si parla di agosto per il viaggio in Ucraina. «È un periodo preso in considerazione ma senza per questo aver già fissato una data», afferma Kulbokas.

Eccellenza, oltre a Kiev, Francesco potrebbe andare a Mosca.

È il Papa stesso ad aver ripetuto di voler contribuire anche in prima persona a fermare la guerra. Se la tappa a Mosca fosse utile in questo senso, il Pontefice ha dato la sua piena disponibilità. Per quanto riguarda la visita qui, direi che è un segno di vicinanza al popolo sofferente. Ed è questa la migliore chiave di lettura per comprendere il desiderio del Papa di essere in mezzo a noi.

L’Ucraina attende Francesco?

Tutti lo attendono. Non solo la gente. Non solo i cattolici. Anche le autorità: dal presidente Zelensky al ministro degli Esteri. Anche il sindaco di Kiev, Vitaliy Klitschko, lo ha invitato in maniera ufficiale con una lettera già a marzo.

Come garantire le misure di sicurezza?

È questione complessa. Già l’arrivo in Ucraina unicamente per via terra è una difficoltà. Poi occorrono valutare le modalità della visita. Un esempio: il governo ha appena rafforzato le disposizioni sull’osservanza delle allerte missilistiche che si ripetono quasi quotidianamente. Quindi la vita pubblica è sempre soggetta a possibili restrizioni: non sai mai se a quell’ora o in quel luogo potrai andare, a causa di un eventuale allarme. È vero che in questi mesi ci sono state le visite di alcuni leader politici, ma il Papa non è un politico.

Una chiesa distrutta in un villaggio alla periferia di Kharkiv in Ucraina - Gambassi

Magari sarà una visita in forma privata.

È sempre possibile immaginare che il Santo Padre visiti l’Ucraina a sorpresa, se così possiamo dire, e che la notizia venga diffusa il giorno dopo. Ma non penso sia nelle intenzioni del Papa.

Non passa giorno che Francesco non faccia riferimento alla guerra in Ucraina che ha definito una «strage».

Sono parole molto apprezzate che testimoniano la sua grande attenzione. Anche se il Papa non richiamasse l’Ucraina così di frequente, sarebbe comunque percepibile la sua preoccupazione e il suo dolore per ciò che accade. Certo, nel Paese qualcuno si lamenta perché vorrebbe una presa di posizione ancora più esplicita. Ma, a parte il Papa, nessun altro personaggio pubblico a livello mondiale ha pronunciato parole così forti e nette per il nostro popolo aggredito. Sicuramente quello del Papa non è un linguaggio politico. Perché la sua è una condanna morale della guerra, ma senza appelli. Basta ascoltarlo per rendersi conto che il messaggio è chiarissimo. Però serve onestà intellettuale.

Perché è così difficile aprire un tavolo di trattative?

È la grande domanda. Ma va collegata un’altra: perché è iniziata la guerra? Quando ancora qualcuno sceglie nel 21° secolo la guerra come mezzo per raggiungere un proprio obiettivo, mostra la poca disponibilità alla via negoziale. A tal proposito mi viene in mente la preghiera di santo Stefano prima di essere martirizzato: «Signore, non imputare loro questo peccato».

La diplomazia vaticana può avvicinare Ucraina e Russia?

La Santa Sede, non essendo una potenza né politica né militare, ha solo la parola e la disponibilità come strumenti. Sono mezzi umili. Quando si riterrà che la mediazione vaticana possa essere utile, la Santa Sede ci sarà. Tuttavia più passa il tempo, più il conflitto rischia di incancrenirsi. Ma rimango convinto che le realtà morali come la Santa Sede possano aiutare a guardare alla guerra non solo dal punto di vista militare e politico, ma umano. Perciò saranno fondamentali per uscire dall’impasse. In ogni caso ci sono mediatori politici molto capaci. Cito la Turchia: pur non avendo portato a risultati risolutivi, il suo ruolo è incisivo. E seguo con apprezzamento i tentativi che sta compiendo.

Il patriarca di Mosca si è schierato a favore dell’attacco. La guerra divide i credenti?


Da cristiano dico che tutti siamo parte di una sola Chiesa di Cristo: giuridicamente no, ma spiritualmente sì. E quando nascono contrasti con uno o più fratelli, le conseguenze ricadono su tutti. Oggi le difficoltà sono enormi e non sarà facile uscirne fuori. Ma vanno affrontate con la consapevolezza che, da una parte, ci vuole chiarezza su alcuni aspetti fondamentali, come la sacralità della vita umana, ma, dall’altra, non bisogna cedere alla tentazione di farsi giudici gli uni degli altri, per non entrare in un vortice di condanne reciproche.

La distruzione dopo un attacco missilistico russo a Kharkiv in Ucraina - Ansa

Lei ha incontrato i “pacificatori” italiani arrivati a Kiev con il Movimento europeo di azione nonviolenta. Si può sostenere l’Ucraina non solo con le armi?

La nonviolenza è la via per la pace che non si costruisce solo a parole ma con azioni concrete. Allora ho apprezzato il percorso della delegazione italiana che l’ha portata fino a qui per ascoltare il travaglio della gente, senza proporre soluzioni precostituire o voler interferire sulle scelte compiute dal popolo ucraino e dal suo governo, anche perché il diritto alla difesa contro un aggressore è legittimo, per lo meno nella concezione cattolica.

L’Ucraina ha messo al bando la cultura russa. Un eccesso?

È comprensibile, anche se non del tutto giustificabile, che la guerra provochi reazioni, pure a livello culturale. Questo è un argomento in più per ripetere che le guerre non devono essere nemmeno iniziate. Ma le comunità di fede in Ucraina sono le prime ad invitare tutti a non demonizzare tutto ciò che è russo. Il Consiglio delle Chiese, che ha, sì, chiamato per nome l’aggressore, ha chiesto anche di evitare atteggiamenti e parole denigratorie: persino all’aggressore si continua a guardare con occhi umani; il disumanizzare l’altro sarebbe un’ulteriore sconfitta per tutti. Certo, ho notato che, quando adesso si parla russo o si esegue musica russa, scatta subito un’associazione mentale che collega la cultura russa a ciò che sta compiendo il governo e alimenta il dolore. Inoltre conosco famiglie ucraine che finora hanno parlato solo russo e ora stanno spontaneamente passando all’ucraino. Ciò mostra quanto la guerra causi ferite che avranno bisogno di anni per essere rimarginate.

La distruzione dopo un attacco missilistico russo a Kharkiv in Ucraina - Ansa

L’Europa ha avviato la procedura per l’ingresso dell’Ucraina nella Ue. Quale il significato?

L’Ucraina porta con sé molte peculiarità. Cito l’esempio della Chiesa cattolica che in Ucraina è presente con un rito orientale, quello greco-cattolico, e con il rito latino. Credo che nella famiglia europea la nazione ucraina passa essere apportatrice di una significativa ricchezza. E poi, come ama sottolineare un funzionario ucraino che è anche filosofo, l’Ucraina fa parte dell’«Europa centrale», non orientale. Perché oltre l’Ucraina c’è ancora Europa.

Un’Europa dall’Atlantico agli Urali, secondo Giorgio La Pira. Che comprende anche la Russia?

Era lo scorso marzo, poco dopo l’inizio di questa aggressione di ampie dimensioni, quando alcuni esponenti della società civile ucraina sono venuti a trovarmi annunciandomi che avrebbero cominciato a impegnarsi per instaurare nuove relazioni ucraino-russe. Perché soltanto con l’amicizia, il dialogo e la conoscenza si può avere un futuro migliore. E si tratta di persone che hanno condannato l’attacco russo e hanno ribadito con forza che occorre proteggere il Paese. Ma al tempo stesso stanno cercando nuove vie per concepire il mondo come una famiglia di nazioni.