Chiesa

Ingresso dell'arcivescovo Zuppi a Bologna. I primi passi nel segno del sorriso

Michela Conficconi sabato 12 dicembre 2015

È un monsignor Matteo Zuppi visibilmente emozionato quello che è arrivato al Santuario di Boccadirio alle 10.15, con alcuni minuti di anticipo rispetto alla tabella di marcia. Accolto all'ingresso del secondo santuario mariano della diocesi di Bologna dal vicario generale delegato Giovanni Silvagni, al microfono di Nettuno Tv-Radio Nettuno, che ha garantito la diretta dell'intera giornata, ha confidato: «Alle 2 di questa notte ero ancora sveglio a pensare alla giornata di oggi». Subito l'incontro con i primi fedeli, fermi ad aspettarlo fuori dal Santuario che sorge a 700 metri, al confine tra Emilia Romagna e Toscana, e per questo definito dal neo-arcivescovo Zuppi «la mia porta d'ingresso a Bologna». Poi l'arrivo in chiesa e il saluto, che ha preso spunto proprio dalla posizione di confine del santuario: un richiamo a costruire ponti, a comunicare con tutti, anche con chi è diverso, quando nel nostro mondo diventa a volte difficile persino comunicare con noi stessi. Poi l'accenno all'Anno Santo della Misericordia e a lasciarsi plasmare da questo annuncio: «Difendete tutte le pecore – ha detto – perché sono Sue e sono nostre. Tutte – ha scandito –, dalle prime alle ultime, a quelle che sembra non contino niente». Dopo il saluto del sindaco di Castiglion de’ Pepoli, che ha sottolineato l'arrivo nella giornata di oggi di un gruppo di profughi a Roncobilaccio,  il primo di una serie di fuori programma dell'arcivescovo: «Una felice coincidenza – ha commentato Zuppi –. Dobbiamo imparare a farci gli affari di quei profughi, di chi scappa dalla guerra. Voi sapete cosa vuol dire la guerra – ha detto riferendosi all'eccidio di Marzabotto –. Sapete cosa significhi scappare da una guerra e trovare una porta chiusa, oppure trovarla aperta con qualcuno che ti dice "a tavola c'è posto anche per te". Allora erano in quindici in famiglia e non si aveva paura di fare spazio ad altri due. Oggi siamo in tre e non riusciamo a fare spazio a uno... Impariamo dalle nostre nonne. La solidarietà non toglie nulla a nessuno, ci rende tutti più ricchi». Fuori dal santuario l'incontro con i dipendenti della Saeco, l'azienda bolognese che ha annunciato oltre duecento esuberi. Ai lavoratori Zuppi ha offerto la disponibilità per un incontro in tempi brevi, perché il lavoro, ha detto, è legato alla dignità dell'uomo. Seconda tappa dell’ingresso in città quella nel complesso di Villa Pallavicini, dove ha incontrato gli ospiti della Casa della carità, le famiglie residenti nel Villaggio della speranza e i profughi ospiti della struttura alle porte del centro urbano. Ai più piccoli ha parlato dell'importanza di regalare speranza, senza la quale non ci può essere un domani, non si può continuare a camminare. Fatto soprattutto di sguardi, sorrisi, confidenza, il momento dedicato ai profughi, con i quali si è soffermato sempre con il suo stile informale e scherzoso. Nella prima giornata a Bologna l'arcivescovo ha fatto già apprezzare la sua grande simpatia umana, non solo per le diverse battute che non ha mancato di dispensare a ogni occasione – come quella sulla partita Bologna-Roma di alcune settimane fa – ma anche per il tono con cui ha saputo calarsi nel dialogo con tutti, a cominciare dai bambini, non risparmiando anche espressioni in romanesco. Da Villa Pallavincini lo spostamento in Stazione davanti alla lapide della strage del 2 agosto (nella foto):«Poteva esserci il nome di ciascuno di noi su quella lapide» le sue parole. Infine, prima di arrivare sotto le due Torri e dirigersi verso San Petronio, il saluto al Sant'Orsola e la visita al reparto di Oncologia pediatrica: «I bambini mi hanno sempre insegnato cosa vuol dire essere attaccati alla vita».